CASO SONNIFERI. Guardascione: il ciclista non è un superuomo
PROFESSIONISTI | 29/12/2015 | 12:11 Carlo Guardascione, medico sociale della Lampre Merida, risponde al telefono appena termina le sue visite di medico condotto e accetta con grande disponibilità di rispondere alle domande di tuttobiciweb sul «caso sonniferi» e più in generale sui problemi sollevati dall’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport dal dottor Massimo Besnati.
«Le affermazioni del dottor Besnati hanno sorpreso anche me, almeno in parte. A Massimo va riconosciuto il fatto di averne già parlato nelle sedi competenti, sia nelle riunioni del MPCC, alle quali presenziavo quando la Lampre Merida ne faceva ancora parte, sia in occasione degli incontri organizzati dall’Uci tra gli staff sanitari. Ma la mia sorpresa personale è legata alle dimensioni del fenomeno che lui lascia trasparire. Mi spiego: il caso Paolini è evidente e non si può negare, ma la mia esperienza personale mi porta ad escludere la diffusione di abuso di sonniferi e sostanze simili. Se ci sono casi di abuso, si tratta di numeri davvero piccoli».
E ancora: «Nel mio lavoro di medico di base prescrivo il Minias, ho pazienti che lo assumono da lungo tempo, ma non ho mai avuto a che fare con casi di abuso. Certo, conosco bene l’esistenza di due cliniche specializzate nel disintossicare chi si “droga” con questa sostanza, si trovano a Milano e Verona. Il dottor Besnati però va oltre, parla di Stilnox, di alcool e penso che i suoi numeri e la sua esperienza siano diverse dalle mie per un motivo geografico: lui lavora e ha lavorato con molti atleti che provengono dall’Est europeo, da Paesi nei quali l’assunzione di alcool è vista in maniera completamente diversa rispetto a quanto accade nei Paesi della Vecchia Europa. Questo per dire che bisogna sempre contestualizzare le situazioni: io in 26 anni di attività come medico sportivo ho avuto a che fare con pochissimi atleti russi, per esempio, quindi la mia casistica è completamente diversa».
Sotto accusa, anche nell’intervento del dottori Simonetto che abbiamo pubblicato oggi, finisce il ruolo del medico sociale. «A tutti sfugge un particolare: noi medici incontriamo fisicamente i corridori solo alle corse o in ritiro. Per il resto siamo in contatto con loro via mail o via telefono, noi della Lampre Merida sentiamo i nostri ragazzi ogni due o tre giorni, cercando di stabilire con loro un rapporto di fiducia. Ma per far questo serve l’appoggio di una società che crede nel tuo lavoro e non si limita ad utilizzare i medici come semplici vidimatori di carte».
E le tante figure evocate da Simonetto? «La sua analisi è perfetta, ci sono motivatori o pseudo tali, spesso privi di competenze accademiche, ci sono i preparatori personali, i nutrizionisti, gli psicologi... ma torno a dire: una società forte mette il medico sociale nelle condizioni di operare nel migliore dei modi. E credo sia importante anche il coordinamento fra medici: in Lampre noi siamo cinque, tutti italiani ed il confronto fra di noi è facilitato anche da lingua e cultura, in altre squadre non è così facile interfacciarsi».
E l’uso del tabacco come eccitante? «Ne ho sentito parlare, so che viene utilizzato soprattutto nello sci di fondo e qui torniamo all’influenza dei Paesi del Nord e dell’Est Europa. Personalmente, non l’ho mai visto e non ho mai saputo del suo utilizzo in gruppo».
Dall’intervista di Besnati emerge anche il problema dell’ansia da prestazione. «È il problema della nostra società. Nella mia attività di medico di base ho a che fare con casi di ansia da prestazione di ragazzi per gli esami o interrogazioni importanti, di madri che non si sentono all’altezza die figli, di uomini che devono affrontare un colloquio di lavoro o un nuovo impiego e potrei andare avantia lungo: la vita moderna ha cambiato molte cose, è sparito l’approccio razionale alla vita di tutti i giorni. Possiamo chiamarla come volete, in fondo si tratta del vecchio stress. E i ciclisti ne soffrono né più e né meno come tutti gli altri. Allo stesso modo, tra i giovani si è diffusa l’assunzione di Stilnox insieme all’alcool, perché dà effetti allucinogeni: è un fenomeno sociale, non del ciclismo. Ecco, voglio sottolineare un aspetto che mi sembra spesso trascurato: i ciclisti non sono dei superuomini che vivono in un mondo a parte, sono uomini normali con i loro pregi e i loro difetti. E per aiutarli, lo ripeto, è fondamentale creare un dialogo serio e profondo con loro: il medico sociale come lo intendo io, lo fa».
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