Gatti & Misfatti

MONDO ZIO

di Cristiano Gatti

«La serietà, a qualsiasi livello, è una moneta che compra tutto»: se dicessi che l’ho rubata dai Dia­lo­ghi Morali di Seneca, pochi oserebbero dubitare. Invece l’ho presa da un altro libro, titolo I miei primi 80 anni, che nessuno (dico purtroppo) troverà nelle mi­gliori librerie, tanto meno nel­le peggiori, perché gli anni sono quelli dello Zio di tutti noi, Bru­no Reverberi, e a modo suo ha vo­luto metterli nero su bianco so­lo per gli amici, in un numero limitato di copie, affidandosi a una penna scelta, come i nobili del Rinascimento si facevano im­biancare i salotti e le chiese dai Michelangeli e dai Raffaelli, in questo caso Angelo Costa, e mi pare basti il nome.

Lo dico subito: mi spiace, davvero mi spiace una cifra, l’abbia scritto An­ge­lo Costa, cioè uno dei miei amici più amati, perché tutti penseranno subito che dica così bene perché parlo di un ami­co, come succede quasi sempre in Italia or­mai, amici geniali e integerrimi a prescindere, nemici idioti e fa­rabutti a prescindere. Invece no, la­scio fuori l’amicizia da questo articolo, non c’entra nulla, parlo del libro e ne dico ciò che penso: è una piccola opera d'arte, confezionata con amore artigianale da bottega, ma con tanto talento e tanta cura. Nel panorama non esal­tante della cicloeditoria, questa diventa una vera gemma, che sul serio ha la sola colpa d’essere a tiratura limitata, fossi un editore mi metterei davanti al cancello di Bruno finché non accetta di metterlo in vendita su larga sca­la.

Consiglio spassionato: bi­sogna riuscire a farselo prestare da chi ce l’ha, è un’occasione unica e divertentissima per pedalare negli 80 anni di una vita vera, genuina, ru­spante, ma anche nei 60 anni del nostro ciclismo, del nostro sport, del nostro costume, in un certo modo nella nostra storia italiana.
Certo, ad Angelo lo voglio dire chiaro e tondo: operazione con bassissimo coefficiente di difficoltà, perché quando maneggi un materiale che porta il nome di Bruno Reverberi è anche difficile venirne fuori con un’opera noiosa, banale, scontata. Se mai, la vera difficoltà, avendo a che fare con un materiale altamente esplosivo, è selezionare, calibrare, riordinare, insomma capirci qualcosa in quel fungo atomico salito dal piccolo mondo di Bib­biano, il borgo dove Reverberi è nato qualche secolo dopo il Par­migiano Reggiano (così assicura lui, così voglio credere, anche se in giro per l’Emilia ho già conosciuto almeno duecento borghi in cui è garantito assicurato sia nato l’impareggiabile formaggio gra­na).

Mi sembra di vederli, i due reggiani migliori del ciclismo mondiale: lo Zio che racconta, buttandoci dentro tutto, attualità e ricordi, retroscena e confidenze, commen­ti e anatemi, saltando di qua e di là, a getto continuo, come fa ai raduni di partenza o nei dopogara del Giro d’Italia, e sull’altra sedia Angelo, che come spugna cerca di assorbire l’esondazione, magari tentando timidamente, con il suo garbo da Monsignor Della Casa che in trentacinque Gi­ri d’Italia ha cercato inutilmen­te di insegnare anche a me, tentando timidamente di metterci un ordine, segnandosi tutto con il suo scrupolo e la sua precisione, con il metodo usato sempre e ovunque per ogni sua riga scritta. Ma in mezzo a loro, sono sicuro, non me la raccontano, un salame: sì, perché le due canaglie, quando fanno comunella, per scrivere un libro o per i semplici auguri di Natale, comunque ta­gliano fette in continuazione, Bru­­no col coltello in mano diventa una Berkel umana, l’altro recita modi da vegano inappetente eppure magna con le frequenze di Pogy&Vinge al Tour, va su col suo passo e non denuncia un solo segno di fatica, se gli dici ma co­me fai ti guarda con due occhioni da cocker, con naturalezza, come tutti i fuoriclasse, e ti dice perché, sono due fettine...

Il risultato di questa Srl è comunque lì da gustare: non il salame, dico del li­bro. Se­gnato davvero dall’aforisma citato all’inizio, in realtà la stella po­lare di una vita, con i suoi alti e i suoi bassi, i suoi successi e le sue umiliazioni, le sue felicità e le sue tristezze, sempre comunque tentando di applicare quel mantra, “la serietà a qualsiasi livello è una moneta che compra tutto”. Angelo Costa riesce a trasmetterci davvero il fenomeno Bruno Re­verberi, lui e il suo Ca­sato, con le figure centrali della moglie Giuliana, santa e martire nelle vesti della più prossima sopportatrice di un marito eufemisticamente detto vulcanico, poi il fi­glio Roberto, il genero Maurizio, giù giù fino alla terza generazione dei nipoti, già reclutati in squadra, là dove è sempre difficilissimo capire quanto il branco Reverberi sia famiglia e quanto azienda sportiva.
Poche cronache, dati e date l’essenziale, tantissimo racconto, infinità di aneddoti quasi sempre sketch comici, anche se trattano questioni serie e pesanti, quante Re­ver­beri ne ha affrontate a partire da quel ’64, quando decise che nella vita, oltre a trafficare in case e prosciutti, gli sarebbe piaciuto fare il ciclismo. In ogni ca­so, una grande assente in tutto il libro: la noia. Impossibile con lo Zio, impossibile con Angelo Co­sta. Poi certo, c’è tutto il resto: i corridori lanciati, da Cassani (sua la prefazione che trasuda ri­conoscenza) a Fontanelli, da Pe­tacchi a Podenzana, da Ciccone a Col­brelli. Non mancano, come po­trebbero, le grandi battaglie con le grandi squadre, gli anni cupi del doping, i memorabili vaffa ai potenti, dalla Melandri ministra a Petrucci presidente Co­ni, fino ai giudici boriosi e ottusi, ma an­che e soprattutto ai suoi giovani meno ispirati, naturalmente il tutto condito dagli storici motti contadini, “meglio un uovo in mano che una gallina per aria”, “oggi si dividono i ma­schi dalle femmine”. E però, do­po averci riso sopra, prima dei sa­luti, imperdibile l’ultimo capitolo, analisi lucidissima e per niente comica di questa stagione del ciclismo, un vero saggio che dovrebbe girare sui tavoli dei vertici Uci. Dove difatti, puntualmente, immancabilmente, non girerà.

Ps: attenzione, a pagina 217 una foto di Bruno Re­verberi che secondo me non è vera, se la sono fatta con l'Intelligenza Artificiale, uno smaccato falso storico: lo Zio ha i capelli e la cravatta.

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