NIBALI. «Il grande obiettivo è una medaglia a Rio»

PROFESSIONISTI | 12/10/2015 | 16:11
Viaggio all'inferno e ritorno. «La mia stagione è stata tribolata, questo è certo». Vincenzo Nibali è sospeso fra il passato prossimo e le sfide che verranno. Il suo personale 2015 si chiude con le braccia al cielo e il sorriso sornione di chi è appena uscito da un incubo. Doveva rivincere il Tour, ha messo le mani sul Lombardia. Sarebbe dovuto naufragare nella "palude" dell'impopolarità, dopo il gesto folle alla Vuelta, quando si attaccò alla macchina Astana per risalire il gruppo, invece è entrato nella storia come uno dei pochi a collezionare Giro-Tour-Vuelta e sommarli alla classica d'autunno.

Il bilancio del messinese, dunque, non può che essere positivo. Per tutta una serie di motivi, visto che all'inizio «la fatica a trovare il ritmo di gara è stata eccessiva. Ero in ritardo - confessa da Abu Dhabi, dove ha partecipato all'omonimo Tour di Rcs Sport - ma ho cercato di fare sacrifici. Ho sempre avuto l'obiettivo del Tour, ma è chiaro che, dopo la vittoria del 2014, ripetersi non sarebbe stato semplice. E poi chi lo dice che avrei dovuto vincere per forza? Ho avuto una settimana molto difficile all'inizio, ma ho saputo reagire; ho guadagnato posizioni fino ad arrivare al quarto posto che resta un bel risultato. Con un pò di fortuna potevo pure salire il podio. Nei primi giorni sono stato penalizzato da intoppi di vario genere».

La stagione, da tragicomica - fra salti di catene, forature, altri contrattempi - si è trasformata in esaltante. Nibali ha pedalato controvento, dall'inizio alla fine, pur vincendo un altro titolo italiano assoluto. «Bisogna fare i conti pure con questo tipo di problemi. La ruota gira e magari questo era l'anno in cui andava tutto male», ammette, amaro. C'è chi dice che, quando si comincia a perdere, si diventa perfino più simpatici. Nibali ride: «Diciamo che bisogna saper perdere, accettare le sconfitte e, proprio dalle sconfitte, trovare la forza di rinascere. L'importante è non perdersi d'animo. Alla Vuelta, per esempio, contro di me è stata applicata la massima pena, a un altro non lo avrebbero escluso dalla corsa. Ma non me la sono presa più di tanto: per me è stato un punto di partenza. Ho lavorato a testa bassa, avevo degli obiettivi, li ho conquistati. Non è stato semplice, ma ho ottenuto quello che volevo dalle gare in linea. L'indole mi porta a cercare il momento giusto per provarci: così che ho vinto il Lombardia. Il ciclismo mi piace, perché ti regala un senso di libertà...».

Nei giorni scorsi l'Agenzia mondiale antidoping ha diramato l'elenco degli "infrequentabili": il ciclismo è ben rappresentato. Ma emergono due sorprese: la presenza di 61 italiani, su 114 famigerati santoni del doping, e l'assenza del dottor Fuentes, anima nera dell'Operacion Puerto. «Strano che non ci sia Fuentes in quell'elenco, non so dare una spiegazione - afferma lo Squalo -. Questa lista riguarda parecchio il passato, non credo sia ben definita e completa».

Nibali, se potesse tornare indietro, rifarebbe le stesse gare del 2015? «Certo che si, perché non si sa mai cosa riserva il futuro. Non ho rimorsi, nè pentimenti». L'anno prossimo potrebbe esserci di nuovo il Giro nel suo destino. Una promessa e una minaccia per gli avversari. «Ho scoperto la corsa rosa, fra qualche giorno (il 20 ottobre, ndr) scoprirò pure il Tour, ma c'è un obiettivo irrinunciabile per me nel 2016: portare una medaglia alla mia Nazione dal Brasile. Le Olimpiadi sono un evento importante, che non racchiude solo il fatto sportivo, ma porta pure l'unione fra Paesi in guerra. Ci sono popoli che non comunicano e i cui atleti, durante le Olimpiadi, parlano, fraternizzano. Le Olimpiadi sono uniche. Portare una medaglia dei Giochi sarebbe bellissimo".

E il Giro, Vincenzo? «Il percorso mi piace, è disegnato molto bene, ci sono crono molto interessanti. Da due anni non lo faccio e questo mi stimola».

Adolfo Fantaccini per Ansa
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