Marta Cavalli, il nuovo che avanza

di Carlo Malvestio

Il lato rosa del ciclismo italiano cresce bene. Lo dimostrano le tan­te ragazze di bellissime speranze che, pian piano, stanno cominciando a farsi largo nei palcoscenici più importanti a livello in­ternazionale. Se Elisa Longo Bor­ghini è la punta indiscussa del movimento femminile, dietro di lei ci sono tante under 25 pronte ad emergere, non solo su strada ma anche in pista. Tra i volti nuovi, o quantomeno semi-nuovi, visto che è ormai un paio d’anni che fa parlare di lei, c’è Marta Cavalli, ventiduenne di Formigara, Cremona, convinta sostenitrice della multidisciplinarietà e forte sia in pista che su strada.
Cresciuta e lanciata dall’universo Val­car, il 2020 ha rappresentato per lei l’ultimo anno con la maglia della squadra italiana, visto che nel 2021 farà il salto nel WorldTour con la FDJ Nou­velle Aquitanie-Futuroscope. Prima del­le vacanze natalizie, la giovane cremonese è volata in Francia per porre le prime basi in vista del 2021, testare i materiali e conoscere staff e compagne: «L’opportunità è nata durante la stagione: dopo le mie prime buone prestazioni molte squadre hanno mo­strato interesse al mio manager Fabio Perego - racconta Mar­ta -. Così, dopo un’attenta analisi, ho scelto la FDJ Nou­velle Aquitanie, che stava cercando un’atleta giovane co­me me da far crescere, adatta per le classiche del nord e pronta a supportare il ca­pitano Cecilie Uttrup Lud­wig. Sentivo di essere il tassello che mancava lo­ro, così ho accettato con entusiasmo. Sbarcare nel WorldTour è il sogno di ogni atleta e sono grata alla Valcar per questi anni in cui ho potuto mettermi in mostra e crescere molto. Prima di Natale abbiamo fatto il primo mini trai­ning-camp e ho potuto subito notare la professionalità del team, con i meccanici che hanno lavorato fino a notte inoltrata per mettere a posto le biciclette e darci l’opportunità di testare i materiali tecnici. Ho conosciuto le mie compagne, so­no l’unica new entry e devo inserirmi in questo gruppo già formato che però mi ha già dimostrato grande apertura. Per la prima volta mi troverò in un gruppo di lavoro internazionale, che per gran parte parla francese. Con le mie compagne parliamo in inglese e non ho problemi, col francese invece devo migliorare, anche se un’infarinatura già ce l’ho».
Nel 2020 la talentuosa atleta lombarda ha infatti chiuso al 14° posto il Giro d’Italia, piazzandosi poi quinta alla Gent-Wevelgem e decima al Giro delle Fiandre, dando prova di avere un bagaglio tecnico veramente ampio. Il tutto senza poter correre su strada da ottobre 2019 a fine luglio 2020, a causa del lockdown e dei vari impegni su pista: «Alla mia stagione do un 8 pieno, perché sono riuscita a dare una grande continuità alle mie prestazioni - continua Marta -. In Bel­gio sono sempre ri­masta con le prime, mantenendo un livello piuttosto alto, anche se alla fine non ho raccolto risultati particolarmente rilevanti. Abbiamo avuto una preparazione molto particolare, perché fino a giugno non sapevamo se saremmo tornate a correre. Io ho sempre lavorato, affrontando anche carichi importanti, sono partita bene e poi ad agosto ho avuto tempo per fare un ritiro in altura di 14 giorni, a causa della cancellazione di alcune corse. Il Giro d’Italia è stato il primo obiettivo stagionale, una nuo­va esperienza per me, perché per la prima volta ho provato a testarmi come donna di classifica, quindi dovendo farmi trovare pronta ad ogni tappa. Il risultato è stato buo­no, ma soprattutto credo mi servirà mol­to per il futuro».
Nonostante la giovane età, Marta ha già bene in testa quali sono i suoi punti di forza e i punti deboli, e se già la possiamo considerare un’atleta completa, sarà interessante vedere su quale terreno si specializzerà nei prossimi anni. «Penso che le classiche del nord siano il terreno in cui mi esalto di più. Quest’anno ho voluto testarmi anche nelle corse a tappe, ma sinceramente mi vedo meno adatta. Questo inverno sto lavorando molto sull’esplosività, quindi non solo in bicicletta ma anche in palestra e con un’alimentazione mi­rata. Ho un discreto spunto veloce, ma nell’ultimo anno avevo perso un po’ di massa muscolare per migliorare le prestazioni in salita; ora stiamo cercando di riacquisirla, proprio per trovare quella potenza fondamentale nelle cor­se del nord. Anche la pista mi sta aiutando molto a questo proposito, con il ct Dino Salvoldi abbiamo studiato un piano di allenamenti molto utili anche per l’attività su strada, lavorando sulla forza e lo spunto veloce, in modo che nel finale di una gara importante io possa ancora avere le energie per fare lo sprint. La pista, inoltre, ti permette di sviluppare quello che io chiamo “colpo d’occhio velocità d’azione”, cioè quella capacità di cogliere l’attimo, di reagire rapidamente a ciò che accade e di restare sempre lucidi».
