Gatti & Misfatti

Una soluzione alla Putin

di Cristiano Gatti

È chiaro: vedere continuamente in gara il russo Vlasov, mentre i corridori non russi - anche italiani, purtroppo - della Gazprom restano confinati in un lim­bo umiliante, vedere questa contraddizione non può che alimentare rabbia e risentimento. A maggior ragione ascoltando gli strepiti - per la verità un po’ isterici - del buon Djokovic, ma anche dei nostri mo­numenti Pietrangeli e Panatta, contro l’esclusione da Wimbledon dei tennisti russi, a maggior ragione per­ché ancora una volta ci accorgiamo di come alla fine conti sempre di più chi urla di più, per cui i no­stri ciclisti abituati ai toni del cane bastonato nessuno li considera, men­tre i Djokovic e i Pietrangeli scatenano un finimondo del demonio.

E comunque, al netto dei due pesi e delle due misure, per cui il torto subito dal ciclismo è sempre un tortino in confronto al tortone di sport più chic, al netto di questa vergogna bisogna pur dire che le sanzioni sportive contro l’aggressore russo restano un maledetto affare per tutti.

Al di là dei danni che come boomerang finiscono per falciare tanti corridori non russi, in tantissimi si chiedono che senso abbia usare lo sport come ar­ma di punizione contro Putin, o contro qualunque tiranno sanguinario che entri in azione scatenando i carrarmati.

Punto primo: bisogna mettersi d’accordo una volta per tutte. Quando le cose vanno bene, ci piace dire che ormai lo sport non è avulso dalla vita reale, anzi è diventato una parte fondamentale della vita reale, con la sua capacità di coinvolgimento e condizionamento sulle masse del mondo, tant’è vero che i poteri forti lo usano ovunque come formidabile strumento di pressione e di propaganda (la Russia per prima, ultimamente, ha organizzato i Giochi in­vernali e stava per ospitare la finale di Champions). Questo ci siamo sempre detti, soprattutto in epoca re­cente. Ma improvvisamente, quan­do si alza il fungo atomico di una feroce aggressione all’Ucraina, improvvisamente pretendiamo di tornare a dire che lo sport deve starne fuori, come un’isola felice, lontana dalle bieche logiche della geopolitica, comunque fuori almeno dalle sanzioni che il mondo civile cerca di usare come contromossa, per non ricorrere anch'esso alle bombe.

Mettiamoci d’accordo, dun­que. Lo sport c’entra o non c’entra? Se c’entra, arriviamo dritti al punto: l’esclusione della Gazprom da tutte le corse del mondo civile. Assordanti le grida dei puristi: ma cosa c’entra la Gazprom, è un gruppo sportivo, si occupa di corse in bicicletta, Pu­tin va colpito in ben altri modi.

Su questo facilone disimpegno mi sentirei di consigliare almeno un minimo di in­formazione, prima di alzare la voce. Mi faccio un attimo da parte e propongo un breve brano dell’inchiesta su Gazprom pubblicata dall’edizione italiana di Forbes: “Ci sono molti modi per rendere l’idea di che cosa sia Gazprom in Russia. Si può partire dai 116,7 miliardi di dollari di fatturato, che ne fanno la prima azienda del Paese e la 47esima al mondo. Si può dire che il gruppo calcola di contribuire al Pil russo per più del 3% e dà lavoro a quasi mezzo milione di persone. Oppure che possiede 176.800 km di gasdotti, che le sue riserve di gas corrispondono al 70% di quelle di tutta la Russia e al 16% del totale globale. Si può scrivere che il gruppo è un’istituzione, in senso quasi letterale: è nato nel 1989, quando Gor­baciov decise di trasformare il ministero del Gas in un’industria. Nel 1992 il presidente Eltsin nominò primo ministro proprio l’allora presidente di Gazprom, Viktor Cher­no­myrdin. Nello stesso anno iniziò la privatizzazione dell’azienda, nata come compagnia statale. Il processo, raccontato dall’economista Mar­shall Goldman in Petrostate: Pu­tin, power and the New Russia (Petrostato: Putin, il potere e la Nuova Russia), ha portato la quota dello Stato a scendere poco al di sotto del 40%. Il 15% finì ai di­pendenti di Gazprom, mentre un’altra parte del capitale fu privatizzata. Il processo fu comunque sottoposto a stretto controllo governativo: gli investitori stranieri non potevano possedere quote superiori al 9%.
La cosa migliore, però, è forse partire dall’estate del 2000. Vladimir Putin, nel giugno di quell’anno, divenne il secondo presidente russo dopo Boris Eltsin. Una delle sue prime mosse fu proprio mettere due suoi uomini al vertice di Gazprom: il suo delfino, Dmitry Medvedev, e Aleksej Miller, con cui aveva lavorato a San Pietroburgo, all’inizio della sua carriera politica.
Nel 2005, durante il secondo mandato di Putin, Rosneftgaz, una compagnia energetica di proprietà dello Stato, acquistò una quota del 10,7% di Gazprom da varie sussidiarie del gruppo. In questo modo, Mosca riprese il controllo del gruppo”.

