Marc Hirschi, the new star

di Francesca Monzone

Il ciclismo che avanza ha deciso di puntare sui giovani emergenti e il suo sguardo si è fermato su Marc Hirschi, uno dei talenti più preziosi di questo sport. Il giovane svizzero che corre per la Sunweb è stato una delle rivelazioni di questo Tour de France, dove ha dimostrato di avere quella classe e grinta che si ritrovano solo nei veri campioni.
Nato a Berna, ad appena 22 anni Marc ha mostrato la sua potenza e determinazione e la capacità di tener testa a quei corridori che partono sempre da favoriti. In Francia ha prima ottenuto un secondo posto dietro Alaphilippe a Nizza, poi un terzo posto a Pau nella tappa vinta da Pogacar davanti a Ro­glic. Era la nona tappa quella e tre giorni dopo, finalmente, è arrivata la vittoria a Sarran, dove ha superato il francese Pierre Roland, che ha tagliato il traguardo con un ritardo di 47” e il danese Kragh Andersen, terzo a 52”. Quella vittoria è arrivata in un giorno speciale, il compleanno di sua madre. Un autentico trionfo il suo, benedetto da Fabian Cancellara, mecenate ed ispiratore di Marc.
In seguito, è arrivato il bronzo al Mon­diale, lui  che la maglia iridata l’ha già indossata a Innsbruck, vincendo nella categoria Under 23. Quest’anno sognava di correre e vincere il Mondiale di ca­sa, in Svizzera a Aigle, ma il Co­vid19, ha fatto saltare tutto e si è corso a Imola, a casa nostra.
Il ventiduenne elvetico ha conosciuto il ciclismo grazie al papà, che per diletto era iscritto a un club amatoriale di Ber­na. A 12 anni ha iniziato a fare mountain bike, poi il padre decise di portarlo a vedere delle corse su strada. An­darono al Tour de France e fu su­bito amore a prima vista. Quelle ruote sottili, che accarezzavano veloci l’asfalto lo conquistarono e, subito, ci fu il passaggio alla bici da corsa. Nella sua vita c’è stato anche il ciclocross, ma lui sapeva che era la strada ad averlo scelto. Durante i primi anni non era male con la mountain bike, ma sulla strada riusciva ad esprimersi meglio. La svolta è arrivata con la categoria juniores. Vincendo, il giovane Marc capisce che il ciclismo sarà la sua vita.
La scoperta viene fatta al GP Rüe­bli­land, una storica gara internazionale per ragazzi, dove taglia per primo il traguardo: Hirschi vince e tra lui e la sua bici è una sfida continua, perché per Marc quello che conta è la precisione e il saper trovare, talvolta in modo ossessivo, la posizione giusta mentre pedala.
«Voglio sapere tutto, la conoscenza è fondamentale per me - ha raccontato il giovane svizzero in Francia -. Sono rimasto sulla mia bici per lunghe ore, cercando di adattarmi con il corpo. Ho raccolto e letto tutti i libri possibili, dalla nutrizione all’attrezzatura, fino all’aerodinamica. Volevo sapere tutto, fin da ragazzo».
Voleva conoscere ogni cosa e quando le risposte dei suoi allenatori non era­no soddisfacenti, Marc iniziava a fare ricerche da solo, finché non trovava le informazioni che cercava. Nei suoi racconti, il fenomeno di Berna si esprime spesso al passato e lo fa anche quando par­la di Alaphilippe, il suo ideale di corridore, che ha spesso analizzato.
«Adesso è diverso, non ho bisogno di guardare come corrono gli altri, era una cosa che mi serviva quando ero ragazzino e dovevo fare tante cose da so­lo. Adesso ho acquisito molte più co­noscenze e posso pensare solo ad allenarmi e correre. Mi rendo anche conto che alcuni dei miei atteggiamenti erano sbagliati, quasi ossessivi e mi causavano stress».
Adesso il campione svizzero è più rilassato, è più sicuro delle sue capacità e molte regole rigide che si era imposto  ora sono cadute.
«Sono più tranquillo sia negli allenamenti che nell’alimentazione e la mattina a colazione mi concedo anche un po’ di Nutella».
Marc adesso ha raggiunto il suo equilibrio, non chiede più al suo corpo di spingere fino al massimo e capisce quando è il momento di fermarsi.
Ha solo 22 anni questo talento, ma pensa al suo futuro in corsa e a capire che tipo di corridore può diventare. «Ho il talento per essere un corridore da grandi giri? Questo è qualcosa che ancora non so. Devo continuare a mi­glio­rare, se i Grandi Giri saranno il mio futuro lo scopriremo presto».
Hirschi nella sua vita ha dovuto imparare a rallentare e per farlo si è servito di un “mental coach”.
Il cambiamento è arrivato nella categoria under 23, quando è nata la necessità di abbassare lo stress. Poi da professionista tutto è cambiato e quelle cose che doveva fare da solo, sono passate ad altri.
«Prima dovevo analizzare tutto. Le tap­pe erano un incubo perché dovevo studiare ogni dettaglio. Adesso è più facile, in squadra abbiamo molti esperti che lavorano per noi e ci danno quelle informazioni che prima dovevamo reperire da soli».
Abbiamo parlato di un personaggio chiave nella vita di Marc Hirschi: si trat­ta di Fabian Cancellara, amico e agente di questo prodigio.
«Abitavamo vicino ed è stato facile entrare in contatto con lui. Mi piaceva il suo modo di pedalare, il corpo rimaneva immobile e le gambe si muovevano con scioltezza. Era bello vederlo correre nelle Classiche ed ha saputo darmi tanti consigli che si sono rivelati preziosi per me».
Per Hirschi pensare al futuro non è difficile, sa che ancora non può essere un campione delle grandi corse a tappe e si concentra sulle corse da un giorno. «Mi piace molto la Liegi-Bastogne-Liegi, ero molto a mio agio, ma all’esordio tra i professionisti l’anno scorso sentivo che la gara era troppo lunga per me. Dopo 200 km mi sono sentito vuoto. Devo decidere cosa fare: mi piacciono i Grandi Giri, ma potrei scoprire di essere più adatto alle gare da un giorno. Ognuno di noi ha una propria indole e dobbiamo rispettarla».
Il campione di Berna rimane concentrato,  consapevole delle sue capacità. Ha deciso di vivere ancora in famiglia, per avere meno problemi di gestione e concentrarsi sul suo lavoro d’atleta. Sa che può fare tanto e si impegnerà per raggiungere, presto, nuovi traguardi.

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