DOSSIER COVID. Slongo e Mazzoleni: «Utile il ciclismo virtuale, ma la strada...»

di Giulia De Maio

I professionisti sono i primi a non vedere l’ora di pedalare all’aria aperta, ma hanno dovuto adattarsi all’allenamento indoor a causa della pandemia globale. Come si stanno mantenendo in forma in questo periodo? Lo abbiamo chiesto a due dei preparatori più apprezzati in gruppo: Paolo Slongo, da una vita al fianco di Vincenzo Nibali, e Maurizio Mazzoleni, capo degli allenatori del Team Astana.
«I corridori che seguo li sento una vol­ta a settimana e ogni sera controllo i dati dei loro allenamenti - esordisce Paolo Slongo -. Come in in­ver­no cerco di non stressarli troppo, lo farò quando avremo un piano gare de­finito, sovraccaricarli di pressioni ora non ha senso. Chiedo a ognuno di loro cosa gli occorre, c’è chi vuole delle ta­bel­le perché preferisce avere un riferimento, ad altri bastano delle linee ge­ne­rali. Vin­cenzo appartiene a questa seconda categoria. Dall’inizio del caos generato dal coronavirus c’è una curiosità di base legata al calendario delle ga­re, non appena avremo la nuova versione potremo iniziare a studiare come ripartire. Ini­zial­mente abbiamo vissuto tutti una fase di incertezza e spaesamento, non avendo orizzonti e paletti non sapevamo cosa aspettarci. Ci sia­mo sempre mantenuti aggiornati leggendo i giornali e guardando la tv, ricevendo notizie contrastanti».
E ancora: «Personalmente ne ho ap­profittato per sbrigare il lavoro rimasto in arretrato, mi sono dedicato all’archivio e alle statistiche. Durante la stagione non c’è mai tempo, siamo sempre a “rincorrere”, le faccende non prioritarie si accumulano, ma ormai mi sono messo alla pari con i report» spiega il direttore sportivo della Trek-Sega­fre­do, che ha finito anche di imbiancare casa.
«Per quanto riguarda gli allenamenti dobbiamo distinguere tra i paesi nei quali i professionisti possono andare su strada, come in Belgio, Olanda, Sviz­ze­ra e Germania, e quelli in cui invece so­no costretti a stare in casa, come accade da noi. In generale inizialmente l’idea era di mantenere la condizione perché si ipotizzava che si potesse correre il Giro d’Italia a giugno, con il passare del tempo, quando abbiamo capito che l’emergenza sarebbe durata ben più a lungo, abbiamo preso un’altra piega, mollando un po’ di più. At­tual­mente è come se ci trovassimo tra dicembre e gennaio, a inizio stagione. Non abbiamo perso tutto quello che avevamo accumulato, ma stiamo svolgendo lavori blandi, siamo tornati in pa­lestra, cercando di mantenere un li­vello di condizione discreto il più a lungo possibile. Per non fare differenze, l’UCI ha di­chiarato che prima del via delle gare ci saranno 3-4 settimane perché tutti possano allenarsi regolarmente, a quel punto inizieremo a darci dentro con lavori più specifici, per ora siamo ancora in stand-by. Abbiamo qualche notizia dei grandi giri, ma le date in cui si svolgeranno non sono ancora ufficiali, se non quella del Tour. Il World Tour riprenderà ad agosto ma a luglio non conosciamo i piani delle singole federazioni nazionali. Abbiamo un arco temporale con ancora troppi punti di domanda per stilare obiettivi e programmi. Siamo costretti a re­sta­re in attesa» prosegue il tecnico trevigiano.
«Ci siamo dovuti confrontare con una situazione nuova. Durante la stagione, a parte per la ripresa post infortuni, non ci era mai capitato di vivere una fase senza gare. Le due necessità principali sono state di mantenere la condizione al 60-70% e il fisico mediamente allenato, vale a dire senza aumenti del peso superiori a 1-2 chili rispetto al pe­so forma» racconta Mazzoleni che, con la moglie Alice, guida il centro Modus Vivendi di Presezzo (BG) che si occupa di fitness personalizzato, preparazione atletica e rieducazione motoria a 360°, a cui si affidano sportivi e squadre di ogni livello, dai giovani ai prof.
