Covi, talento che cresce

di Giulia De Maio

Il migliore azzurro al Giro d’I­ta­lia Giovani Under 23 è stato Alessandro Covi, unico italiano a finire nella top ten della classifica generale. Il diciannovenne varesino del Team Colpack ha chiuso ottavo, stremato ma felice. «È stato un Giro duro, forse fin troppo, almeno per le mie caratteristiche. Non sono uno scalatore, ho faticato tanto in montagna, ma non mi aspettavo di fare così bene. Speravo di riuscire ad andare a risultato al campionato italiano proprio a ca­sa mia, a Taino, ma evidentemente non sono riuscito a recuperare al meglio dopo le fatiche della corsa rosa. Il Giro è stato difficile anche perché mi sono ammalato a due giorni dal termine, ho dovuto fare i conti con un po’ d’influenza, ho pagato ma ho cercato di di­fen­der­mi e alla fine posso essere soddisfatto» ci ha raccontato il varesino che sta crescendo con la maglia del Team Col­pack.
Sulle strade di casa non è riuscito a conquistare la maglia tricolore che tan­to sognava, ma può dirsi soddisfatto di un inizio di estate ricco di esperienze e passi in avanti verso una carriera che ha tutte le carte in regola per fiorire al meglio.
«Avevo iniziato questo Giro senza sa­pere se puntare solo alle tappe o anche alla classifica e con il team abbiamo deciso di vedere come andava giorno per giorno. Non avevo mai disputato più di quattro giornate di gara consecutive. Nel finale ho avuto qualche problema di febbre e mal di gola, ma sono comunque contento di essere riuscito a chiudere bene la mia corsa e di essere stato il migliore degli italiani. Per il futuro non so se potrò diventare un corridore da corse a tappe o da classiche. Per le prime non mi ritengo “fortissimissimo” in salita. Il mio sogno sarebbe vincere una Amstel Gold Race come ha fatto Damiano Cunego, che è il mio idolo» aggiunge in una riflessione più a freddo.
Alessandro è cresciuto in una famiglia di ciclisti: mamma Marilisa Giucolsi è stata una ciclista professionista (così co­me il fratello Roberto, tricolore dilettanti nel 1991, ndr) e ora è casalinga, papà Andrea ha corso tra i dilettanti, la sorella Marina è l’unica in casa a non avere nulla a che fare con la bici. In tasca ha un diploma professionale da elettricista, ma in testa ha tutt’altra professione. «Per l’anno prossimo non so se passare tra i big o disputare un’altra stagione tra i dilettanti. Sono indeciso, mi farò consigliare da Johnny Carera, il mio procuratore. Proposte per fare il grande salto tra i professionisti ne ho, anche se di contratti non ne ho mai visti. Di certo, qualunque cosa sceglierò, a fine stagione devo farmi togliere le tonsille perché mi creano sempre infezioni».
Vecchia conoscenza della nostra testata, che l’ha premiato con l’Oscar tut­toBICI sia da esordiente che da junior, ha iniziato a pedalare a sei anni. «Vado in bici dalla categoria G1. Dopo aver provato un po’ di sport ho fatto mia la passione di entrambi i miei genitori, ho scelto quello che indubbiamente mi piace di più. Il ciclismo insegna a saper perdere. Da piccolo la sconfitta può sembrare la fine del mondo, ma andando avanti tra un successo e una caduta si impara che nella vita a volte si perde e a volte si vince. Bisogna ac­cet­tarlo».
Appassionato di atletica, tifa Milan, e nel tempo libero, soprattutto d’inverno, si diletta con qualche partitella a calcetto con gli amici e con il motocross.
Vincitore quest’anno del Gp La Torre di Fucecchio, della cronosquadre in Versilia, della terza e quarta tappa della Bildasoa Itzulia in Spagna (equivalente del Giro dei Paesi Baschi dei prof, ndr) e della Coppa Cicogna, è atteso, anche in maglia azzurra, a una importante seconda parte di stagione. Mau­rizio Mazzoleni, allenatore della Asta­na e della Colpack, è pronto a scom­met­tere sulle doti del ragazzo: «Ales­sandro ha talento, valori fisici importanti e il ca­rattere giusto. Deve crescere ma nella massima categoria potrà fare bene», dice il preparatore bergamasco. Se son rose, fioriranno.

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