Caro direttore Stagi, considera questi Misfatti come uno sbocco di bile, diretto da un lettore imbufalito contro il suo direttore di fiducia. Tema: il blog. Cioè quello spazio che sul tuo sito tuttobiciweb hai aperto ormai da tempo, come tutti quanti del resto in quest’epoca di comunicazione elettronica. Che cosa sono qui a dirti? Una cosa semplice ed elementare: esprimo tutta la mia gioia nel constatare che ultimamente ti sta creando problemi e grattacapi. Lasciatelo dire, dal più profondo del cuore: ti sta benissimo. Te la sei cercata, adesso te la gratti. Spero che tutte le polpette avvelenate entrate nel blog recentemente, dalle calunnie alle falsità, dagli insulti alle carognate, ti rovinino la vita e il fegato. Così finalmente capirai una cosa fondamentale: che la libertà e la libera espressione sono cose sacre, ma che proprio per questa loro intrinseca sacralità non possono finire tra le mani di quattro scemi.
Tanto per essere chiari: il blog, cioè lo spazio aperto in cui chiunque può esprimere le proprie opinioni, è di per sè un’idea bellissima e nobilissima. Il problema è che la nobilissima idea frana subito nella sua pratica realizzazione: a trasformarla in una follia è questa simpatica trovata dell’anonimato. E qui, caro direttore, ti richiamo a tanti discorsi che ci siamo fatti in tanti anni di discussioni: sempre viva il confronto, anche asprissimo e feroce, delle libere idee, purchè ciascuno se ne assuma la responsabilità. L’abbiamo sempre pensata allo stesso modo, è una fede cieca che ci ha sempre legati, in fondo è il vero fondamento del successo di tuttoBICI: ben venga qualunque espressione, anche la critica più pesante, purché abbia una paternità. Non è il caso di scomodare Voltaire e l’Illuminismo, con il loro sublime dogma di battersi fino alla morte per difendere la libertà di chi la pensa diversamente, ma qualcosa del genere va sempre ricordato. Che pizza il pensiero unico, che noia quando siamo tutti d’accordo. Sempre viva la sana palestra delle opinioni. Sempre viva tuttoBICI. Purchè nessuno ciurli nel manico.
Ma è qui che ti richiamo alla questione: mi vuoi spiegare che c’entrano i blog con tutto questo? Sento dire - ti sento dire - che è bello lasciare libero spazio ai lettori. E come no. Però piano con questo mito dei lettori. I lettori sono sacri, guai a chi li tocca: ma se fanno il piacere di metterci la faccia. Con nome, cognome e indirizzo. Lo sai come la penso: sono disposto ad ascoltare il critico più feroce, riconosco ai Bulbarelli e ai Cassani il diritto sacrosanto di non guardarmi più in faccia per i rilievi che rivolgo, ma dall’altra parte ci deve sempre essere il fondamento minimo della lealtà. Una faccia. Un indirizzo. Un nome e un cognome.
Ma guardalo, il tuo geniale blog, caro direttore. Lo vedi? Ha le penose sembianze di una cloaca. Di una sputacchiera. Di un vomitatoio. Un luogo sordido e ributtante dove chiunque riversa le sue schifezze peggiori. Sempre, rigorosamente, tassativamente anonime. Possono dire di te e di me che siamo due pedofili disgustosi. Insegnano a Ivan Basso e ad Armstrong come si sta al mondo, dicono che Verbruggen e Di Rocco sono farabutti, possono tranquillamente insinuare che Riccò sia pure maniaco sessuale. Di più: scrivono apertamente che i giornalisti sono tutti venduti, meschini, servi, gentaglia prezzolata che non dice mai la verità. Dicono che i direttori sportivi sono tutti ladri ed evasori fiscali. Salgono sul pulpito e distruggono tutti con una facilità mortifera. Tanto, chi ne risponde? Spiegano a noi giornalisti che cosa sia il coraggio, questi cuor di leone. Noi, che comunque rispondiamo in tribunale di ogni nostra singola parola. Loro però sono i giganti della libertà. Sì, scomodano proprio questa parola enorme: loro sarebbero i cavalieri della libertà e della verità. Gli unici che abbiano il coraggio di dire le cose come stanno. Loro, che coraggiosamente si chiamano Jacky 15, PippoYoghi, Ursula 3000, Gengis Khan e Superminkia.
Tranquillo, caro direttore: sono alla fine. Non mi serve molto altro spazio. Devo solo aggiungere una mia idea elementare, talmente elementare da sembrarmi superflua. Eppure, la ribadisco per evidente necessità. Questa: il blog avrebbe ragione di esistere soltanto se i suoi frequentatori, cosiddetti blogger, fossero riconoscibili. Se avessero un’identità. Soprattutto, una dignità. Non mi stancherò mai di ammirare quei lettori che da quando esistono i giornali inviano le loro brave lettere, con lodi e critiche, rilievi e consensi, in un linguaggio magari duro eppure sempre civile, conferendo al mezzo di comunicazione una vitalità e una ricchezza inestimabili. Sempre però con una firma e un indirizzo per essere identificabili. Al massimo, quando rischiano l’incolumità, chiedono gentilmente la formula “lettera firmata”. Una formula di protezione, niente a che fare con la formula vile e codarda dell’anonimato. Ecco, questa è libertà vera. Questa è libertà seria. Questa è libertà ricca.
Mi dirai che nei blog non si può fare. E allora sai già come ti rispondo: al diavolo i blog e i blogger. Si chiude il blog e si mandano all’inferno i blogger. La democrazia e la libertà non corrono alcun pericolo, in assenza di questi vigliacchi da strapazzo. E se loro, come fanno sempre, ti minacciano di non leggere più il sito, prega il tuo Signore che mantengano la minaccia e che vadano a vomitare le loro porcherie altrove. Bisogna solo festeggiarle, certe perdite. Quando il delinquente se ne va da casa nostra dopo una rapina, non è che ci sentiamo più soli. O tu sì?
Ps.Se permetti, mi porto anche un po’ avanti col lavoro. Siccome so che i cuor di leone cominceranno ad insultarmi dal loro vomitatoio, sempre e rigorosamente nascosti nell’anonimato, anticipo già da ora la mia più cordiale risposta: siete dei vermi.
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