
Campionato del Belgio. Né strada né pista, ma home trainer, cioè bici da corsa sui rulli. Specialità: 500 metri con partenza (e in un certo senso, anche arrivo) da fermo. Tre prove. Nella prima immobilizza il cronometro sul 17”1. Ottimo, perché il record del mondo è 17” netti. Nella seconda prova si supera: 17”, primato eguagliato. Ma c’è ancora la terza prova, e qui stupisce: 16”9. Ed entra nella storia.
E’ il 1966. Giuseppe Palladini – ma tutti lo chiamano Peppino, o anche Peppino l’italiano – non ha ancora compiuto 22 anni, è dilettante, indossa una maglia della Salvarani conquistata qualche anno prima, con una bicicletta Bianchi, quando Luciano Pezzi voleva inserirlo nel suo squadrone e per sedurlo, per convincerlo, per legarlo, gliele regalò. Poi una caduta, un infortunio, e addio tram. Ma la passione è rimasta, la bici e la maglia pure, e Peppino ha continuato a pedalare, a gareggiare e anche a vincere, fino al nuovo record del mondo.
Peppino segue il padre. Abruzzese, minatore, emigrato in Belgio, la vita consumata nei labirinti scavati verso il cuore del pianeta e nelle vene di carbone e chiusa a tre giorni dalla pensione. Così Peppino viene chiamato a sostituire il padre. E del primo giorno di lavoro, a 17 anni, il 2 febbraio 1962, nella miniera di Boubier a Chatelet, conserva casco, occhiali e maschera. Per non dimenticare, soprattutto per non far dimenticare. Perché lui, quei cunicoli, quei sotterranei, quelle gallerie, fino a 1250 metri di profondità, se le porta sempre dentro.
Ma c’è il ciclismo. Comincia proprio a Chatelet. Un giorno passano due corridori con la maglia della Bic, che era come dire la Juventus del ciclismo. Quel “vieni via con noi” suona come una canzone. Camicia sbracciata, pantaloni corti, scarpe da tennis. Bici normale, ma a cui, un po’ per sport e un po’ per dignità, ha tolto i parafanghi. Una cinquantina di chilometri verso Namur: quando parte un Bic, Peppino lo insegue e lo raggiunge, quando parte l’altro, Peppino lo insegue e lo raggiunge, e quando finalmente arrivano a destinazione, gli altri hanno il fiatone, Peppino no, e forse si sente quasi un campione. E allora, fra un turno e l’altro, emerge dalla miniera e si lancia sulla strada.
(fine della prima puntata – continua)
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