SIAMO L'ATALANTA, NON IL BARCELLONA

TUTTOBICI | 20/10/2015 | 07:20
Sperando non sia una colpa così grave, io tengo all’A­ta­lan­ta. Quando e se l’Ata­lan­ta dovesse giocare con il Bar­cel­lona, ma in fondo anche con la Juve e con la Roma, non mi sognerei mai di aspettarmi una vittoria. Se per caso la vittoria arriva, so che è un miracolo e come tale lo festeggio. Mai e poi mai, in caso di regolare sconfitta, parlerei di delusione. Mi sentirei veramente un po’ cretino. Allora mi chiedo: come ha fatto cer­ta gente, tifosi e autorevoli giornalisti, a parlare di grossa delusione e di grave fallimento per il Mondiale dell’Italia? Cioè, mi facciano capire: la delusione, di per sé, nasce da un andamento della realtà che contraddice e mortifica certe aspettative, che inaspettatamente va contro una logica e sensata previsione, vogliamo allora dire che la delusione di Richmond deriva da una precedente aspettativa su chissà quale prestazione azzurra? È questo che intendono? Se così, il processo non va fatto ai nostri corridori, perché da parte loro hanno semplicemente dato quello che hanno e che sono, ma a quelli che evidentemente han­no in testa valutazioni e idee decisamente sgangherate. Fuori registro, disancorate dalla realtà. Folli.

Su, con quale coraggio possiamo mettere in croce gli azzurri? Lo ripeto fino alla noia, la colpa dell’ennesimo disastro non è loro: è di chi si aspettava chissà cosa. È una colpa che ho già imputato in passato a Bettini ct: non possiamo andare sempre al Mondiale raccontandoci di essere La Squadra, cioè una superpotenza mondiale, la nazionale da battere. Lo eravamo. Lo siamo stati a lungo. Ma è da moltissimo - ci avviamo velocemente al decennio - che non lo siamo più. Ricordo per gli statistici: precisamente, dal 2008. Mon­dia­le a Ballan, la settimana dopo Lombardia a Cunego. E fine delle trasmissioni. Santo cielo, significherà qualcosa se non abbiamo vin­to una classica-monumento da allora fino a Richmond. Per me significa semplicemente che nelle corse in linea siamo ai margini, nel terzo mondo, lontanissimi dai migliori. Punto. È un dato di fatto, è la nuo­va realtà. Inutile ogni volta taroccare l’evidenza. Inutile andare al Mon­diale coltivando chissà quale velleità. Quando invece.

Quando invece le nostre punte di diamante sono pun­te d’asparagi. Since­ra­mente: qui mi pare che tanti abbiano perso il senso delle proporzioni. La capacità di pesare il peso specifico dei campioni. Basta che un Gatti qualunque vinca alla Coppi e Bar­ta­li o nel Giro di Malesia perché subito ci si convinca di avere i nuovi Boonen. Meglio: i nuovi Bettini e i nuovi Ar­gen­tin. Lo so che nella di­sperazione tutto fa brodo, che ci si ag­grappa a quello che passa il convento, però non dovremmo mai perdere l’equilibrio delle valutazioni. I primi a pagare queste fanfaronate sono proprio i nuovi miti (di cartongesso): al momento si sentono ma­gari dei grandi padreterni, ma alla lunga si caricano di aspettative e di responsabilità che alla prima reale controprova diventano dolorosissimi boomerang. Esempi? Ce ne sono a stravendere. Gli ultimissimi, il povero Ulissi, il povero Trentin, il povero Viviani: se alla vigilia raccontiamo in giro che possono battere Sagan e Degenkolb, ti credo che poi tornano a casa tra i pomodori. Sarebbe proprio come se io tirassi i pomodori all’Atalanta perché si prende cinque sberle dal Barcellona. Non esiste proprio. Invece nel ciclismo nazionale funziona così: anziché dire serenamente che in quest’epoca siamo l’Atalanta (sorry, mi sembra eccessivo: attualmente diciamo il Trapani o il Brescia), partiamo coltivando illusioni megalomani. Il ritorno, così, è sempre lo stesso: lutto nazionale, o giù di lì.

