L'Italia della pista c'è, cresce e convince

di Paolo Broggi

a·nà·li·si/ sostantivo femminile: metodo conoscitivo che procede dall’individuazione e dallo studio dei particolari; scomposizione di un tutto organico nelle sue singole parti.

Chi lavora in pista è abituato all’analisi di numeri e di dati, ma mai come questa volta, a conclusione del Cam­pio­na­to Europeo di Plovdiv, occorre affidarsi all’analisi. Un processo necessario, indispensabile per leggere, capire e valutare i risultati della nazionale italiana che è tornata dalla Bulgaria con un bottino eccellente, fatto di 14 podi totali con tre medaglie d’oro, sette d’argento e quattro di bronzo.

ASSENZE
Primo punto dell’analisi, quello relativo alle assenze eccellenti. Na­zio­­­nali co­me Germania (ad eccezione di Maxi­milian Levy, che ha vinto il titolo nella ve­locità e nel keirin), Dani­mar­ca, Fran­cia e Olanda hanno deciso di rinunciare alla trasferta a causa della pandemia. Una scelta che invece Gran Bretagna, Russia e Italia, sempre per restare a parlare di nazioni al top delle graduatorie, hanno deciso di non seguire, in­viando a Plovdiv i loro uomini mi­gliori.
Impossibile giudicare quale sia stata la scelta giusta, se sia stato rischioso an­da­re in Bulgaria (anche se il conto è di zero casi registrati nei cinque giorni di prove) o se sia stato esagerato rinunciare alla trasferta. Ogni Paese e ogni Federazione ha scelto in autonomia, probabilmente anche in considerazione degli atleti e dei valori a disposizione, ma alla fine gli assenti hanno sempre torto. E chi, come noi, ha potuto assistere alle gare, sa bene che il livello è stato altissimo e che l’assenza che ha pesato di più è stata quella del pubblico, che ha costretto i corridori a gareggiare in un insolito ambiente asettico.

COVID
Il secondo passo dell’analisi riguarda la Nazionale italiana e in particolare quella maschile che ha dovuto rinunciare al suo uomo più forte e a due pezzi da novanta a causa del Covid. Filippo Gan­na - che dopo il Giro d’Italia si era affrettato a dare al ct Marco Villa la sua disponibilità e si era subito recato a lavorare al velodromo di Montichiari - è stato il primo ad essere colpito dal virus. Dopo di lui anche Michele Scar­tez­zini e Liam Bertazzo, con il risultato che il quartetto si è trovato più che di­mezzato, con Villa costretto ad in­ven­tarsi qualcosa di nuovo. Parliamoci chiaro, in quel momento sarebbe stato facile per tutti dire “stiamo a casa an­che noi” e rinunciare alla trasferta, in­vece la scelta è stata completamente differente. Sono stati effettuati nuovi controlli, è stata ritardata la partenza per la Bulgaria, al punto che il quartetto è arrivato solo alla vigilia della gara ed ha potuto fare un unico allenamento di prova in pista grazie alla collaborazione degli organizzatori che hanno aperto il velodromo apposta per i no­stri ragazzi.

