PROFESSIONISTI | 28/12/2015 | 08:12 Per Giacomo Berlato, bicicletta fa rima con grinta. Il 23enne di Malo, provincia di Vicenza, che da quando è nato non ha mai praticato altro che ciclismo, si è messo in bella mostra al primo anno tra i professionisti proprio per questa sua caratteristica. Un metro e settanta per cinquantanove chili, non ha paura di attaccare, di prendere l’aria in faccia, di rischiare il tutto per tutto, di tirare tutto il giorno. La voglia di scappare è più forte della delusione di farsi raggiungere. Correre, per lui, è testa bassa e menare. «Ci proverò finché non ci riuscirò» promette mentre riprende a pedalare in vista del 2016.
Come è stato questo primo anno? «Essendo tutto nuovo per me, direi che il bilancio è positivo. Ho intrapreso una nuova esperienza e, nel mio piccolo, penso di essermi dimostrato all’altezza. Ho iniziato la stagione da gennaio in Argentina centrando subito qualche fuga al Tour de San Luis e nelle gare a seguire mi sono fatto vedere. È stata dura abituarmi al chilometraggio della massima categoria, ma lavorando bene con gli allenatori in ritiro e a casa con il mio preparatore Angelo Furlan ho avuto un rendimento costante. Al Giro d’Italia ho retto bene 21 giorni a tutta, non volevo partecipare e basta, così ho percorso ben 460 km in fuga, piazzandomi secondo nella speciale classifica riservata agli attaccanti. Ovviamente ho avuto anche qualche momento di crisi ma guardandomi indietro posso dire di averli superati molto bene. Mi sono messo a disposizione della squadra e mi sono fatto conoscere per le mie doti. Anche nelle categorie minori mi sono distinto per questa indole da attaccante. Non ho mai avuto paura di far fatica, anche se partire all’inizio di una corsa non è facile: ma io sono sempre pronto a scattare. Voglio essere un aiuto per i miei compagni perché con un uomo in fuga si sta più tranquilli e si evita di dover stare davanti a tirare. Ogni tanto butto via delle corse, ma qualcosa ho già raccolto». Cos’hai imparato? «Che per correre ad alto livello ci vogliono tanti sacrifici e tanta testa, l’impegno e la mentalità fanno la differenza in termini di risultati, se prendi qualcosa sottogamba invece prima o poi paghi. Dal canto mio mi sono messo subito a lavorare e, lo ripeto, posso dirmi soddisfatto del primo anno da professionista. Mi sono anche conosciuto meglio. Inizialmente credevo di essere un corridore da gare in salita però ho visto che mi difendo bene sul passo e nelle corse un po’ più movimentate, come le classiche (all’ultimo anno da Under 23 ha vinto 5 corse arrivando in solitaria, ndr). Ora bisogna alzare l’asticella delle aspettative, voglio di più. Dopo una settimana a Santo Domingo con amici, ho staccato per un’altra decina di giorni durante i quali mi sono dilettato con la mtb e la corsa a piedi, oltre a svolgere lavori alternativi e divertenti come qualche partitella a calcio. Da metà novembre ho iniziato la preparazione in vista dell’anno che verrà».
