Alaphilippe: «Una stagione da montagne russe, ma...»

di Francesca Mnzone

Dopo una stagione complicata e la  mancata partecipazione alla Grande Boucle, il campione del mondo Julian Alaphilippe è andato alla Vuelta con l’obiettivo di vincere una tappa e aiutare il suo compagno di squadra Remco Evene­poel a conquistare il suo primo grande giro. Il 2022 per Lulù era iniziato bene sulle strade del Tour de la Pro­vence con un secondo posto assoluto dietro al colombiano Nairo Quintana. Poi la caduta a Strade Bianche e una seria bronchite a marzo lo hanno portato a saltare la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre.
Senza dubbio quello che abbiamo visto fino ad oggi non è l’anno di Alaphi­lippe, che era partito con l’idea di vivere il suo secondo arcobaleno in modo completamente diverso.
«Voglio portare questa maglia con serenità e con orgoglio - aveva detto il francese lo scorso dicembre -.Non voglio correre ogni volta con il peso di essere il campione del mondo, ma con la gioia di correre con una maglia uni­ca, capace di farti fare cose incredibili».
I grandi successi però non sono arrivati e il suo percorso è stato segnato da diversi episodi negativi che hanno colpito il suo corpo, mentre la sua mente è sempre rimasta lucida, presa dal cercare il momento migliore per ripartire.
Archiviato il mese di marzo, per il transalpino è arrivato un altro stop il 24 aprile, con la bruttissima caduta alla Liegi-Bastogne-Liegi. Il recupero è sta­to lungo e  il tempo non è bastato per arrivare alla vigilia del Tour in buona forma: per questo Lefevere ha deciso di lasciarlo a casa.
Il due volte campione del mondo, non ha fatto un dramma per la mancata convocazione, consapevole del fatto che per lui andare al Tour vuol dire vincere. «Naturalmente mi dispiace non poter correre il Tour - le parole di Lulù quando il team ha svelato la formazione per la Grande Boucle -, ma ho la consapevolezza che questa sia la scelta più giusta per me e per la squadra».
Così, dopo aver seguito la Grande Boucle in televisione, Alaphilippe è ripartito dal Giro di Vallonia, corsa che al posto della gloria, gli ha regalato il Covid. Il campione del mondo si è imposto sul Muro di Huy poi il virus si è manifestato con sintomi, il francese ha faticato a recuperare e la sua preparazione in vista della Vuelta è stata compromessa.
Alaphilippe non ha fatto drammi neanche in questa occasione: ogni volta si è rimboccato le maniche, risalendo in bici con la voglia di fare bene e regalare al pubblico un grande spettacolo.
«Sono molto motivato per questa Vuel­­ta - ha detto Alaphi­lip­pe alla partenza da Utrecht -: abbiamo una squadra molto forte e il percorso sembra davvero fantastico. Ci sarà molto da fare perché alcune tappe sono veramente difficili».
In Olanda ci sono state subito tensioni, non perché la Quick Step ave­va mancato la prima maglia rossa della corsa, ma per quelle voci che vedevano Lefevere accusare Alaphilippe di scarso impegno. Secondo la stampa belga, infatti, il manager aveva detto di non voler pagare il proprio corridore per concentrarsi solo sui Campionati del mondo.
«Ho sentito qualcosa al riguardo, ma onestamente non so cosa sia stato det­to di preciso e come sia stato interpretato. Posso dire che ci sono sempre state aspettative intorno a me e continuerò a fare quello che ho sempre fatto. Sono un professionista e do sempre il massimo. Per il resto non ho avuto scambi con Patrick e penso che, se avesse avu­to un problema, me ne avrebbe parlato».
Archiviata la questione, Alaphilippe è sbarcato sereno in Spagna e alla vigilia della quarta frazione ha detto: «Questa è la s­econda Vuelta della mia carriera e sono sereno. Arrivo con obiettivi personali e collettivi da centrare: voglio divertirmi e fare cose belle».
