VAN AERT. «CORRO PER ESSERE LA MIGLIORE VERSIONE DI ME STESSO, ORA MI SENTO FELICE»

PROFESSIONISTI | 21/11/2025 | 09:41
di Francesca Monzone

Wout van Aert è appena rientrato dagli  Stati Uniti, dove  è stato impegnato per un tour promozionale che lo ha visto impegnato sia per Red Bull che per il produttore di bici Cervélo. Il belga negli USA si è rilassato e divertito, ma ha trovato anche il tempo per fare delle riflessioni, non solo sulla stagione appena finita, ma anche su come vede il suo futuro.  


L'ultima gara di Van Aert è stata lo scorso 20 settembre alla Super 8 Classic in Belgio, poi sono iniziate le vacanze con la famiglia e tra le sue tappe c’è stata anche l’Italia, con Roma e Venezia. Dopo ci sono stati gli incontri con il suo team, la Visma-Lease a Bike e per finire il viaggio negli USA, prima di ritrovarsi nuovamente a dicembre con la squadra per pianificare il programma del 2026 e vedere anche, come inserire delle gare di ciclocross.


«Questa stagione è stata una delle più difficili della mia carriera – ha raccontato Van Aert – perché venivo da due gravi infortuni nella stagione precedente: dopo l'incidente ad Attraverso le Fiandre, sono caduto di nuovo alla Vuelta e da un punto di vista psicologico è stato difficile».

Il belga si è sempre rialzato dopo i suoi incidenti: lo abbiamo visto ripartire dopo il grave infortunio al Tour de France del 2019, quando colpì una transenna lacerandosi il polpaccio con la paura di finire la carriera e lo abbiamo visto anche in seguito ripartire sempre dopo una battura d’arresto. Le ultime due stagioni però, sono state più difficili e riprendersi è stato più complicato del previsto e in particolare sul fiammingo ha pesato il dover rinunciare a quei grandi obiettivi, come le Classiche di Primavera, per le quali aveva lavorato duramente. 

«Semplicemente lo scorso anno ho avuto un altro grave infortunio, dopo quello precedente. Ogni atleta è abituato a battute d'arresto e a tornare ai massimi livelli, ma quei due infortuni così ravvicinati, mi hanno fatto sorgere la domanda: voglio continuare a correre in bici? Ho davvero lottato mentalmente per superare tutto questo».

E aggiunge: «Per fortuna, la maggior parte delle mie cicatrici sono coperte quando indosso il mio completo da gara. Ma ogni volta che guardo il mio ginocchio destro, vengo catapultato indietro a quello che ho passato. Non lo considero qualcosa di cui andare fiero; quelle cicatrici sono lì ogni momento della giornata a ricordarmi cosa ho vissuto».

Van Aert però, ancora una volta è riuscito a ritrovare la forza per rialzarsi e andare avanti, ma con la consapevolezza di non essere più lo stesso corridore di prima. Il 2025 è stato un anno di recupero, con vittorie di tappa al Tour de France e al Giro d’Italia, ma le vittorie a quelle Classiche che lui ama tanto purtroppo non sono arrivate: ha ottenutoinfatti  due quarti posto alla Parigi-Roubaix e al Giro delle Fiandre.

«Non ho avuto tempo libero lo scorso inverno perché volevo tornare ai massimi livelli il più velocemente possibile. Poi ho fatto una buona stagione nelle Classiche, ma mancava quella vittoria decisiva. Dopo la primavera, mi è mancata la conferma e quindi il poter dire che ero finalmente tornato».

Per fortuna però, la vittoria del Giro a Siena, sul percorso di Strade Bianche ha riacceso la speranza nel belga, che ha poi potuto continuare la stagione, con una visione diversa. «Ho iniziato il Giro un po' male, ma tutte queste cose insieme hanno reso quella vittoria a Siena ancora più bella. Se vincerò una tappa in un grande giro la prossima stagione sarà fantastico, ma non così emozionante come la vittoria a Siena».

Il coronamento del ritorno di Van Aert è arrivato durante l'ultima tappa del Tour de France, lungo le pendici di Montmartre. «Sapevo che avrei potuto fare qualcosa anche nelle prime tappe, ma non è arrivato. Poi però con quella vittoria a Parigi ho capito che avevo fatto nuovamente qualcosa di speciale.  Solo nei giorni successivi alla mia vittoria ho capito l'impatto che aveva avuto su così tanti tifosi».

Nei piani di Van Aert, c’erano sicuramente altre speranze e soprattutto il desiderio di poter vincere la Parigi-Roubaix e il Giro delle Fiandre, le due Classiche Monumento alle quali tiene di più.

«Ci ho provato per tutta la mia carriera e vincere quelle Classiche sarebbe stata la ciliegina sulla torta per me. A un certo punto, ho iniziato a prendere meno rischi, evitare i pericoli e lavorare per raggiungere determinati obiettivi. Ma correre dove non sono al meglio, lo detesto. Ho capito che corro per essere la migliore versione di me stesso, quindi non avrò rimpianti in futuro per non aver vinto quelle gare. La pressione in quelle corse è molto più alta. Sono le gare più importanti e più belle dell'anno ed è questo che mi fa provare sempre una motivazione in più».

Il ciclismo in Belgio è lo sport nazionale e un corridore come Van Aert è considerato un autentico idolo, perché prima di essere un campione nel ciclismo su strada, ha infuocato il pubblico nel ciclocross con le sue battaglie con Van der Poel. 

«Essendo belga, subisco anche molta più pressione degli altri su quelle gare. A volte è difficile da gestire. Quando ero più giovane, ero molto nervoso ai campionati nazionali. Gareggiavo per mostrare alla gente cosa potevo fare e non per me stesso. Fortunatamente, lo stress è una cosa che si impara a gestire meglio con l'età. E comunque, ripensando a tutto quello che ho fatto fino ad oggi, anche se qualche vittoria non è arrivata, posso dire di essere un uomo felice ed è questo quello che più conta».


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