VELASCO. «Un'occasione da prendere al volo»

DILETTANTI | 30/11/2015 | 08:19
Questo mese per la rubrica “il dilettante del mese” vi presentiamo Simone Velasco, che, seppur sia giovanissimo, è una vecchia conoscenza di tuttoBICI visto che nel 2013 ha vinto da juniores il nostro Oscar. Nato a Bologna il 2 dicembre 1995, cresciuto alla Work Service e maturato nella Zalf Euromobil Fior, ora è pronto a compiere il grande salto tra i professionisti in maglia Bardiani CSF.

Iniziamo dalle presentazioni.

«Sono un ragazzo semplice, a cui piace divertirsi con gli amici e stare in compagnia. Sono originario dell’Isola d’Elba, ma vivo da sempre a Bo­lo­gna con mam­ma Elisa e papà Ga­briele. Ho il pallino dello sport. Va­do in bici da sempre e quando tor­no all’Elba mi diverto con la tavola da surf e il windsurf. Mi sono diplomato all’Istituto Tecnico Aero­naut­ico di Bo­logna e ora sono iscritto all’università, alla facoltà di Scienze Politiche In­ter­nazionali. Sto provando a conciliare i libri e il ciclismo ad alti livelli, non sarà semplice ma ci tengo a proseguire».

Come hai scoperto il ciclismo?

«Grazie al babbo, che correva a livello amatoriale. Quando lui ha smesso, poco dopo ho iniziato io. La bicicletta mi piace da sempre ma ho cominciato a gareggiare solo a 13 anni. La mia prima bici risale a molto prima, era una piccola mtb. La prima gara? Una gimkana per bambini organizzata in occasione di una granfondo amatoriale in cui correva papà».

Come atleta come ti definiresti?

 «Sono abbastanza completo, ma un conto è correre tra i dilettanti e un altro sarà confrontarmi con il professionismo. Dall’anno prossimo capirò su qua­le terreno sarà meglio specializzarmi. La mia qualità principale è che metto sempre tanta grinta in quello che faccio, mi impegno al massimo delle mie possibilità e ho un mentalità vincente. Penso di avere molti margini di miglioramento: devo diventare un po’ più furbo in corsa e imparare dai miei colleghi più esperti le tattiche di gara, oltre a fare ancora più attenzione all’alimentazione e all’allenamento».

Sei una buona forchetta?

«Eccome, adoro sopratutto il pe­sce».

Come trascorri il tempo libero?

«Adoro la pesca in apnea, passione che coltivo fin da piccino e che mi hanno trasmesso mio zio e papà. Oltre a questo sport d’estate pratico surf e windsurf, mentre d’inverno mi diletto con lo sci e lo snowboard».

Hai la fidanzata?

«No, al momento non ce l’ho».

Dove sei stato in vacanza?

«Sono stato qualche giorno a casa, all’Isola d’Elba, e a seguire con qualche amico in visita a un paio di città euroepee, Madrid e Amsterdam, pri­ma di una settimana al caldo a Sharm el Sheik. Ricaricate le batterie, ora si torna in bici».

Perchè hai scelto il ciclismo e non un altro sport?

«Ho provato un po’ di tutto: rugby, calcio e soprattutto nuoto però alla fine l’andare in bicicletta mi ha appassionato di più di qualsiasi altra disciplina. Amo il ciclismo perché richiede costanza, impegno, sacrifici e quando ottieni risultati importanti questi ripagano pienamente tutta la fatica di cui c’è bisogno per arrivare in alto. In più insegna a vivere, senza sacrifici sia in sella che nella vita di tutti i giorni non vai da nessuna parte. Aiuta a riconoscere chi è amico da chi non lo è, chi davvero è disposto a sacrificarsi per te e per la squadra, ad essere un po’ più smaliziati».

Com’è stata la stagione 2015?

