PROFESSIONISTI | 15/01/2017 | 12:42
Ancora qualche giorno, poche ore, probabilmente entro mercoledì si saprà a chi andranno le quattro "wild-card" che daranno l’accesso al Giro numero Cento. Pochi giorni, forse alcune ore, che per le squadre interessate sono davvero interminabili. Sereno Bruno Reverberi, patron della sua Bardiani Csf, che con la conquista della Coppa Italia si è messo al sicuro: al Giro d’Italia numero 100 i suoi ragazzi ci saranno. Ben diverso il sentimento di Gianni Savio, Angelo Citracca e Francesco Pelosi, rispettivamente team-manager di Androni Giocattoli, Wilier Selle Italia e Nippo Vini Fantini De Rosa. Tre team che sperano di poter staccare i tre lasciapassare che per loro è questione di vita e di morte: sportiva, s’intende.
La speranza, la nostra speranza è che mai come quest’anno, in occasione dell’edizione numero 100, le squadre italiane possano avere ancora una volta un occhio di riguardo. Un anno fa dietro la lavagna è finita l’Androni Giocattoli, quest’anno una nuova bocciatura sarebbe letale. Proprio quest’anno che il cast di partecipazione sembra essere davvero stellare, con un Quintana che non ha dato ancora il suo definitivo assenso ma ci sarà, oltre a Nibali, Aru e una truppa forestiera di prima grandezza che passa da Geraint Thomas a Landa, da Mollema a Kruijsqijk e via elencando. Mai come quest’anno, in un periodo difficile per il nostro movimento, per la nostra economia, speriamo che il Giro si metta la mano sul cuore come da anni fa. I rumors sono sempre i soliti: ognuno dice la sua, la sa sempre più lunga. Quattro licenze a tutte e quattro le italiane, magari. No, una la bocciano, speriamo di no. No, due sole saranno le squadre inviate, le altre due straniere: sarebbe la fine. È un gioco al massacro, che non è nemmeno tanto divertente. E in questo gioco c’è chi suggerisce a Mauro Vegni, nella posizione più che scomoda quella di dover decidere con altri quattro importanti dirigenti di Rcs Sport (commissione dei saggi), di far correre team composti da soli otto corridori anziché nove, in modo da allargare a cinque le “wild-card”. Oppure chiedere direttamente all’Uci una deroga per poter sforare in tal senso.
Insomma, la decisione non è né semplice né tantomeno scontata, ma ne va del futuro del nostro movimento già cianotico, asfittico, senza fiato. Il nostro movimento professionistico rischia davvero di subire un ulteriore colpo, che potrebbe essere quasi letale. Non abbiamo più team di World Tour, ci restano quattro squadre di seconda divisione, ma se soltanto una resterà a casa, questa, quasi certamente, cesserà la propria attività. Non è un ricatto, forse non è nemmeno giusto che il Giro abbia sulle proprie spalle questo tipo di responsabilità, ma per l’ultima volta, proprio perché è il Giro delle 100 edizioni, che questa corsa sia davvero e fino in fondo un festival italiano per il ciclismo nel mondo e non il funerale di una o due formazioni che rischieremmo di perdere. Vegni, Bellino, Cairo, Bergonzi e chi sarà chiamato con loro a decidere - se saranno loro a dover decidere - per una volta ancora, per l’ultima, diano una mano al movimento. Poi parlino chiaramente, lo dicano senza esitazione e tanti giri di parole: questi sono i requisiti che il Giro pretende vuole e richiede dal 2018. Queste sono le cose che noi vi chiediamo di avere per poter ambire ad una corsa che punta a nuovi spazi nel mondo. Non è questione di essere buonisti, ma di essere giusti. Almeno per una volta ancora. L'ultima.
Pier Augusto Stagi
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