Mettiamo il gran bel libro del Giro Centenario sulla mensola e tutti quanti andiamoci a godere un nuovo Tour. Prima, però, due note a margine. Cos’è in fondo l’esperienza, se non memorizzare le musate prese in vista di un futuro migliore?
Seguendo il Giro di Dumoulin, oltre a scoprire un signor corridore, che casualmente arriva a perfetta maturazione proprio come replica di Indurain (26 anni), abbiamo tutti appreso una verità importante: niente è più certo dell’incertezza. Lo dico soprattutto a quelli che vivono di teoremi inconfutabili, materiale certamente rassicurante e tranquillizzante, ma il più delle volte fuorviante.
Quando l’olandese ha cominciato a risalire le posizioni di classifica - naturale, secondo me, perché il Giro era disegnato quale seconda pelle su un profilo come il suo - quando cioè le cose cominciavano a funzionare inesorabilmente seconda logica, i teorici dei teoremi hanno cominciato a sogghignare, sicuri che la grana Dumoulin si sarebbe sgonfiata da sola.
Due i teoremi illustrati con tono saccente davanti al pregiato pubblico. Primo: dove vuoi che vada Dumoulin, non ha squadra, nella terza settimana ci lascia le piume, non si vince un grande giro senza una grande squadra. Proprio così. Teorema infallibile. Previsione esatta. Dumoulin percorre praticamente un intero Giro da solo. L’unica volta che vedo i suoi gregari in testa è nella folle tappa da San Candido, quando lui si distrae in coda al gruppo e loro tirano davanti. Dumo è solo quando gli capita l’accidente intestinale ai piedi dello Stelvio, Dumo è solo ogni volta che i suoi rivali lo staccano in salita. È il suo destino: solo costruisce il trionfo (a cronometro), solo deve difendersi nelle situazioni più penose. Il teorema, però, va a ramengo: senza squadra non si vince un grande giro. Come volevasi dimostrare.
Crollato quello, ne rimaneva comunque in piedi un altro, basato sui precedenti: Dumo ha perso una Vuelta da Aru crollando nelle ultimissime tappe. Teorema semplicissimo: crollerà anche stavolta. Sinceramente, i precedenti mi stanno sull’anima: c’è gente che vendeva spazzole porta a porta ed è finita a capo di multinazionali, ci sono persone che cominciano da commessi e si prendono il consiglio d’amministrazione. Perché mai, mi chiedevo, proprio Dumoulin dovrebbe restare sempre quello della Vuelta? Perché non potrebbe essere cresciuto, migliorato, cambiato? Stiamo parlando di un campione agli albori, ha appena 26 anni, vogliamo concedere la possibilità di maturazione? Fosse uno di 36, con statistiche orrende di dieci grandi giri persi sulle ultime salite, allora certo potremmo - dovremmo - aspettarci il crollo da un momento all’altro. Ma davanti a un atleta di 26 anni con un solo vero precedente, perché tanta sicurezza? Perché questo teorema del suo crollo nella terza settimana? Difatti, come si vede dalla classifica, il crollo avviene puntualmente. Come volevasi dimostrare.
Morale della favola: i teoremi dello sport, come i record, sono fatti per essere ribaltati. Soprattutto, i teoremi dello sport non sono matematici, ma alla lunga sembrano fatti solo per dimostrare che non esistono teoremi. Tra i tanti pregi, il Giro del Centenario ha anche questo: ha sbaraccato dalla piazza un po’ di misere certezze. A partire dal maggio 2017 possiamo quanto meno respirare aria nuova. Vincere un grande giro senza squadra è difficile, ma possibile. E chi è crollato una volta, non è detto che debba crollare sempre. Al diavolo i teoremi: la vita è un po’ meno rigida, un po’ più generosa, delle nostre ottuse sicurezze. Che fortuna.
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