Il momento più bello del 2015? «Quando mi è arrivata la convocazione per il Giro: ricevere la notizia di far parte della formazione ufficiale al primo anno non è da tutti, a 23 anni essere al via della corsa a tappe più importante del tuo paese è un’emozione indescrivibile. Alla chiamata del diesse Stefano Giuliani, ho risposto subito che ero super motivato per dare una mano alla squadra e in particolare al nostro capitano Cunego. Durante la corsa rosa non ho vissuto momenti veramente difficili, pensavo di pagare gli sforzi soprattutto nelle ultime tappe invece anche durante la penultima mi avete visto ancora all’attacco. Ho addirittura finito in progressione. Ho sofferto non poco nella tappa con arrivo all’Aprica, una giornata davvero dura sia per il maltempo che per il dislivello proposto ma anche in quell’occasione ho stretto i denti perché volevo arrivare a Milano». Chi ti ha trasmesso la passione per le due ruote? «Mio fratello Filippo, che ora ha 31 anni: correva in bici e guardando lui ho voluto provare anche io, così appena ho compiuto i 6 anni ho cominciato a gareggiare. La prima corsa, a Nove, la vinsi e da lì ho intrapreso un percorso in crescendo che mi ha regalato numerose soddisfazioni. E non è ancora finita, ne sono convinto... Mio fratello ha attaccato la bici al chiodo da junior, quando ha scelto di andare a lavorare presso un’officina meccanica, ma si vede che gli manca non aver avuto una chance nelle categorie maggiori. Mi segue moltissimo e spesso mi sprona dicendomi: “impegnati di più, hai una grande possibilità e devi sfruttarla al meglio, hai la fortuna di vivere di quello che ti piace fare, è un privilegio che hanno in pochi. Ha ragione: io alla mattina mi sveglio e sono felice, ho sempre voglia di pedalare. La bici per me è pane, è vita». Da sempre, ci pare di capire. «Sì. La prima bici a due anni, nel quartiere dicono che sono un fenomeno, perché non solo vado senza rotelle, ma anche su una ruota sola, impennando. Il ciclismo diventa la mia passione e da un anno a questa parte è il mio lavoro. Più felice di così non potrei essere. Infatti, ogni mattina, quando mi alzo, ringrazio Dio. Gli altri si svegliano e vanno a lavorare, io mi sveglio e vado a pedalare, che è molto meglio di lavorare. Questo sport oggi è la cosa più importante che ho, ciò che mi fa andare avanti, vivere e mangiare, la cosa principale nella mia vita insieme alla mia famiglia. I miei genitori e i miei fratelli mi hanno sempre dato una mano, perciò è anche merito loro se sono arrivato fin qui. Ho avuto tante persone che mi hanno aiutato molto, nelle varie categorie, ma preferisco non fare nomi se non quelli dei miei cari capeggiati da papà Pietro, metalmeccanico ora pensionato, e mamma Giovanna, casalinga, sempre presente alle corse». E con tua sorella Elena, professionista nella Alé Cipollini, che rapporto hai? «Un bellissimo rapporto. Ci alleniamo spesso assieme, con il nostro amico Daniele Cazzola, dilettante che l’anno prossimo correrà con la MCipollini, oppure con i ragazzi della Zalf, la squadra in cui ho militato da Under 23. Ci diamo consigli, ci sproniamo a vicenda, ci facciamo forza l’uno con l’altro. Ho cominciato prima io di Elena, lei mi veniva a vedere alle corse e si è appassionata di conseguenza. Anche lei, appena salita in sella, ha fatto vedere che aveva dei numeri e negli anni si è tolta delle belle soddisfazioni: ha affrontato diversi Giri d’Italia e ha disputato molti più mondiali di me».
Come ti trovi alla Nippo Vini Fantini De Rosa? «Alla grande, siamo seguiti davvero a 360°. Il 2015 è stato il primo anno per questo team tra le Professional ed è andato benone, nonostante un po’ di sfortuna. C’è proprio un bel clima, tra compagni ci aiutiamo l’un l’altro, i “vecchi” ci fanno notare cosa sbagliamo e ci danno qualche dritta per migliorare. Sia tra noi che con i direttori e lo staff siamo molto uniti. Lo abbiamo dimostrato quando al Giro per una caduta abbiamo perso Daniele (Colli, ndr), che era il nostro faro per le volate, e dopo pochi giorni anche Damiano, nostra punta per la generale, è stato costretto al ritiro. Nonostante la difficoltà del momento e l’inesperienza di molti di noi al debutto nella corsa rosa, abbiamo dato il massimo fino a Milano, lottando fino agli ultimi chilometri, dimostrando di che stoffa siamo fatti. Essere in questa squadra per me è una grande opportunità, anche perché di team ce ne