«Abbastanza soddisfacente, mi aspettavo qualche vittoria in più delle 3 raccolte ma sono arrivate in gare di peso: Coppa della Pace, la terza tappa del Gi­ro Pesca e Nettarina di Romagna e la Ruota d’Oro. Inoltre ho raccolto numerosi piazzamenti di rilievo in ogni tipo di corsa, in generale ho avuto un buon rendimento».

Il momento più emozionante?

«Il successo alla Ruota d’Oro perché è stato una sorta di riscatto, arrivato do­po un periodo in cui ero sempre davanti coi primi ma non riuscivo ad alzare le braccia al cielo e dopo un calo di forma a cui è seguita la mancata convocazione al mondiale».

Il rammarico più grande?

«Sicuramente il Gran Premio Comu­nità di Capodarco (terminato al 2° po­sto alle spalle di Riccardo Donato do­po un attacco che sembrava destinato al lieto fine, ndr). Quando il risultato che raccogli non ti soddisfa perché non equivale alla prestazione che hai messo in campo, ci rimani male ma anche le sconfitte sono lezioni, non è così? Da quelle bisogna ripartire per costruire le vittorie del domani».

Quali ambizioni nutri per l’anno prossimo?

«Voglio fare il meglio possibile in generale, non ha senso ora porsi degli obiettivi precisi perché sarà tutto nuovo per me. Sono pronto al confronto con la massima categoria, ho già avuto la fortuna di accumulare qualche esperienza in nazionale con i professionisti, quest’anno purtroppo è capitato in mo­menti in cui non ero al top della condizione ma già l’anno scorso mi ero mes­so in mostra alla Coppa Agostoni con una lunga fuga».

Non hai neanche 20 anni, non hai nessuna paura?

«No, ho molta voglia di imparare e capire fin dove posso arrivare. Sono consapevole dei miei mezzi anche se ho solo 19 anni. Non mi spaventa passare prof così giovane perché nelle categorie minori ho imparato molto ed è arrivato il mio momento. Ringrazio la Zalf nella quale sono cresciuto molto nelle ultime due stagioni, sostenuto da compagni e tecnici eccezionali, davvero una grande squadra. Se voglio fare del professionismo il mio lavoro, l’occasione va colta, soprattutto se viene offerta da un team in cui i giovani hanno mol­to spazio. Sono fiducioso, lavorerò al massimo per sorprendere tutti».

A chi ti ispirerai?

«Non ho un campione di riferimento. Sono amico di Pippo Pozzato, lo ap­prezzo come persona, in particolare per come si relaziona con i tifosi e con le persone in genere, è sempre molto disponibile, ha una bella immagine ed è simpatico, ma stimo tanti corridori: Sagan, Nibali, Rodriguez... Da ognuno c’è da imparare qualcosa. Grazie alla nazionale mista dei ct Cassani e Ama­dori ho già provato a correre al fianco di Vincenzo o di leggende come Can­cellara, Rui Costa, Van Avermaet, pensare che tra pochi mesi sarò a tutti gli effetti in mezzo a loro è una grande emozione».

Come ti immagini da grande?

«Tra i dilettanti mi sono affermato come un corridore completo: non sono uno scalatore puro ma vado bene in salita, a cronometro me la cavo e in volate ri­strette sono veloce, ora staremo a vedere cosa riuscirò a dimostrare nella massima categoria. Con il passaggio al professionismo ho realizzato il sogno di quando ero bambino, è arrivato il mo­mento di ripartire con nuove ambizioni e la voglia di sempre».

Esprimi un desiderio.

«Il massimo per la prossima stagione sarebbe conquistarmi un posto per il Giro d’Italia. Sarebbe un bell’inizio. Pensando agli anni futuri, la mia realizzazione come atleta sarebbe arrivare un giorno a vincere una tappa o una maglia in un grande giro, una classica o un mondiale. Questi però sono sogni al cubo. Con i propositi meglio andarci piano, un po’ per volta: è in bici che vo­glio andare il più forte possibile».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di novembre
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