Chi ha letto comprende bene la verità elementare: Gaz­prom è Putin. Punire Putin è punire Gazprom. Piaccia o no, così funziona questa faccenda.
Piuttosto, la vera domanda che re­sta legittimamente in piedi è questa: perché un corridore italiano - o turco, o thailandese, o eschimese - pagato da Gazprom-Putin non può più correre? Io la sento, la condivido e la rilancio: perchè?

La risposta che ci danno è mol­to semplice: si lascia fuori Gazprom e tutto ciò che rappresenta. E va bene. Ma gli appiedati rimasti senza lavoro, con la prospettiva di chiudere la carriera, cosa possono fare, oltre che assistere alle prodezze in gara del russo Vlasov?

Mentre scrivo questo articolo non circolano molte idee. Addirittura le vittime della sanzione sportiva fanno fatica a ricevere udienza dai potentati Uci. La proposta di correre con una maglia neutra, magari inneggiante alla pace, non sembra la più geniale, sinceramente: che senso ha un vago richiamo alla pace portato in giro dalla squadra dell’aggressore nei Paesi che neanche si sognano di fare la guerra. Bisognerebbe correre sotto le finestre di Putin, con quella maglia, eventualmente. Ma è chiaramente amaro sarcasmo. Il problema è molto più complicato. Forse, svincolare i corridori e accasarli in altri team, come successo ai calciatori ucraini, è una strada meno surreale. Si potrebbe provare, almeno.

Ma qualunque soluzione si renda alla fine possibile, resta inteso che il problemone vada quanto meno affrontato. Qualunque soluzione, a questo punto, è meglio di nessuna soluzione. Perché dobbiamo dirlo e ridirlo fino allo sfinimento: buttare fuori dal ciclismo degli atleti che di russo non hanno nulla esprime qualcosa di profondamente ingiusto. Ha tut­ta l’aria di una soluzione alla Putin.

Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
E' stato un finale al cardiopalmo per la sesta tappa del Tour de Suisse, una vera e propria sfida tra gruppo e fuga iniziata addirittura sin dai primi chilometri. Niente da fare però per i fuggitivi di giornata, nella corsa...


Nicholas Prodhomme mette a segno il colpo del ko nella terza tappa della Route d'Occitanie, la "tappa regina" che ha portato il gruppo da Pujaudran a Luz Ardiden dopo 173, 8 km con il Tourmalet e la salita finale nel...


Dopo due anni di digiuno, l'Italia torna a far festa al Giro Next Gen. È Filippo Agostinacchio (Biesse-Carrera-Premac) a spezzare la maledizione, dopo un frazione tutta all'attacco che lo ha visto arrivare in solitaria grazie a un assolo di circa...


A seguito di un'indagine preliminare sulle dichiarazioni rese al termine della ventesima tappa del Giro d'Italia (quella del Colle delle Finestre, dispitata il 31 maggio scoso) dal belga Dries De Bondt, corridore dell'UCI WorldTeam Decathlon-AG2R La Mondiale, l'Union Cycliste Internationale...


Il tema della sicurezza è sempre in primo piano e ieri in Belgio, sul traguardo della seconda tappa, c’è stato un debutto importante. Per la prima volta, infatti, è stata adottata la "Safe Cycling Finish Barrier": si tratta in pratica...


Questa è la settimana dedicata a Eddy Merckx e al suo ottantesimo compleanno e il Cannibale, tra un festeggiamento e un’intervista, ha voluto lanciare una sfida a Remco Evenepoel e Tadej Pogacar: al fiammingo piacerebbe che i due campioni si...


Darfo Boario Terme è pronta nuovamente ad accogliere una manifestazione tricolore anche nel 2025, come svelato ieri nella presentazione al “Belvedere Silvio Berlusconi” al piano 39 di Palazzo Lombardia. Questa volta la città termale della Valle Camonica ospiterà,  sabato 28...


Dal 1988 la maglia iridata di campione del Mondo, dal 1993 al 2017 la maglia rosa del Giro, dal 2017 la maglia roja della Vuelta, dal 2022 la maglia gialla del Tour, dal 2018 la Trek (prima Segafredo poi Lidl)...


Il tour de Suisse sembra più francese che mai, dopo quattro giorni di gara con Romain Gregoire leader della generale, ecco che ieri la maglia gialla è passata sulle spalle di un altro transalpino che sta infiammando i cuori dei...


Dopo la rivoluzione di ieri, con Luke Tuckwell che ha conquistato la maglia rosa, il Giro Next Gen propone oggi la sesta tappa: la Ovada - Acqui Terme di 155 km propone un finale tutto da interpretare. per seguire...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024