ETIXX. Boonen: «I corridori sono troppo prevedibili»

PROFESSIONISTI | 10/01/2016 | 08:19
Dopo una stagione storta, il re delle classiche Tom Boonen si presenta al via del 2016 con grandi ambizioni. Nel 2015 è stato costretto a saltare le corse che ama di più a causa della dislocazione della spalla riportata alla Parigi-Nizza e, dopo 4 vittorie, ha concluso la stagione con la frattura dell'osso temporale all'Abu Dhabi Tour, ma Tommeke non ha perso la fame di vittoria, anzi cerca prontamente il riscatto. Il fuoriclasse di Mol punta forte  alla primavera, ben sapendo che una quarta vittoria al Giro del Fiandre o una quinta alla Parigi Roubaix lo renderebbe il corridore più vincente in queste corse monumento.

L'obiettivo è diventare leggenda. 


«Sinceramente ora come ora non penso ai record, ma ad arrivare al top della forma alle "mie" corse, come sempre poi sarà la strada con le sue mille variabili a decretare il vincitore. Conquistare il Fiandre o la Roubaix sarebbe davvero la ciliegina sulla torta della mia carriera, ma quanto ho già raccolto finora sono riusciti a ottenerlo solo in un paio al mondo e uno sono io. In Belgio nel periodo delle classiche la gente impazzisce per il ciclismo, i giornali vi dedicano le prime dieci pagine e attorno a me c'è grande pressione, ma sono bravisssimo a gestirla (sorride, ndr). Come dice la mia compagna Lore nei giorni prima dei grandi appuntamenti mi richiudo nella mia "caverna" e non ascolto più nessuno per arrivare alla resa dei conti concentrato al massimo. Da Harelbeke, considerata l'esame generale, nelle Fiandre viviamo due settimane di delirio. Le classiche del nord sono cresciute tantissimo, parlando con mio padre che ha corso il Fiandre alla sua epoca mi ha confermato la differenza di pubblico e risonanza globale delle manifestazioni rispetto a oggi».


Come hai trascorso l'inverno? 

«Risolti i guai fisici mi sono goduto la famiglia. In seguito all'infortunio conseguente alla caduta di Abu Dhabi ho sofferto parecchio ma ora sto bene. Mi sono sosttoposto a tutti i test possibili per essere sicuro di poter tornare al 100% e di non correre rischi, nè per me stesso che per gli altri. Sono stato davvero malissimo al ritorno dagli Emirati Arabi, ma già dal primo ritiro a Denia ho ripreso ad allenarmi come i miei compagni e a sentirmi a mio agio in bici. Stare a casa ed aspettare di capire se potevo tornare in bici o meno non mi è piaciuto per niente. Negli ultimi anni ho avuto parecchia sfortuna, sono in credito con la sorte».

Come va la vita da papà? 

«Benissimo, è fantastica. Le gemelline Valentine e Jacqueline crescono, ora iniziano a gattonare ed è uno spasso. La mia vita con il loro arrivo è cambiata in meglio. Per quanto riguarda i cambiamenti in squadra fa sempre bene avere nuova linfa da parte degli ultimi arrivati. Avere a che fare con ragazzi giovanissimi come Laurens De Plus che ha soli 22 anni (teoricamente potrei essere suo padre!) mi mantiene giovane. Gli anni passano ma io mi sento un ragazzino, condivido l'entusiasmo dei giovani alle prime esperienze. Chi vedo come mio erede nel ciclismo? Non lo so, non so neanche se ha senso pensare a un nome che possa riempire il vuoto che lascerò... In Belgio abbiamo qualche promessa interessante ma hanno ancora tutto da dimostrare».

Dove ti aspettiamo quest'anno? 

«Che domande... Alle Classiche (sorride, ndr). Quando sono passato professionista l'unico modo accettabile di affrontare le corse monumento era aspettare, io ho cercato di cambiare un po' le cose ma negli ultimi anni siamo ritornati al punto di partenza. Tutti hanno paura di attaccare, di giocarsi il tutto per tutto, i più preferiscono perdere in partenza controllandosi a vicenda piuttosto che provarci e rischiare di essere ripresi. Non mi piacciono gli attendisti, il più grande errore che può fare un corridore è essere scontato. Oramai sono tutti prevedibili, è bello avere un team o un corridore in grado di sorprendere».

Sarà un anno speciale visto che è l'ultima stagione di Cancellara, tuo grande rivale al nord? 

«Lo sarà per lui, ma sinceramente spero lo sarà ancora di più per me (ride, ndr). Battute a parte, ci siamo sfidati tante volte e succederà anche nel corso di quest'annata. Tra noi c'è rispetto e stima, ma ognuno ha la sua vita e le sue ambizioni. Io ho rinnovato per un anno solo con la Etixx per avere più porte aperte, ma non so ancora cosa farò da grande. Voglio continuare a correre, restare in forma, non mi immagino ancora con la "pancia da birra" ma ho già avviato qualche progetto per il mio futuro, che immagino comunque legato alle due ruote. Alla fine dell'anno valuterò il da farsi».

Un desiderio per la stagione che sta per iniziare? 

«Sarebbe bello avere un cubetto di pavè in più da esporre sulla mensola di casa. Cosa vorrebbe dire per me vincere un'altra Roubaix? Beh, è la Roubaix, significherebbe averla domata più volte di tutti ed essere lì in alto da solo. Ricordo la mia prima volta sulle pietre come il giorno più divertente della mia vita in bici. Avevo solo 21 anni, salire sul podio quando in pochi mi conoscevano è stato assurdo. Pensate che quando stavo rincorrendo Musseuw i tifosi belgi mi tiravano dietro la birra perché pensavano fossi americano, ecco quanto ero famoso allora... In testa ho ancora il viaggio per tornare a casa con i miei genitori in macchina, eravamo felici e increduli. Da quel giorno è cambiato tutto». 

Giulia De Maio

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COMMENTI
TOMMEKE
10 gennaio 2016 12:23 simo
Penso che la traduzione sia errata.
Boonen racconta della sua prima Parigi-Roubaix,nel 2002,quando concluse terzo e fu la grande rivelazione della gara.
La foto sul podio,con Museeuw,era una sorta di passaggio di consegne.
Tra l'altro ho idea che,nell'era moderna,il solo Francesco Moser(1974)fece meglio da matricola...

Simone Basso

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