«In Astana abbiamo riorganizzato le giornate degli atleti, considerando che non è semplice per nessuno incastrare le esigenze familiari a quelle lavorative. Tanti hanno bambini, che essendo a ca­sa da scuola vanno gestiti, quindi le sessioni di allenamento devono essere coordinate con le loro esigenze e gli impegni delle compagne. Essere co­stretti in famiglia è stato bellissimo, ma inusuale e per qualcuno anche un po’ stressante. Abbiamo rivisto i programmi, non replicando gli allenamenti su strada sui rulli ma adattandoli. L’effetto non è comparabile: nell’allenamento indoor manca l’attrito di aria e asfalto, il feedback che il corridore ha su strada è un’altra cosa; ma i rulli sono comodi per dare degli stimoli alla muscolatura, dei “richiami” in attesa che nei vari Paesi venga dato il via libera a tornare su strada».
Anche i preparatori sono stati obbligati allo smart working. Il ciclismo è uno sport globale, le squadre sono società internazionali, con atleti sparsi in ogni angolo del pianeta.
«Alcuni corridori fanno fatica a fare quello che dovrebbero anche se hanno un programma di allenamento da svolgere sui rulli non impegnativo. Ri­petere sempre le stesse cose, non poter uscire, per chi è abituato a viaggiare è pesante. In più di un caso devo lavorare più di psicologia e motivazione per far sì che non mollino troppo - continua Slongo. - Le indicazioni di massima che come team abbiamo dato a ra­gazzi e ragazze è di stare attenti al peso, di lavorare con pesi e attrezzi da palestra per mantenere la forza alternando esercizi a secco alla bici. Chi può uscire su strada fa 3 ore, 3 ore e mezza, con lavori a sensazione e a bas­se pedalate. Per chi è costretto in casa non andiamo oltre alla doppia “uscita” quotidiana: 50’ al mattino a digiuno, più un’ora e mezza al pomeriggio. Sui rulli ti surriscaldi, non puoi esagerare. Per variare, anche a livello mentale, non tutte le giornate sono pianificate. In quelle libere, se vogliono si divertono su Zwift, pedalando “al medio”».
«La diffusione del virus nel mondo è avvenuta con tempistiche diverse, neanche in Europa purtroppo c’è stata uni­formità da parte dei provvedimenti as­sunti dai governi delle singole Na­zioni. Dispiace che alcuni atleti avranno a disposizione meno tempo per allenarsi su strada rispetto ad altri ma da quando l’UCI ha ufficializzato le date del Tour de France e una bozza di nuo­vo calendario per ognuno abbiamo stilato un programma di massima in mo­do da farci trovare pronti al momento della ripresa dell’attività» aggiunge dal canto suo il tecnico bergamasco che di­rige il gruppo dei preparatori della formazione kazaka.
E ancora: «L’atleta professionista sul rullo può seguire la tabella specifica fornita dal proprio allenatore, che prevede richiami di forza e interval training, oppure partecipare a gare virtuali online. Personalmente consiglio questa seconda modalità per mantenere vivo lo spirito agonistico e stare in compagnia degli amici con i quali non possiamo pedalare, senza pensare di usarla per svolgere lavori specifici. La diversità dei materiali utilizzati e dei numeri inseriti offre risultati poco attendibili, le piattaforme virtuali sono l’ideale per svagarsi un’ora usando un simulatore. Per migliorarsi, durante il lockdown, è giusto lavorare su aspetti che durante il corso della stagione si trascurano: stretching, ginnastica posturale a corpo libero, core stability. Queste attività, inserite nella quotidianità, e alternate alla parte aerobica sui rulli, sono l’ideale. Per gli atleti che possono uscire so­lo nei pressi del proprio domicilio ab­biamo inserito sedute di jogging e mtb vicino casa, negli stati che non hanno applicato norme di restrizione allo sport all’aria aperta abbiamo continuato il protocollo su strada diminuendo i carichi in attesa dei calendari. Dopo l’ultima comunicazione dell’UCI che ci dà speranza per un ritorno alle corse, non prima del mese di luglio, abbiamo stilato un macro-programma dalle pri­me gare a ritroso fino alla prima uscita su strada. Non appena saranno consentiti, organizzeremo allenamenti di gruppo suddivisi per nazione di appartenenza».
In attesa delle gare reali, i professionisti si sono impegnati in quelle virtuali. E c’è anche chi come Giulio Ciccone ha compiuto una vera e propria impresa, l’Everesting sui rulli. 10.392 metri di dislivello, 254 km per un totale di 11 ore e 19 minuti sul terrazzo di ca­sa.
«Una “pazzia” che in questo periodo ci sta, una bella iniziativa per sostenere una causa benefica e dare un ritorno di immagine agli sponsor. Io sono convinto che se un corridore fa quello che gli piace, che ha voglia di fare, ne trarrà beneficio, anche se il giorno do­po non riesce a camminare, come è suc­cesso a lui. Ovviamente senza im­provvisare e prendendo tutte le precauzioni del caso, alimentandosi e idratandosi a sufficienza. E poi, diciamocelo, avrà tempo per recuperare... Perso­nalmente, le gare virtuali le trovo interessanti e penso siano un’opportunità che potremo continuare a sviluppare anche quando il Covid-19 sarà un ricordo. È bello che, a spot e non con la frequenza di questi giorni, gli appassionati possano confrontarsi con il campione, da casa propria, in tutto il pianeta. L’unica difficoltà è scegliere il fuso orario iedale per riuscire a mettere d’accordo tutti».
