STORIA | 16/11/2015 | 14:39 RWAMAGANA (RWANDA) - Eritre! Tre eritrei sul podio della prima tappa: primo Mekseb Debesay, secondo Meron Teshome (quello che ieri si era presentato al via del cronoprologo senza bici e senza casco), terzo Aron Debretsion. Tre ore a più di 41 di media, gli ultimi 20 dei 120 chilometri in tre giri di un circuito, volata lunga, Debesay che schizza ai 50 metri e vince alla grande. Eritreo di Asmara, è l’ottavo di 16 figli. Il papà (“Businessman”, la qualifica che gli attribuisce Mekseb: proprietario di un bar) li ha avuti da tre donne: i primi due figli fuori dal matrimonio, sei con la prima moglie (poi morta) e otto dalla seconda. Dieci gradi di scuola primaria, e intanto la bicicletta. La prima bici: “Non me la ricordo, avevo sette anni”. La prima bici da corsa: “Questa me la ricordo, una mountain bike”. La prima corsa: “Anche questa me la ricordo, perché con la mia mountain bike correvo su strada, era un circuito e all’ultimo giro sono stato doppiato”. La prima vittoria: “E come si può non ricordare. Sempre con la mia mountain bike, sempre su strada”. Tra scuola e bici, alla fine ha prevalso la bici: “In famiglia c’era già un fratello corridore, Frekalsi, e io volevo fare tutto quello che faceva lui. E siccome lui correva da professionista, così anch’io, fin dal primo istante, ho sognato di fare del ciclismo la mia vita”.
Una vittoria di tappa al Tour of Eritrea nel 2011, un’altra nel 2012, la classifica generale nel 2013. Il Tour d’Algérie nel 2014. E sempre nel 2014, in Ruanda, “due vittorie di tappa e la classifica di migliore scalatore, ma sono stato sfortunato, perché tra cadute e incidenti mi sono giocato la generale”. Amen. Ingaggiato dalla tedesca Bike Aid (una squadra che si propone di valorizzare giovani talenti africani: in formazione c’è un altro eritreo, Amanuel Meron, a casa è rimasto il tanzaniano Richard Leizer), Debesay viaggia, corre, esplora. “In Germania sto vicino a Saarbrucken, al confine con la Francia. In Eritrea continuo a vivere ad Asmara con la mia famiglia. Ma fra Germania ed Eritrea è proprio un’altra esistenza. Una quarantina di giorni di corsa l’anno, non solo in Africa ed Europa, ma anche nelle Americhe e in Asia”. La più dura? “In Colombia, non si respirava”. La più bella? “Forse in Italia, da Under 23”. La più affollata? “Il Mondiale 2014, in Toscana”. La più sfortunata? “Forse quel Mondiale, caduto e ritirato”. La più sognata? “Giro e Tour, a pari merito. Finora li ho visti soltanto alla tv”.
Debesay, in Eritrea, è popolarissimo: la gente lo ferma per strada, chi per un autografo, chi per un “selfie”, chi per regalargli un sorriso, chi per chiedergli un regalo. “Per me la bici è tutto. Sport e lavoro, sfida e lotta, soprattutto amore e passione. La bici mi fa conoscere dentro e fuori di me. La bici mi rende felice. E se esistesse una scala della felicità, allora sono il massimo della felicità quando vado in salita”. Qui, in Ruanda, con tutte le salite e le salitelle che ci sono, Debesay rischia di scoppiare di felicità.
Marco Pastonesi
ORDINE D’ARRIVO
1 DEBESAY Mekseb 2:50:14 2 TESHOME Meron 3 DEBRETSION Aron 4 BIZIYAREMYE Joseph 5 SMIT Willie 6 HIDA Abdellah 7 NSENGIMANA Jean Bosco 8 BESCOND Jérémy a 3” 9 IHLENFELDT Stefan 10 MERON Amanuel a 4” 11 AADEL Reda 12 TENNENT James 13 FISSEHA Belay 14 GEBREIGZABHIER Amanuel 15 EYOB Metkel 16 BURU Temesgen 17 OKUBAMARIAM Tesfom 18 ARERUYA Joseph 19 BREEWEL Jeroen 20 BINTUNIMANA Emile
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