PROFESSIONISTI | 25/01/2017 | 16:37 Un improvviso e fatale attacco cardiaco ha tolto dall'affetto dei suoi cari e dei suoi tifosi il 31enne ciclista ucraino Dmytro Grabovsky, atleta molto conosciuto ed apprezzato in Italia e soprattutto in Toscana. Da tempo impegnato in una difficile, improba lotta contro depressione e alcolismo, questo ragazzone solare e dotato da madre natura di potenzialità enormi, da vero campione, ha vissuto probabilmente la parte più felice della sua breve carriera ciclistica sulle strade toscane.
Ce ne parla Angelo Citracca, general manager del rinnovato team professional Wilier Triestina-Selle Italia-Nuova Comauto, che accolse Grabovsky nello storico ritiro di San Baronto già a partire dalla primavera del 2005. A salutarlo c'era ovviamente anche il diesse Luca Scinto, che da parte sua ha appreso la ferale notizia al Tour argentino di San Juan, dove stanno attualmente gareggiando i ciclisti del team Wilier-Selle Italia-Nuova Comauto.
«Dmytro faceva parte della nazionale ucraina dilettanti e quando si aggregò a noi capimmo subito di avere a che fare con un atleta dalle enormi potenzialità, un vero, grande talento in crescita. Sempre nel 2005, infatti, vinse il campionato europeo della crono e il mondiale Under 23 su strada a Madrid, confermandosi come uno dei giovani emergenti a livello internazionale più interessanti. Nel 2006 vestì finalmente la casacca della nostra formazione dilettantistica, la Finauto-D'Etoffe-Neri e subito arrivarono i trionfi al Giro delle Regioni, con il corredo di tre successi di tappa e il bis nel campionato europeo a cronometro individuale».
Un curriculum davvero impressionante... «Pochi ciclisti sono riusciti ad ottenere simili e importanti risultati in un arco di tempo così breve. Dmytro possedeva sicuramente le stimmate del campione, ma a posteriori si può forse dire che si sia trattato di un eccezionale talento che si è gettato via in malo modo. Le sue doti fisiche erano favolose, era forte su ogni tipo di percorso e per me avrebbe potuto – un giorno – essere protagonista anche al Tour de France. Invece guardate come è finita...»
Cosa ci faceva in Israele? «Nella zona di Arad vivono e lavorano ormai da parecchi anni i suoi genitori, il padre che è un ingegnere meccanico e la madre che è un medico. Entrambi hanno cercato sempre di aiutarlo ma era assai difficile fare qualcosa quando ricadeva nell'abisso dell'alcolismo. Con l'aiuto della compagna, anche lei ucraina e del figlioletto, Dmytro sembrava avere imboccato la strada giusta per uscire dal tunnel dell'alcolismo e della depressione, ma il destino avverso ha deciso altrimenti».
Anche voi avete vissuto delle esperienze dirette relative al vizio di Grabovsky? «Già nel 2006 e 2007 ci furono delle brutte avvisaglie, con alcuni incidenti stradali provocati dall'abuso di bevande alcoliche nei quali Dmytro restò coinvolto. E pensare che era riuscito a diventare professionista con un team formidabile come la Quick Step, godendo della stima e della fiducia di Patrick Lefevere. In quegli anni la nostra squadra dilettantistica era una formazione satellite del dream-team belga, un vero e proprio vivaio che produsse talenti del calibro di Giovanni Visconti o Alessandro Proni. Purtroppo Grabovsky deluse le generali aspettative in quel biennio, anche a causa dei problemi che si portava appresso e così nel 2009 ritornò da noi con la ISD-Neri, restandoci per tre anni senza peraltro ottenere dei risultati significativi».
Com'era il suo carattere? «Era un ragazzo aperto, simpatico, sempre sorridente, che riusciva a fare gruppo. Come atleta, quando non aveva a che fare con alcol e derivati era invece meticoloso e quasi maniacale nell'allenarsi a fondo, duramente. La tipica scuola ucraina. E' davvero agghiacciante questa fine assurda, così come è un peccato che non sia riuscito a sfruttare appieno quelle enormi occasioni che la sua carriera sportiva gli aveva offerto».
Per la cronaca, l'ultimo successo di Grabovsky - prima di dedicarsi a Triathlon e affini - è stato il campionato israeliano a cronometro individuale nel 2015, vittoria sub-judice UCI e ufficiosa, in quanto non aveva ottenuto la nazionalità israeliana.
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