Il compleanno del coraggio
di Cristiano Gatti
Forrest Gamp vinceva l’Oscar. In Europa arrivava la play-station. I fanatici della setta “Sublime verità” liberavano gas nervino nella metropolitana di Tokyo, 12 morti. Questo e tutto il resto, il 1995. Nella grande storia che camminava, s’intrufolava la storia minimalista di tuttoBICI. Tre giovani giornalisti, Pier Augusto Stagi, Paolo Broggi e Bibi Airaghi affrontavano un passo per niente minimo: nelle loro vite, era un passo enorme. Senza girarci attorno, rischiavano se stessi imbarcandosi nell’avventura di una rivista e di una casa editrice ancora tutte da inventare: come direbbero i conformisti e i conformati, una follia. La scelta, da mal di testa, da perderci il sonno, era sogno come possono essere tutte le scommesse in proprio, ma era anche incubo, come inevitabilmente comportano i rischi del caso. Sogno e incubo, era comunque libertà. Niente che la equivalga, tra tutti gli obiettivi e gli scopi e i risultati di una vita.
Però la libertà è uno spasso che costa. Più del golf, più della barca, più della Ferrari: scegliere la libertà significa scegliere responsabilità, dubbi, ostacoli, antipatie, danni, e tanta, tantissima fatica. Mettersi a fare un giornale senza un padrone che ci mette i soldi è un maledetto affare. E chissà se è soltanto una coincidenza che questo giornale fosse di ciclismo, il territorio che più di tutti infligge fatica e sofferenza. In ogni caso, quelli di tuttoBICI scelsero così. Ed eccoci qui, trent’anni dopo, a dire come direbbero gli anglosassoni: well done, ben fatto. Mannaggia a voi, Pier Augusto, Paolo e Bibi se davanti al bivio della vita aveste preso l’altra strada.
tuttoBICI di allora era già bellissimo: di carta lucida, foto di grido, articoli scritti come dio comanda. Ma soprattutto, prima di tutto, aveva un’anima nuova: provava a raccontare il ciclismo lasciandosi a casa la retorica e l’apologia della tradizione, provando a inoltrarsi nel campo minato della visione critica. Critica non significa parlare male: critica significa giudicare serenamente, senza secondi fini, in base alle proprie opinioni, quello che si guarda. Sembra banale, anzi infantile, ma come sempre di più stiamo vedendo è la sfida più ardua e impervia. La gente, soprattutto quella che non si informa e non studia, pretende ferocemente di esprimere la propria opinione, però non sopporta che anche gli altri ne esprimano. Peggio ancora se è divergente. Facile dunque immaginare in quale presa della corrente avesse infilato le dita tuttoBICI. In quale alveare avesse ficcato le mani. Eppure.
Eppure Stagi il direttore e il suo branco, visibilmente gente masochista della peggior specie, questo volle affrontare. E la cosa bella, la migliore di tutte, è che in trent’anni non ha mai cambiato idea, neppure all’arrivo del sito e dei cuordileone da tastiera (rigorosamente anonimi). La faccenda si è maledettamente complicata negli anni: più si cresce, più ci si creano amici di quel genere. Con una differenza: essendo fuori da tutte le bande e da tutti i partiti presi, il mondo tuttoBICI si trova regolarmente amato e odiato a seconda. Succede sempre alle voci fuori da caste, congreghe, combriccole: da destra vengono bollate come voci di sinistra, da sinistra come voci di destra. Questo fenomeno, che può far ridere, è il risultato più eclatante di tutti: significa semplicemente che non sei di nessuno, che tutti un giorno possono amarti e il giorno dopo tutti possono odiarti. In altre parole, che non hai mai rinnegato e soffocato il gusto di usare la tua testa. Costa molto, ma non ha prezzo. L’importante è usarla, una testa.
Eallora mi metto anch’io in fila con i complimenti. Pier Augusto, Paolo, Bibi: avete speso bene un lunghissimo pezzo di vita. So bene che vi aspetta un pezzo ancora più lungo. Ma già adesso può bastarvi la certezza di avere costruito una grande casa, con le finestre spalancate, con tanta luce. Il materiale di cui è fatta, essendo una casa di passione e di libertà, non può che essere uno solo, l’unico davvero antisismico e antimuffa, un materiale che io senza essere ingegnere ho riconosciuto sempre: il coraggio. Coraggio di rischiare in proprio, coraggio di dire le cose come stanno, o come vi pare che stiano. L’avete trovato trent'anni fa, non l’avete mai cambiato. È col coraggio che niente e nessuno, tanto meno tuttoBICI, invecchia mai. E se guardandovi indietro riconoscerete onestamente di aver provato in tanti momenti il dubbio e la paura, mettetevi tranquilli: serve tanto coraggio anche per ammettere il dubbio e la paura. Grazie, ci rivediamo fra trent’anni.