GIRO. DIAMO I NUMERI: 1937 BERNARDELLE

PROFESSIONISTI | 09/05/2016 | 07:22
1937
Quella St.Vincent-Courmayeur, Giro d’Italia 1959, con il freddo, la neve, il Gran San Bernardo: “Presi una tale cotta che non riuscivo più ad andare avanti, neanche a spinta”. Quella Fiuggi-Montevergine di Mercogliano, Giro d’Italia 1962, con il suo capitano, Vincenzo Meco in maglia rosa, che non voleva ripartire: “Pensavamo a tutta la fatica fatta e a tutta quella che avremmo dovuto fare per non arrivare fuori tempo massimo”. Quella prima tappa del Giro della Sicilia 1959, con la sua prima e unica vittoria: “Per arrivare prima degli altri, dovevo staccarli tutti, e non era facile”.

Giuliano Bernardelle, classe 1937, vicentino, gregario, racconta. Di quando era bambino: “Pane e ciclismo, tutti appassionati in famiglia, nonni, papà, zio. La prima bici una Legnano color verde oliva, regalo di papà, comprata dallo zio rappresentante della Legnano, che non ci fece sconti, 43 mila lire, una cifra enorme, pagata a rate”.
Di quando era ragazzo: “La prima corsa a Vicenza, da esordiente, un centinaio alla partenza, io quarto all’arrivo. La prima vittoria a Vicenza, da allievo, il traguardo dietro il Monte Berico, staccai tutti, arrivai da solo”. Di quando era corridore: “L’ultimo anno da dilettante ne vinsi 15, eppure feci fatica a passare professionista, prendevo 50 mila lire al mese ma per 10 mesi, come se gli altri due si vivesse di aria”.

Un anno alla Torpado, più due all’Atala e altri due alla San Pellegrino, dove aveva Gino Bartali come direttore sportivo. “Era una squadra che partiva senza capitani e gregari, le gerarchie si stabilivano strada facendo”. “Bartali preparava, organizzava, controllava, pretendeva, poi ci aspettava in albergo e tuonava: ‘Tutto sbagliato, tutto da rifare’, e ‘Dovete dare e fare di più’. Dopo la cena ci bastonava, finché cominciava a raccontare di quando spiava Coppi, di quando la bici di acciaio pesava 13-14 chili e di quando limava gli ingranaggi per risparmiare qualche grammo”. “Quella volta che in un albergo di Roma, vicino alla Stazione Termini, ci presentammo in tuta e ciabatte, il direttore di sala s’infuriò e ci mandò via, ‘Tornate in giacca e cravatta’, Bartali venne a cercarci perché nessuno era sceso, la verità è che nessuno di noi aveva la giacca e la cravatta, allora Bartali s’infuriò con il direttore di sala e ci autorizzò a presentarci in tuta e ciabatte”. “Quella volta che, alla vigilia di una corsa a Pistoia, dopo il massaggio e il riposino, andammo tutti al cinema, e quando si riaccese la luce, nella nebbia perché allora al cinema si poteva fumare, c’era Bartali, furente e furioso, che ci urlò ‘Lazzaroni, fuori di qua’”.

Vecchio Bernardelle: “Smesso di correre, con i risparmi comprai casa”. Poi ha sempre diretto il traffico: “Per 28 anni ho fatto il vigile e per 36 il direttore sportivo”. Tutto sbagliato, tutto da rifare? “Bartali non esagerava”.

Marco Pastonesi
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