sono sempre meno». Perchè ti chiamano “Boldi”? «È il soprannome che mi hanno affibiato tanti anni fa gli amici del quartiere in cui abito. Mi chiamano così fin da quando ero un bambino e mi è sempre piaciuto. Non c’entra con l’attore Massimo Boldi e i suoi film, né io né i miei amici in effetti ci ricordiamo come è nato questo nomignolo. Me l’hanno dato così, probabilmente senza una ragione precisa. Non ha un significato particolare ma ormai ci sono affezionato». Come trascorri il tempo libero? «Mi piace ascoltare la musica, mi piacciono le macchine e, abitando in campagna, immergermi nella natura. La nonna ha dei campi, mi rilassa fare un giro in zona. Inoltre mi diverto praticando sport in generale e guardando il calcio in tv. Per chi tifo? Per il Vicenza». A scuola come te la cavavi? «Tocchi un tasto dolente. Non mi sono mai impegnato sui libri come in bici, probabilmente ho sbagliato ad abbandonare gli studi ma era più forte di me: quando arrivavo a casa non vedevo l’ora di sfogarmi in sella. Ho frequentato le scuole superiori, potevo diplomarmi elettricista, ma ho mollato prima per dedicarmi solo alla bici». Il tuo campione di riferimento? «Non ne ho uno in particolare ma fin da piccolo ho seguito molto Marco Pantani. Anche oggi quando in televisione trasmettono uno speciale sulla sua storia o su qualcuna delle sue imprese non me lo perdo». Il primo Giro che ricordi? «Quello del 1998: tredicesima tappa, la Carpi-Schio, di 166 chilometri, primo Michele Bartoli, maglia rosa ad Andrea Noè, e Marco Pantani che cade due volte in discesa. Avevo 6 anni. Adesso che a 23 posso dire di averne portato uno a termine anche io, ogni tanto mi devo convincere che non sto sognando». Il tuo più grande pregio? «Sono un ragazzo sempre allegro, contento, con il sorriso, che ha voglia di lottare e di raggiungere gli obiettivi prefissati». Il peggior difetto? «Sono tanto generoso, troppo a volte, e nella vita non va sempre bene». Che ambizioni nutri per la tua carriera? «Spero di cogliere al più presto una vittoria. Alzare le braccia al cielo sarebbe il coronamento di un grande lavoro. Voglio crescere sempre di più e ottenere grandi risultati. Sogno un giorno di vincere una classica, la più ambita per me sarebbe la Milano-Sanremo o un bel Lombardia».
Ricordo, come gosse oggi le parole di Stefano Giuliani sul palco della presentazione del team 2015: \"è l\'uomo delle fughe, averlo in squadra è già una vittoria\". Non parlava di Giacomo ma di Mattia Pozzo ... Brillantemente silurato! Complimenti
Caro Franco,
28 dicembre 2015 12:14Fra74
ma così scrivendo TI SI SCAGLIERANNO contro in molti, attirerai le IRE ciclistiche di tanti: in primis, seriamente, faccio i complimenti al giovane BERLATO, ottimo nelle categorie inferiori, ed al SUO primo anno da PROF si è fatto notare.
Poi, oltre a POZZO,caro Franco, anche ALESSANDRO MALAGUTI è rimasto "appiedato", eppure nel 2015 ha corso bene, su tutte la tappa del GIRO D'ITALIA. Ma tant'è che la DIRIGENZA può decidere chi ingaggiare e chi non confermare, quello che mi risulta strano è che, ESSENDO UN PROGETTO INNOVATIVO e GIOVANE, hanno ingaggiato solamente ZILIOLI, e nessun giovane neo-prof.
Tutto qui, mia semplice considerazione.
Attendo ancora di conoscere il calendario di detto TEAM, a quali corse sono stati UFFICIALMENTE INVITATI.
Sicuramente, detto TEAM, è molto attivo e partecipe sui vari SOCIAL, facebook, twitter, altro:per la serie, "PAZZESCO" quanto i MEDIA possano influire nel MONDO ATTUALE.
Francesco Conti-Jesi (AN).
@Fra74
28 dicembre 2015 14:55FrancoPersico
Hai ragione Francesco, Malaguti meritava la riconferma più di tutti. Forse non ha portato gli sponsor desiderati? Ovviamente non so ma posso pensare solo questo. Mi piacerebbe anche avere qualche info in merito al caso DANIELE COLLI circa la caduta del Giro d'Italia. Come si è conclusa la vicenda? Chi paga, ha pagato o pagherà indennizzi vari?
Cordiali saluti
Franco Persico (IM)
Franco,
28 dicembre 2015 17:41Fra74
non ho elementi per soddisfare le tue legittime osservazioni,a parte il risarcimento ottenuto dalla FCI in relazione alla tessera, per il resto non saprei cosa dirti.
Ah, tu, comunque, pensi ed esprimi i TUOI pensieri, ma così TI ESPONI ancora maggiormente, Franco, ma tant'è, a scrivere in maniera e modo schietto non sempre si viene apprezzati. Pazzesco. Beh, ma per me sei da leggere, SEMPRE!
Francesco Conti-Jesi (AN).
Sveglia!
