Il tempo è galantuomo. Il tempo ha i suoi tempi, ma presto o tardi rimette le cose a posto, più forte dei trucchi e delle meschinità degli uomini. Così ho pensato seguendo un po’ - senza esagerare, perché nel complesso è una bella pizza - la vicenda elettorale che porta questo mese ad avere un nuovo presidente federale. Prima, in dicembre, le lezioni regionali. E proprio da lì è arrivata la notizia che mi riconcilia con la politica sportiva, e che mi conferma l’infallibilità degli antichi proverbi. Sì, il tempo è galantuomo: stavolta ha restituito qualcosa persino a Filippo Simeoni.
Abituati alle facce strane e alle logiche indecifrabili dei corridoi federali, all’improvviso abbiamo appreso che il Lazio aveva eletto Pippo Simeoni vicepresidente e Roberto Petito consigliere. Ostrega, mi sono detto, il mondo si capovolge: finalmente entra nel Palazzo delle decisioni, piccole o grandi che siano, la gente che ha vissuto sempre di ciclismo. Che lo ama, che lo conosce, che lo capisce. E proprio per questo magari lo cambia.
Che poi sia proprio Pippo Simeoni a ricevere il riconoscimento degli elettori mi sembra ancora più bello. Non sto qui a riassumere la biografia, ricorderò solo agli ignari che è proprio quello, sì, il dopato ad un certo punto talmente schifato da rilasciare piena confessione in un regolare processo, spiegando per filo e per segno le pratiche del dottor Michele Ferrai e dei suoi pupilli, Armstrong per primo. Adesso sembrerebbe sparare sulla croce rossa, perché di Ferrari e Armstrong ormai tutti dicono tutto, addirittura non si incontra più un solo amico loro, nemmeno li conoscono, Ferra chi?, Arm chi?, ma all’epoca il temerario Simeoni finì in un tunnel cupo di carognate, di dicerie, di rappresaglie. Per capirci meglio, passò gli anni migliori della carriera nelle vesti dell’infame, dell’appestato, dell’emarginato. Il famoso e mafioso inseguimento di Armstrong al Tour, quando Pippo era in fuga, è solo la punta dell’iceberg: ben altro, senza tanto clamore, ma tutti i giorni e in tutte le gare, Simeoni ha dovuto sopportare. Eppure è rimasto dignitosamente al suo posto, pagando quello che doveva pagare, senza chiedere sconti e pietà a nessuno. Ricordo la gioia che provò quando riuscì a diventare campione italiano a Bergamo, una corona vera che finalmente scalzava dalla sua capoccia quella di spine. Alla fine della carriera, si è ritirato nella sua Sezze, mandando avanti il bar e soprattutto ripartendo da zero con un bel gruppo di ragazzini. Oggi, ho saputo, sono ottanta. C’è chi di ciclismo chiacchiera e chi di ciclismo lavora, alla base, nell’anonimato, ma con i fatti.
Qualcuno penserà magari che io e Simeoni siamo sodali, che magari gestiamo in società il bar di Sezze. Ma non è così. Sono sincero: da una vita mi piacerebbe andarmi a prendere un caffè al suo bancone, perché Pippo è anche un ragazzo d’oro, un tipo riflessivo, posato, profondo. Ma siccome Sezze non è proprio qui dietro l’angolo, ancora non sono riuscito a fare il pellegrinaggio. Per il resto, nessun legame d’affari e di interessi. Eppure continuerò sempre a rispettarlo e a stimarlo, come uno dei pochi che rispondono dei propri atti e dei propri pensieri, giusti o sbagliati che siano. In una terra che premia solo ruffiani, opportunisti e furbastri, lui sta nella riserva indiana dei busti eretti.
Ecco perché considero la sua elezione una gran bella notizia. Non è santo e non è eroe, ma è sicuramente una persona che ama il ciclismo di una passione sincera. Se solo porterà nell’ambiente il suo idealismo, la sua esperienza con i ragazzini, il suo entusiasmo, certo il ciclismo laziale ne guadagnerà. E non solo quello laziale. Per quanto mi riguarda, gli faccio un’enormità di auguri. E doverosamente rendo omaggio all’intero ambiente: non so quante federazioni si sarebbero tirate in casa, con regolare elezione, uno scomodo personaggio considerato, per tanto tempo, a dir poco, un infame. Qualcosa cambia, qualcuno cresce. Pippo servirà anche a questo: a dimostrare che cambiare è possibile. Quanto poi a rivolgergli anche qualche scusa, mi sa che è chiedere veramente troppo.
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