CONTROLLATI. Ho aspettato qualche mese, per vedere la piega che avrebbe preso questa «svolta epocale», per usare le parole del presidente del Coni Giovanni Malagò. Ho aspettato che passasse il Giro d’Italia e, se non ve ne siete accorti voi, ve lo posso dire io: tutto è filato liscio. Dopo anni di terrore e terrorismo, si è passati alla calma piatta. Sia ben chiaro, non sono qui a rimpiangere i brutti tempi andati, i blitz continui dei Nas che mettevano a soqquadro la corsa più importante del Paese, ma qualcosa è cambiato e proprio perché qualcosa è cambiato è bene dirlo. Il mio sospetto è che fin quando si andava a toccare solo il ciclismo, andava bene a tutti, o meglio, andava bene al potere che gestisce lo sport italiano. Quando poi hanno pizzicato Alex Schwazer, atleta di Stato a tutto tondo, si è pensato bene di porre rimedio affinché certe cose non accadano più. Si spiega solo così la scelta di Malagò di fare un’intesa tra il Coni e i Nas. Una scelta che ha fatto gridare allo scandalo anche Sandro Donati, uno dei massimi esperti mondiali della lotta al doping. Un’intesa, quella tra Coni e Nas, che suona sospetta, come una dicotomia. Un po’ come se Confindustria decidesse di assumere degli ispettori del lavoro per fare i controlli nelle proprie aziende.
MICHELE. O si liberalizza o si regolamenta. O c’è la libertà di esercitare una professione o non c’è per nessuno: basta mettersi d’accordo. Per fare il direttore sportivo, il massaggiatore, il medico, il procuratore e via elencando devi fare una scuola, sostenere dei corsi di aggiornamento e avere il fatidico pezzo di carta in tasca. Per fare il preparatore no. Questo argomento è tornato di brutale attualità qualche giorno fa, quando noi di tuttobiciweb abbiamo portato a conoscenza dell’opinione pubblica che Mauro Santambrogio, ex corridore professionista, fermato per questioni di doping, ha deciso di fare il preparatore per un Centro di Albese in provincia di Como.
La notizia non ci scandalizza neanche un po’: Mauro non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo ad inventarsi una professione e per questo gli auguriamo il massimo delle fortune. Ma tornando all’enunciato iniziale è doveroso farsi delle domande, ma quello che più conta è trovare anche delle risposte e con esse delle soluzioni. Le domande sono semplici ed elementari: chi è il preparatore? Che titoli deve avere? Quali sono i confini dentro i quali deve muoversi? Gli interrogativi sono tanti. Le risposte incerte e, in certi casi, inesistenti. Da quello che abbiamo potuto apprendere in questi anni, sappiamo con certezza che non può fare il preparatore chi è medico. Lo abbiamo letto e sentito più volte anche e soprattutto dal nostro presidente Federale Renato Di Rocco. Ok, il concetto giusto o errato che sia, è perlomeno chiaro. Poi, però, da qui in poi ci si trova a navigare in mare aperto. Un ex ciclista, un ex dopato, un elettricista, un tifoso possono tranquillamente mettersi lì a fare la professione senza che nessuno possa dire qualcosa. Entriamo nel merito: il preparatore può sempre e comunque effettuare controlli invasivi, i famosi test che prevedono prelievi di sangue capillare dalle dita, dal lobo dell’orecchio e via elencando? Può trattare e testare liquidi biologici come la saliva per determinare il cortisolo salivare? E le urine? Può controllare esami ematochimici e dare consigli su quali parametri ematici controllare e quando effettuare tali controlli? Può occuparsi di nutrizione, dieta, integrazione o quant’altro? A noi risulta che la legge dello Stato italiano in tal senso sia molto chiara e sono davvero tante le norme delle quali il preparatore deve tenere conto. Se il nostro preparatore è un uomo di legge e ne segue i dettami, farà davvero fatica a studiare gli effetti degli allenamenti che propone in assenza della collaborazione con un medico, meglio se specialista in medicina dello sport. Insomma, bando alle ciance, mi auguro che quanto prima venga preso in considerazione il problema e quanto prima venga definita e regolamentata la figura del preparatore, che non può esimersi dal collaborare con il medico responsabile di un team o di un atleta. Non è invece più tollerabile che l’unica discriminante per definirsi preparatore sia quella di non essere medico o chiamarsi Michele. In verità è bandito anche un cognome, ma non posso fare pubblicità gratuita ad uno spumante. Non sarebbe corretto.
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