L'ultimo campione del mondo italiano tra i professionisti è stato Alessandro Ballan, che la maglia iridata l’ha indossata nel 2008 a Varese, tagliando il traguardo per primo davanti a Damiano Cunego e Matti Breschel. Oggi il campione di Castelfranco Veneto è ancora nel mondo del ciclismo, non solo come testimonial, ma anche come dirigente della U.C. Giorgione squadra dove è cresciuto da giovanissimo e dove oggi corre anche sua figlia Azzurra.
Ballan ha un occhio sempre attento su quello che avviene nel mondo delle due ruote e a Roma, in occasione delle premiazioni della Coppa Italia delle Regioni, abbiamo parlato con lui chiedendogli una piccola analisi sul ciclismo di oggi.
Alessandro, lei ha guardato sicuramente con molta attenzione questa stagione. Che impressioni ha avuto?
«Secondo me è stata una stagione molto bella e logicamente con questo nuovo progetto della Coppa Italia delle Regioni tutte le gare italiane hanno preso più valore. Le nostre corse stavano perdendo importanza rispetto alle gare del World Tour e diciamo che è stata una bellissima iniziativa che ha soprattutto valorizzato i corridori di casa nostra».
Per quanto riguarda il World Tour, cosa ha notato nel gruppo durante i grandi giri e le Classiche?
«Sicuramente questo è un ciclismo molto diverso rispetto ai miei anni, ci sono dei corridori che stanno nettamente dominando rispetto a tutti gli altri. Parliamo di uomini che hanno quel qualcosa in più ed è logico che quando corrono assieme la gara diventa entusiasmante. Ma bisogna anche dire che se uno di questi dovesse correre da solo, senza corridori capaci di stargli a ruota, allora la gara rischia di essere un po’ ammazzata. Mi viene in mente per esempio Tadej Pogacar. Il suo modo di correre, superiore agli altri condiziona la corsa e quindi crea meno entusiasmo soprattutto per quanto riguarda chi lo insegue. Siamo di fronte ad un ciclismo molto particolare, che sta evolvendo rapidamente, ma dobbiamo anche vedere quanto questi campioni riusciranno a rimanere al vertice».
Avendo la possibilità di scegliere un'immagine legata al ciclismo che rappresenti al meglio il 2025, quale sceglierebbe?
«Potrei sembrare scontato ma scegliere un’immagine di Pogacar, perché ha vinto praticamente tutto. Mentre se dovessi scegliere un momento particolare legato ad una gara, senza dubbio direi la Milano-Sanremo, ma mi è piaciuta anche la Roubaix dove c'è stata quella sfida pazzesca tra Pogacar e Van der Poel. Quello è stato un ciclismo di altissimo livello».
Possiamo dire che abbiamo un ciclismo fatto di autentici fenomeni in questi anni?
«Sai, stiamo parlando di corridori che quando partono fanno la differenza. E’ bello quando abbiamo una corsa dove ci sono un Pogacar e Van der Poel o un Vingegaard che si scontrano. Quando questi corridori sono insieme è normale avere un finale sempre entusiasmante, anche quando abbiamo Pogacar che vince in modo netto sui suoi avversari».
Lei ha parlato di Pogacar, Vingegaard e Van der Poel, ma non ha nominato Remco Evenepoel, che comunque ha ottenuto dei risultati importanti. E’ un corridore che le sta poco simpatico?
«Non si tratta di simpatie o antipatie, Evenepoel è senza dubbio un ottimo corridore, ma secondo me è un po' troppo spavaldo, si innervosisce facilmente, però è un corridore molto, molto forte, soprattutto per quanto riguarda la cronometro e farà sicuramente ancora grandi cose».
Per quanto riguarda il nostro movimento, a che punto siamo?
«Il ciclismo italiano purtroppo è in un periodo ancora difficile, deve migliorare parecchio, ma penso che dando valore alle gare italiane, grazie anche alla Coppa Italia delle Regioni, stiamo cercando di far ripartire tutto il movimento e speriamo, a breve, di tornare ad avere dei grandi campioni italiani».
Oggi com'è il suo rapporto con il ciclismo?
«Sono inserito all'interno di questo sport a 360 gradi come testimonial di grandi aziende, come organizzatore di eventi. Ho una squadra giovanile di ragazze, quindi diciamo che cerco di essere dentro un po' a tutto. Ma quello che voglio sottolineare, è che il ciclismo mi ha dato moltissimo a livello di sport, per l’atleta che sono diventato. Ma è riuscito a darmi tanto come persona e oggi sono l’uomo che vedete grazie a quello che mi ha insegnato il ciclismo: la bici mi ha dato tantissimo e adesso è arrivato il momento di ricambiare e restituire quello che io ho ricevuto».
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.