Già, la pista, proprio la specialità in cui ha cominciato a raccogliere le soddisfazioni più importanti in carriera. Marta ha infatti già una sfilza di medaglie continentali conquistate in svariati ve­lo­dromi europei: quattro ori nell’inseguimento a squadre tra le U23 e uno nell’inseguimento individuale, e lo storico oro nel Derny a Pordenone (guidata da Cordiano Dagnoni, candidato alla Presidenza della FCI) nel primo Campionato Europeo di specialità per le donne elite riservato alla di­sciplina.
Eppure, se le si chiede qual è il ricordo più bello in sella ad una bicicletta, non ha dubbi nell’indicare il Campionato Italiano vinto su strada nel 2018, quando aveva appena 20 anni.
«È stata la chiave di volta della mia carriera, perché vittoria del tutto inaspettata - am­mette la cremonese -. Mi ha dato consapevolezza dei miei mezzi e mi ha fatto capire che con sacrificio e lavoro si può fare strada. Avevo appena 20 anni, per me si è aperto un mondo nuovo, ho dovuto gestire la pressione di portare una maglia così importante e rappresentativa. Purtroppo, non sono mai riuscita a vincere e per questo mi piacerebbe riconquistarla, così da onorarla ancora meglio. Identificare il ri­cordo più brutto, invece, è difficile, perché nel ciclismo solo il 10% delle volte va come vorresti, nel restante 90% si soffre, ci si stacca, si patisce il freddo o il caldo e la sfortuna ci vede benissimo».
La bicicletta era nel suo destino: «Il ciclismo è una passione di famiglia, mio nonno dirigeva una squadra giovanile e mio papà lo praticava a livello amatoriale, portandomi spesso con lui alle gare. Prima di correre in bici ho provato tanti altri sport, pallavolo, ginnastica artistica, nuoto, ma alla fine è emersa la passione per il ciclismo a 11 anni, guardando Mark Cavendish in televisione».
CannonBall è quello che si può definire un vero e proprio idolo: «Ho cominciato ad imitarlo in giardino con la mia MTB; è un campione molto umile ma vincente, mi piacerebbe conoscerlo e parlargli da collega, per me è stato ve­ramente fonte di ispirazione» racconta Marta che invece, quando non è in sella si diletta in cucina con la mamma, soprattutto coi dolci e con il suo cavallo di battaglia, la crostata con la frutta secca.
In questi giorni si sta allenando a casa, non facendosi spaventare dalle basse temperature, ma tra qualche giorno an­drà in Liguria per un mini ritiro con le vecchie compagne della Valcar, pri­ma di fare le valigie e volare in Spagna per il training-camp con la FDJ Nou­velle Aquitanie-Futuroscope: «La mia percezione del freddo è cambiata correndo nelle Fiandre, ormai non lo soffro praticamente più e, anzi, lo trovo quasi piacevole. Certo la zona dove vivo è un po’ nebbiosa, quindi spesso mi sposto in macchina verso le valli bergamasche e i colli piacentini per trovare qualche salita».
Ma cosa dobbiamo aspettarci da Marta nel 2021? Sicuramente la vedremo protagonista sia su strada, dove potrà farsi valere al nord e appoggiare l’esuberante danese Ludwig, che su pista: «Per questo primo anno con la FDJ i miei obiettivi si rispecchieranno con il bene comune, vorrei che a fine stagione la squadra mi dicesse “siamo contenti di come hai lavorato”. Il focus sarà so­prattutto sulle classiche ed è lì che vorrei fare bene in modo particolare. De­butterò alla Volta Valenciana, Strade Bian­che, Trofeo Alfredo Binda in ap­poggio di Ludwig. Cecilie è come si vede in televisione, super puntigliosa quando si allena, quanto crazy giù dalla bicicletta, è sempre allegra e con la battuta pronta».
Infine, il grande obiettivo dell’anno: «E poi ci sono i Giochi Olimpici, la ciliegina sulla torta nella carriera di un atleta, un valore inestimabile. Tokyo 2020 è quindi un grande sogno. Se per la pro­va su strada o in pista ancora non lo so, ma voglio farmi trovare pronta».

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