A differenza del giovane compagno abruzzese, Nibali non è un amante dei rulli.
«Abitando in Svizzera Vincenzo è tra i fortunati che qualche uscita in mtb o su strada può svolgerla. In base a come si sveglia prende una bici o l’altra - confida Slongo. - Ogni tanto anche lui pedala sui rulli, ma conoscendolo se avesse dovuto usare solo quelli gli sa­rebbe pesato, come e più che a tutti gli altri ragazzi che seguo. Due mesi ab­bondanti di rulli sono davvero tanta roba».
L’Astana ha indossato la prima maglia rosa del Giro d’Italia Virtual grazie al debutto vincente di Alexey Lutsenko (44’41”, miglior tempo individuale di tappa) e Davide Martinelli che hanno realizzato il miglior tempo complessivo di 1h35’04”.
«La corsa rosa a cui a rotazione stanno partecipando tutti i nostri corridori è un modo simpatico per stare insieme e dare uno stimolo agli atleti. Grazie ai mezzi di comunicazione a disposizione abbiamo la fortuna di poterci confrontare assiduamente. Il ciclismo è uno sport individuale ma si pedala sempre insieme, quello che manca di più è proprio il ritrovarsi con lo staff e gli atleti. A proposito di umanità, una delle storie più belle in questo periodo ce l’ha regalata Davide Martinelli, che come il sottoscritto vive in una delle zone epicentro della pandemia, Bergamo e Bre­scia sono tra le province che hanno pianto più vittime e nelle quali il tessuto sociale è stato fondamentale. Ve­der­lo consegnare medicinali agli anziani di Lodetto con il suo strumento di lavoro è stato un gesto simbolo di questo pe­rio­do, nel quale le istituzioni non sono bastate, ognuno di noi ha dovuto metterci del suo aiutando il prossimo».
La quarantena ci ha insegnato che i rulli servono per svolgere lavori specifici, per certi aspetti in modo più preciso che sulla strada. Continueremo a usarli anche quando non ci saranno più limitazioni alla circolazione?
«Per la mia esperienza, lo stradista classico il rullo in genere lo ama solo per svolgere riscaldamento e defaticamento o quando per 2-3 giorni di se­guito è brutto tempo e fa freddo, quindi per paura di ammalarsi lo predilige all’uscita su strada. Per quanto riguarda altre discipline, come la pista, ripenso a Callari e ai lavori svolti dal quartetto di Atlanta, è sicuramente allenante. Chiaramente dipende da come e quando lo usi. Chi vive in luoghi in cui l’inverno è più rigido e lungo che da noi ha più senso che preferisca il rullo all’uscita su strada. Mi viene in mente Kreuzi­ger ai tempi della Liquigas che d’inverno si allenava con lo sci di fon­do e i rulli o Sagan che si cimentava nel ciclocross e nella mtb e in ritiro arrivavano comunque allenati» afferma Slon­go, che chiosa con una battuta.
«Pedalare su strada è differente: ti muo­vi, vedi il paesaggio, ti senti libero. Sui rulli sei vincolato, la pedalata è li­mitata, la bici resta fissa, ma devo dire che i ciclomulini più moderni sono davvero sofisticati. Watt in più o in meno, riproducono l’uscita su strada in modo molto più fedele rispetto ai mo­delli di qualche tempo fa, sui quali non potevi superare una certa velocità se no la ruota slittava. La tecnologia ha davvero fatto passi da gigante. Se questa reclusione forzata fosse accaduta solo pochi anni fa non so come avremmo fatto...» conclude Slongo.
Il ciclismo virtuale può essere divertente, ma quello vero resta un’altra cosa. Mazzoleni ne è convinto: «I rulli smart vanno utilizzati quando il clima è av­verso o le condizioni atletiche non ci permettono di uscire su strada come quando un atleta è infortunato. In quel caso sono un valido strumento, la mi­glior sostituzione ad una pedalata all’aria aperta, altrimenti il gesto tecnico su strada resta impareggiabile. Per i lavori specifici di forza vanno bene pressa o  squat, ma per i professionisti l’allenamento su strada resta la prima scelta. I ragazzi non vedono l’ora di scendere dai rulli e tornare su strada».

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