28 dicembre 2015 17:55Bastiano
Mi spiegate cosa hanno fatto di strepitoso negli ultimi anni Malaguti e Pozzo per porre rappresentare una perdita grande per il ciclismo?
Credo che siano a piedi ciclisti ben più importanti.
Si giovani, il settore offriva molto poco ed ha scelto molto bene Reverberi.
Detto questo, chi ha portato tre neo professionisti al Giro ed all\'arrivo?
Prima di parlare, documentatevi,per tutto il resto, i numeri parlano da soli.
Bastiano,
28 dicembre 2015 18:35Fra74
la Tua osservazione è corretta, nel senso che sono rimasti "APPIEDATI" molti ciclisti, ad oggi, su tutti MAURO FINETTO, e non solo. Ma qui non si discute il valore dell'uno o dell'altro, qui non si fanno confronti nè si vuole favorire l'uno o l'altro, si cerca di essere obiettivi.
Per quanto concerne il Tuo messaggio, i 3 neo-prof a cui Tu fai riferimento, dovrebbero essere GIACOMO BERLATO, RICCARDO STACCHIOTTI e YURI FILOSI, se non erro.
Ma per quanto riguarda STACCHIOTTI, lo stesso, da ciò che mi risulta, nel 2014 correva con una squadra continental, pertanto, non so se mi sbaglio, ma non credo possa essere CONSIDERATO NEO-PROF. Ma a livello di regolamento, lo ammetto, sono ignorante.
A parte ciò, al Giro 2015, comunque, mi pare che MALAGUTI si sia messo in luce e non poco, così come BERLATO con le sue fughe.
TANTO PER CHIAREZZA e la CRONACA, OBIETTIVA.
Francesco Conti-Jesi (AN).
@Bastiano
28 dicembre 2015 18:58FrancoPersico
Malaguti ha fatto un bel terzo posto al Giro ed è un ragazzo allegro e istruito. Considerando gli obiettivi del team non credo che lui sia un super vincente ma un ragazzo meritevole. Pozzo non credo abbia potuto esprimere il meglio di se stesso, troppe corse in Cina, Giappone ecc. e troppi malanni e sfortune. Per me un ragazzo con dei numeri. Quali numeri parlano da soli? Vittorie in Cina?
Francesco Conti.
28 dicembre 2015 19:11Bastiano
Hai capito perfettamente la situazione, un corridore che proviene da una Continental, è un neo-prof e come tale, deve avere un contratto biennale.
I tre corridori presenti al Giro erano i primi due che hai citato più Grosu.
Riguardo a Filosi, io mi aspetto tantissimo da lui nel 2016 ma, resta il fatto che quest'anno, credo che solo 5 atleti sono passati prof. in squadre degne di questa qualifica, ci sarà pure una ragione se gli altri non sono passati? Continuo a credere che le Professional sono vitali per il nostro sistema, nessuno più di loro può dare il giusto spazio ai nostri giovani più meritevoli equesto team lo ha dimostrato. Per chi paga per correre, credo che andrebbe fatto uno studio attento in merito ma, rischiamo di scoperchiare un pentolone che, difficilmente riguarda la Nippo ma, siamo sicuri che ci siano campioni o futuri campioni che devono pagare? Io voglio credere che, un campione oppure, una promessa di questo sport, viene inseguito dai migliori team, quelli che pagano, sono ragazzi che vogliono passare prima di quando dovrebbero oppure ragazzi viziati che vogliono comprarsi il titolo.
Franco Persico
28 dicembre 2015 23:03Bastiano
Per favore cerca di essere coerente con te stesso, una volta dici che contano solo i risultati, un altra, simpatia ed istruzione. In Cina ci hanno vinto in tanti ma non Pozzo, vorrà pur dire qualcosa questo?
Se il ragazzo, così come tanti altri disoccupati, ha i numeri, come è che nessuno fa la lotta per tesserarlo? Io ti consiglio di fare un team, così potrai mostrare tutta la tua capacità tecnica ma, fino a quel momento, cerca di capire che, se nessuno tessera un ciclista, può essere che tutti i DS siano incapaci e solo tu sei bravo?
@bastiano
29 dicembre 2015 17:24FrancoPersico
Certo hai perfettamente ragione. Sai per caso qualcosa del caso di Colli? Non ho più letto nulla in rete o sui giornali e ricordo che RCS aveva denunciato il fotografo che causò la caduta (se non erro) e viceversa. E qualcosa disse anche lo stesso Colli. Grazie per le info.
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