UOMINI
Il terzo passaggio dell’analisi ci porta nel cuore della nazionale maschile di Marco Villa. Innanzitutto, i risultati: argento nell’Inse­­guimento a Squadre con la formazione composta da Fran­ce­sco Lamon, Jonathan Milan, Stefano Moro e Gidas Umbri; argento nell’In­se­guimento individuale con Jonathan Mi­lan; argento nella Corsa a punti con Matteo Donegà; bronzo nel Km da fer­mo con Jonathan Milan e infine bronzo nella Madison con Francesco Lamon e Stefano Moro.
In altre parole, il massimo, viste le circostanze.
«I ragazzi ci hanno messo l’anima - spiega con orgoglio il ct Villa - e abbiamo dimostrato di essere un bel gruppo. Essere costretti a rinunciare a Filippo Ganna alla vigilia dell’evento è stato un colpo duro ma l’abbiamo assorbito be­ne. Lui è uno che non si tira mai indietro, ha la mentalità giusta e la sa trasmettere anche a tutti i suoi compagni. Il quartetto non era ovviamente al top, tra l’altro Lamon è arrivato all’Europeo in condizioni non perfette, ma Moro ha pedalato forte e anche Gidas Umbri, all’esordio in una manifestazione di questo livello, si è inserito alla grande. Milan da parte sua è una certezza: dai mondiali di Berlino ad oggi ha acquisito una nuova consapevolezza, il suo 4.06’ nella qualificazione della prova in­dividuale è di valore assoluto e in fi­nale purtroppo ha pagato il poco recupero e la maggiore resistenza di Ivo Oli­veira, che aveva la Vuelta España nelle gambe. Ma Jonathan avrà sicuramente tempo e modo per rifarsi».
E poi ancora: «Nelle specialità di gruppo dobbiamo migliorare ancora, an­che se Moro ha fatto un’esperienza importante nell’ominium e Matteo Do­negà ha sfruttato come meglio non avrebbe potuto la chance che gli è si è presentata. È un ragazzo che finora ha dovuto attendere, ma è sicuramente una risorsa per la nostra nazionale».
Davanti a noi c’è sempre Tokyo.
«Stiamo lavorando per quello e il fatto che la base si stia allargando ci dà ulteriore fiducia. Aspettiamo il ritorno dei nostri leader Elia Viviani e Filippo Gan­na, attendiamo gli ulteriori progressi di Milan, la conferma di Lamon, la crescita di Moro e Plebani, le garanzie di Bertazzo e Scartezzini, uomini nuovi come Umbri. Possiamo lavorare bene per Tokyo e per quello che verrà dopo Tokyo, soprattutto se riusciremo a convincere sempre più corridori e sempre più direttori sportivi ad aprire alla pista, con un cambio di mentalità che auspichiamo da tempo. Praticare la pista fa bene anche alla strada, ormai è un dato di fatto...».

LIVELLO
Per aggiungere un altro tassello alla no­stra analisi, non bisogna guardare solo al livello degli avversari ma a a quello delle prestazioni assolute. E si scopre che l’Europeo di Plovdiv è stato davvero di alto livello.
«A mio parere - spiega Marco Villa - i tempi hanno dimostrato che è stato un Europeo di livello e sono convinto che i nostri risultati non sarebbero stati molto diversi anche alla presenza di un campo completo di partecipanti».
Un concetto ribadito anche dal suo omologo della nazionale femminile, Di­no Salvoldi: «Sicuramente ci sono state molte defezioni, ma il livello delle gare si è dimostrato alto. Attenzione però, le nostra medaglie non sono state conquistate per mancanza di competizione, perché l’agonismo c’è stato e come ho detto il livello era alto. La nazionale più forte, la Gran Bretagna, a questo ap­puntamento si è presentata al completo, solo la Germania e l’Olanda so­no mancate, mentre la Francia non avrebbe fatto una grande differenza per noi».

