BAZZANA: «Se Horner smette ho una chance, altrimenti...»
PROFESSIONISTI | 03/12/2015 | 07:15 Ha scoperto l’America e ora è pronto a scoprire se stesso e la sua famiglia. Alessandro Bazzana, l’uomo delle fughe, l’uomo dei traguardi volanti ha ancora una fiammella di speranza che di nome fa Chris Horner per poter pensare di correre ancora. «Sì, è proprio così: se Horner smette di correre ho buone chances di firmare con la Airgas Safeway, altrimenti amen, vado a lavorare».
Alessandro Bazzana ha 31 anni, una moglie (Anna) polacca conosciuta nel 2006 quando correva alla Zalf Euromobil Fior e due figli: Patrik di 15 anni che in pratica si è trovato perché portato in dote da sua moglie (oggi il ragazzino corre tra gli allievi e frequenta la scuola alberghiera, ndr) e il piccolo Leonardo di 2 anni. «Guarda, non tutti i mali vengono per nuocere – dice a tuttobiciweb.it il bergamasco di Cene -. Io sono abituato a pensare positivo e a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. È vero, potrei ancora correre, penso anche di meritarlo, ma non faccio drammi. Vorrà dire che seguirò di più la mia famiglia e mi godrò i miei ragazzi e mia moglie. Dopo tanti anni da migrante è giunto il momento di tornare a casa. E in ogni caso mi ritengo un uomo fortunato: ho fatto quello che più amavo per oltre vent’anni e ora, dopo nove di professionismo e una sola vittoria (tappa di Innnsbruck al Giro dell’Austria, ndr) al mio attivo, metterò a frutto quello che ho imparato. In Australia sono stato bene (ha corso per la Successfulliving e poi per la Fly V Australia, ndr), in America ancora di più: piccole squadre ma serie e organizzate. Ho guadagnato bene e mi hanno sempre pagato con puntualità: se sento certe storie di colleghi che corrono in Italia io sono stato un privilegiato. Alla Type 1 è stata un’esperienza bellissima, ma anche alla United Healthcare mi sono trovato molto bene. Poi cambiano i progetti e ognuno deve trovare la propria collocazione. Io ho avuto una mezza promessa sempre da questo team americano, ma temo che Horner andrà avanti a correre e quindi io guardo avanti».
Cosa vedi nel tuo futuro?... «Mi vedo nel mondo delle due ruote. Ho un caro amico, diciamo pure il mio mentore, Marco Pinotti, che qualche volata me l’ha tirata. Sono vicino ad una buonissima azienda di componentistica, ma fin quando non firmo non posso dire nulla, però sono fiducioso».
Una Liegi corsa nel 2012, tutta all’attacco: in fuga dal km 30 al km 230. Nel finale resta con Dario Cataldo, poi quando il gioco si fa duro i duri se la giocano tra di loro lui che si è fatto un fondo così finirà la sua fatica 84°, ma la finirà… «Ho finito anche la Sanremo del 2014: 96°. E la Roubaix due volte: 127° nel 2014 e 55° nel 2015. Mi spiace solo d’essere caduto a il Lombardia di quest’anno e di non essere riuscito a terminarlo».
Ma squadre italiane non ti hanno cercato? «Ho parlato con Gianni Savio, gentile come sempre, un vero signore, ma aveva già chiuso la sua campagna acquisti. E anche Francesco Pelosi, team manager della Vini Fantini Nippo De Rosa era già full. Però io non voglio passare per quello che si lamenta o fa il lagnoso: io sono felice di quello che ho fatto nel ciclismo, non mi rimprovero di nulla. Certo, sognavo un altro tipo di carriera, sognavo tante belle corse, ma nella vita bisogna avere anche la forza di accettare quello che si è. Io non mi sento uno sconfitto, ma un vincente, perché ho realizzato il sogno che avevo fin da bambino e probabilmente, ora, proseguirò il mio cammino nella vita grazie a quello che ho imparato in questi anni. Ho fatto l’emigrante, ma per me è un valore aggiunto. Mi sono messo in gioco, ho imparato l’inglese, ora sono pronto ad una nuova sfida: diventare un uomo migliore di quello che sono, ed essere un buon padre di famiglia. Anche questi sono traguardi importanti. Anche queste sono sfide che riempiono il cuore e ti gratificano».
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