La Quick Step-Alphavinyl ha portato ad Evenepoel la maglia rossa di leader, mentre Alaphilippe ha voluto fare an­cora delle precisazioni su quanto accaduto durante questa stagione e sulle sue aspettative future: «Voglio precisare ancora alcune cose: la Vuelta non è per me una sorta di recupero dopo aver saltato il Tour. Ho accettato le decisioni  della squadra e, con il senno di poi, posso dire che questa è stata la scelta migliore. Ho potuto prendermi il tem­po giusto per recuperare. Pro­ba­bil­mente il mio corpo ancora non si è ri­preso del tutto, ma posso assicurare che la mia mente è al massimo».
Alaphilippe ha aiutato Evenepoel a diventare leader della corsa, ma questo può bastare a chi corre con la maglia iridata? Il trentenne bicampione del mondo per star bene ha bisogno di vincere ed è ciò che ha imposto a se stesso quando è arrivato in Spagna.
«Non ho analizzato tutte le tappe, ma alcune potrebbero essere adatte a me. Non amo pianificare troppo ciò che bisogna fare in un grande giro, preferisco affrontare la gara giorno per giorno e non pensare a cosa accadrà tra dieci tappe».
Certo, il nuovo ruolo di Remco Evenepoel obbliga il team far girare tutto attono a lui.
«Remco è pronto e motivato - ha ammesso Lulù -, è venuto per curare la classifica generale e, visti i risultati di questa stagione, la sua mentalità e le sue capacità, sono certo che saprà raggiungere il risultato. Ci saranno obiettivi di­ver­si nella squadra, io farò il massimo per lui, come in precedenza ha fatto Remco per me. È il leader assoluto della squadra. Lo aiuterò e al tempo stesso cercherò di vincere delle tap­pe».
Agosto è finito e settembre è il mese in cui viene messa in palio la maglia più bella, quella con l’arcobaleno su fondo bianco, che indossa solo il campione del mondo. Una maglia questa che ti cambia la carriera per sempre, perché campioni del mondo, si rimane per tutta la vita. Alaphilippe quell’iride lo ha conquistato due volte: la pri­ma volta a Imola, nel Mondiale della ri­partenza, quando si correva a porte chiuse a causa del virus e poi lo scorso anno la riconferma è arrivata in Belgio, a Lovanio, dove il pubblico lungo le strade lo implorava di rallentare sperando nella rimonta di uno dei corridori di casa. Alaphilippe spingendo sempre più forte sui pedali e senza pensare al dolore nelle gambe quel giorno ha tagliato ancora una volta il traguardo per primo.
Ora per Alaphilippe c’è una seconda parte di Vuelta da vivere con un duplice ruolo: quello di aiutante per la classifica generale di Evenepoel e quello di cacciatore di tappe. Le possibilità ci sono, per il fran­cese che raramente spara a vuoto i suoi colpi: questa Vuel­ta potrebbe essere l’occasione per ritrovare la fiducia necessaria per af­frontare il Mondiale. Il percorso po­trebbe essere adatto alle sue caratteristiche, anche se meno tecnico e selettivo e forse più veloce di quelli affrontati nelle due ultine stagioni. Il francese ha vissuto già due anni sotto il segno dell’arcobaleno e gli piacerebbe poter trascorrere altri 12 mesi con quella maglia così speciale, ma sa perfettamente che non sarà facile.
«Non voglio immaginare qualcosa che è ancora lontano. Adesso sono alla Vuelta e voglio vivere questa corsa con tutta l’attenzione che merita».
Alaphilippe non è un corridore che si nasconde dietro a scuse più o meno plausibili, ma a testa alta ha sempre affrontato i propri problemi, riconoscendo anche gli errori commessi. Questa volta però ha voluto rispondere agli attacchi, stanco di veder mettere in discussione il duro lavoro fatto per tornare ad essere competitivo.
«Non ho mai perso il morale, anche se ci sono stati mo­menti complicati. Cer­to, quando sei campione del mondo e non ottieni risultati è normale essere criticati. Quando sono tornato alle gare dopo aver superato il Covid, sapevo che i tempi di recupero sarebbero stati lunghi, che dovevo vivere questi mo­menti con pazienza. Ci sono molte aspettative intorno a me e non è certo facile ammettere di non essere al cento per cento e lo è ancora di più con questa maglia addosso. Ma sono un professionista e  ho ancora tanta grinta, voglia di vincere e di emozionarmi con questa maglia. Se poi sarò tanto bravo da riconquistarla, lo vedremo più avanti». 

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