DONNE
Le parole del ct Salvoldi ci portano ad analizzare quanto accaduto in campo femminile per la nostra nazionale. E anche in questo caso, cominciamo dai risultati. Oro e titolo europeo nello Scratch con Martina Fidanza; oro e ti­tolo europeo nell’Omnium con Elisa Bal­samo; oro e titolo europeo nella Ma­dison con Elisa Balsamo e Vittoria Guazzini. Argento nell’Inseguimento a Squadre con Martina Alzini, Elisa Bal­samo, Rachele Barbieri, Chiara Con­son­ni, Vittoria Guazzini (con tanto di record italiano in 4’13”632); argento nell’Eliminazione con Rachele Bar­bieri; argento nell’Inseguimento In­dividuale con Martina Alzini (anche per lei record italiano in 3’26”836), argento nella Corsa a punti con Silvia Zanardi. Per finire, bronzo nell’In­se­gui­mento Individuale con Silvia Val­secchi e bronzo nei 500 TT con Miriam Vece.
Anche per quanto riguarda la spedizione femminile, da registrare alcune as­senze di rilievo - due nomi su tutti, quelli di Letizia Paternoster e Maria Giulia Confalonieri - ma una risposta di gruppo davvero eccellente, con la cre­scita esponenziale di Elisa Balsamo che è ormai un atleta di livello assoluto, il recupero di Rachele Barbieri e l’avanzare di giovani talenti come Vittoria Guazzini e Silvia Zanardi.
«L’ultimo periodo di gare su strada ci ha aiutato ad arrivare a questo appuntamento sicuramente più preparati - sottolinea il ct Salvoldi -. Devo ringraziare tutte le ragazze perché hanno la­vorato tanto in vista di questo impegno. Abbiamo ottenuto risultati di pe­so al cospetto di nazioni come la Gran Bretagna, ma la nostra è una squadra molto giovane che deve crescere in particolare sotto il profilo tattico. Più si fanno gare e più si impara a reagire a livello individuale, non dobbiamo di­menticarci che noi abbiamo ra­gaz­ze poco più che ventenni che alle Olim­piadi si scontreranno con atlete che hanno dieci anni più e oltre, quindi con la capacità di reagire in modo im­me­dia­to alle diverse situazioni, con va­riabili ed errori improvvisi. Questo for­se è quello che a noi manca, siamo una del­le nazionali più giovani, le nostre ra­gazze sono brave, ma dobbiamo dare loro il tempo di crescere».
Anche in campo femminile l’obiettivo è Tokyo.
«Siamo tra le favorite, ma ci sono na­zionali sicuramente con più possibilità di vittoria rispetto a noi. Le squadre che si giocheranno le medaglie sono note: per omnium e madison oltre alla Gran Bretagna, ci sono Olanda e Stati Uniti, noi siamo al loro livello, anche se con meno esperienza. Per il quartetto sono almeno sei le squadre che possono giocarsi il posto sul podio e poi, come sempre, potrebbero esserci delle sorprese. Noi siamo la squadra che ha più margine, ma ancora ci manca qualcosa per arrivare al livello di Gran Bre­tagna e Stati Uniti. Non dobbiamo di­menticare che per le nostre ragazze Tokyo sarà la prima Olimpiade della loro vita, ma io le invito a pensare ai Giochi come ad un passaggio per tutto quello che ci sarà dopo. Le prossime Olimpiadi saranno tra meno di tre an­ni, dopo Tokyo si partirà subito con le qualificazioni per il prossimo appuntamento».

RUSSIA
Per chiudere l’analisi dal punto di vista tecnico, la novità più importante che abbiamo visto nei cinque giorni di gara a Plovdiv riguarda la scelta tattica della Russia per la gara maschile dell’inseguimento a squadre. Come già accaduto nell’Europeo Under 23 a Fio­ren­zuola, i tecnici russi hanno deciso di schierare nel quartetto uno specialista del chilometro da fermo - a Plovdiv è stato Dubchenko - che tira praticamente da solo nei primi quattro giri, porta i compagni a pedalare sul tempo di 1.01-1.02 e poi si rialza. A quel punto i suoi tre compagni si trovano in vantaggio ri­spetto al quartetto avversario schierato in maniera tradizonale e proseguono lanciati a velocità di crociera. Il piano ha funzionato, visto che è arrivata la medaglia d’oro (complice anche una imperfetta gestione della corsa da parte del quartetto italiano che si ha per­so prima Lamon e poi si è sfaldato dopo una accelerata di Milan), ma è co­munque molto rischioso: in caso di qualsiasi incoveniente - tecnico o fisico che sia - non c’è modo di rimediare e il rischio è quello di restare con un pu­gno di mosche in mano. Ma il bello della pista e dello sport, in fondo, sta an­che in questo: o tutto o niente. Perché va bene l’analisi, ma vuoi mettere il fascino del brivido?

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