PROFESSIONISTI | 25/05/2016 | 08:36 1 Se fosse basket, sarebbe playmaker. Se fosse canottaggio, timoniere. Se fosse pallavolo, libero. Se fosse boxe, mosca. Ma è ciclismo, dunque: scalatore. Se fosse aria, sarebbe sottile. Se fosse acqua, trasparente. Se fosse terra, verde. Se fosse fuoco, brace pronta a divampare. Ma è della Basilicata, dunque: Magna Grecia.
Ha un nome festivo, Domenico, e un cognome profondo, Pozzovivo. Viene da un paese, Montalbano Jonico, che ci appare all’orizzonte sempre accarezzato dalle prime luci del giorno. E lui, Domenico Pozzovivo, lo abbiamo dipinto come scoiattolo, descritto come marmotta e paragonato a pulce, a seconda delle giornate, delle salite e della fantasia. E’ il più colombiano dei corridori italiani, un “escarabajo” nel suo scalare e arrampicare, nel suo artigliare, fra pareti e muri, su Alpi, Appennini e Pirenei.
Ha cominciato a correre da emigrante, forse ancora minorenne, in Piemonte, Brianza, Toscana e Veneto: e nella casetta della Zalf-Fior ancora si indica una camera come “quella di Pozzovivo”, forse perché ci trascorreva più tempo di tutti gli altri dilettanti, sempre chino, non più sul manubrio, ma sui libri. Tant’è che ha una laurea nel cassetto, in Economia (e la tesi: “Politiche meridionalistiche dall’Unità d’Italia ai giorni nostri”), e un sogno nel comò, un grande giro, come uno sherpa che pianta una bandiera su un ottomila. E’ l’unico corridore capace di passare, con lo stesso valore, da Schubert e Chopin al pianoforte a Vars e Izoard sui pedali. Perché anche i pianoforti hanno la loro pedaliera, e anche le bici hanno i loro tasti, più o meno dolenti.
“Pozzo” porta in Giro il suo dorsale numero 1 non per il curriculum o il palmares, ma per essere – a suo modo - esempio, modello, stile, anche di candore, dunque di onestà. Lui c’è sempre. Magari non davanti a tutti, ma subito dietro ai primi. E’ accaduto anche ieri, sulla Paganella, quando ha unito il proprio destino a quello di Vincenzo Nibali. Domenico con il numero 1, Enzo con il numero 11, un tris d’assi insufficiente per tenere lo stesso passo dei Valverde ma anche degli Ulissi. E quando Nibali, abbattuto, dava tutto ma quel tutto era troppo poco, Pozzovivo, sfinito, ha finalmente trovato le forze per regalargli qualche cambio. E al traguardo lo ha preceduto, come un chierichetto fa con il sacerdote quando, finita la Messa, scende dall’altare ed esce di scena. Marco Pastonesi
Al colombiano Chaves nn gli ha dato mai un cambio ed è uno scalatore ma per professione fa il succhia ruote e sempre li ultimo del gruppetto non rilancia mai l\' azione in tt le gare viste in TV. Poi in gara gli capita di dare la stoccata per andare a fare qualche vittoria corridore amorfo
sermonetan
26 maggio 2016 00:16lodz
ma che emerito idiota sei ?!? ;)
INGUARDABILE
26 maggio 2016 11:05FORCING
IO NON RIESCO A GUARDARLO IN BICI ! NON SO VOI
26 maggio 2016 11:29capo9
bellissimo articolo .....per quanto riguarda il commento
dovresti solo vergognarti...e portare rispetto per tutti
i sacrifici che fanno dal primo a l'ultimo atleta
quindi nn vado oltre perche nn ti sei neache dichiarato con un nome e cognome..
sai scrivere solo anonimo...vergognati....
risposta
26 maggio 2016 11:46capo9
complimenti bellissimo articolo
per quanto riguarda il commento fatto, nn voglio commentare a una anonima
una cosa mi sento di dire....cerca almeno di portare rispetto a tt gli atleti
per i sacrifici che fanno...vergognati....franco caporusso.
parabola discendente
26 maggio 2016 13:56pickett
Anche lui,come Nibali,ha toccato lo zenit due o tre anni fa,poi ha cominciato a calare.Tra i corridori italiani,é sicuramente il MENO colombiano di tutti,visto che non attacca mai,neanche a puntargli un fucile alla schiena.Ha perfettamente ragione Sermotan a scrivere che sta sempre a ruota.Non per calcolo o per furbizia,però,ma perché è il massimo che gli consentono i suoi mezzi.
Domenico Pozzovivo è fra i primi 10 ciclisti più bravi al mondo.
26 maggio 2016 16:35Lupo74
%u201CIl ciclismo è fame, sudore, sofferenza, freddo e pioggia. E poi c%u2019è la fatica%u201D. La bicicletta insegna, infatti, cos\'è la fatica, cosa significa salire e scendere - non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri - insegna a vivere. Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di se stessi. Domenico Pozzovivo ne è l\'emblema per chi conosce il suo percorso fino ad oggi. Conosciamo la sua famiglia, persone serie e responsabili che hanno accompagnato e accompagnano ancora oggi Domenico. Lo fanno nella gioia e nel dolore che questo sport comporta. Hanno la passione nel cuore. Noi lucani siamo fieri di famiglie come queste e atleti come Domenico. Vederlo fra i primi 10 del mondo è la prova di chi è e da dove viene. Complimenti e
grazie di cuore. GIUSEPPE LIPARI
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