Valga una volta per tutte: i grandi corridori si vedono nelle grandi corse. È un dogma indiscutibile. Gli Argentin e i Bettini non vincevano quasi mai nei Giri di Polonia, se non per sbaglio o perché proprio non avevano niente di meglio da fare. Ma appena fiutavano l’aroma del grande traguardo internazionale, liberavano la belva e diventavano dei giganti. Questi specialisti che abbiamo adesso possono essere giganti in serie B, come il Trapani o il Brescia, ma non sono all’altezza del Bar­cellona. Se qualcuno di loro si offende, se si sen­te sminuito, io sono qui, pronto a rimangiarmi tutto: a ricominciare dalla Sanremo 2016, avranno mille occasioni. Nell’attesa, provino al­meno a tornare in serie A.

Cristiano Gatti, da tuttoBICI di ottobre
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COMMENTI
Giussto, ma
20 ottobre 2015 12:02 geo
Secondo me una parte grossa della causa delle disfatte degli italiani è che in Italia funziona molto bene l'antidoping, l'altra è che la federazione non è in grado di tutelare gli atleti e di farli crescere.

le parole giuste
20 ottobre 2015 15:28 sbrinzoblu
finalmente qualcuno che dice la realtà dei fatti. abbiamo buoni corridori, ma non delle cime. pe di più se ci si mette un'idea tattica condusionaria del ct...la frittata è fatta. bettini è stato scaricato per molto meno, mentre cassani sta andando avanti proprio con le idee rubate al grillo, che però allora non aveva il completo appoggio delle istituzioni.

Atalanta? Forse, ma con elementi da Barcellona!
20 ottobre 2015 15:54 Bartoli64
Due parole (ma solo due) le spendo per le grossolane valutazioni sopra espresse da Geo, al quale rispondo che l’antidoping - sia pur ne suoi limiti - funziona bene dappertutto e non solo in Italia.

Il problema, semmai, è per l’ipotetico fatto che il doping (come già avvenuto in passato) si potrebbe trovare ancora un passo avanti rispetto all’antidoping, e questo passo (sempre parlando per ipotesi) potrebbe NON averlo fatto in Italia e/o con corridori italiani… ma allo stato attuale siamo sempre nel campo delle chiacchiere e non di più, anche se si sente sempre più spesso parlare di “doping genetico”.

Quanto al post di Sbrinzoblu (Cassani che avrebbe rubato le idee di Bettini), neppure mi esprimo.
D’altronde, si sa, siamo il paese dei C.T. in ogni angolo di strada e del “quando c’era Lui, caro lei, i treni arrivavano in orario”.

Quanto all’articolo del Dr. Gatti ci sta pure il paragone/paradigma Italia=Atalanta, solo che l’Italia ciclistica, a differenza dell’Atalanta calcistica, ha dentro elementi che fanno letteralmente GOLA anche alle “Barcellone Ciclistiche” che hanno ora a disposizione gli altri Paesi, e basta vedere cos’hanno fatto proprio dopo il Mondiale di Richmond i vari Nibali, Trentin e Viviani (tutti Azzurri all’ultimo Mondiale), a riprova del fatto che abbiamo elementi più che ottimi per le prove di un giorno, e che il C.T. Cassani con le sue convocazioni ci aveva visto giusto.

Bartoli64

Sottoscrivo tutto
22 ottobre 2015 20:06 Leonk80
ma ad onor del vero nessun giornalista serio ha parlato di processi o delusione. Chi lo ha fatto (perlopiù commenti da tastiera come questo) denota scarsa obiettività.

Ps. spero che l'"assenza" di Gatti al Tour sia un caso episodico e che il prossimo anno continui a scrivere almeno delle corse più importanti.

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