PROFESSIONISTI | 12/05/2015 | 17:28 Simon Clarke è evidentemente commosso e gli trema la voce quando parla con indosso la maglia rosa, poco dopo il traguardo: «Sono commosso sì, perché questo è il mio primo Giro d'Italia, ho corso tanto da voi sia da dilettante che da professionista, ci tenevo davvero. E poi sono contento di avere tenuto la maglia in squadra, centrando quello che era il progetto di questa mattina».
E poi aggiunge: «Questa è una delle giornate più belle della mia vita ciclistica. Oggi abbiamo vissuto una guerra in bici, io mi sono staccato in cima all'ultima salita e ho fatto uno sforzo per rientrare in discesa, sapevo che era l'occasione per mettere la maglia rosa. Mi hanno detto che Davide aveva un bel vantaggio, dovevo rientrare per prendere la maglia, ci sono riuscito e sono davvero orgoglioso. E complimenti a Formolo che ha vinto davvero una gara straordinaria».
In conferenza, Clarke si è concesso ai microfoni con un eccellente italiano:
Avevate preparato la tappa di oggi come i giorni scorsi?
«La dinamica della giornata ha seguito gli stessi piani dei scorsi giorni: non potevamo permetterci di doverci proteggere e poi si sa che la difesa migliore è l’attacco. Così con Chaves siamo andati in fuga evitando ai nostri compagni di dover tirare per rincorrere gli attaccanti. Abbiamo avuto fino a 10 minuti di vantaggio, non so bene cosa è successo, ma ovviamente qualcuno ci ha inseguito, si sono messi alla nostra caccia».
E negli ultimi km?
«Rispetto all’ultimo giro abbiamo ricevuto informazioni che da dietro stavano chiudendo il buco molto velocemente, speravamo non ci riprendessero troppo lontano dalla cima del Gran Premio della Montagna e infatti mancavano solamente 500 metri dalla vetta. Già, però per me 500 metri in salita sono lunghissimi (ride NDR), mentre per Chaves invece no, è arrivato facile su. Sono scollinato a 10 secondi di ritardo, Astana e Tinkoff Saxo andavano a tutta per fare fuori Uran, sono rientrato ed è stata durissima stare con loro, ma sapevo che la maglia rosa virtuale era sulle mie spalle ed ero molto motivato a non mollare».
Parli bene italiano, cosa rappresenta per te l’Italia?
«Per me l’Italia è stata sempre molto importante e in generale noi australiani veniamo qui, perché la base è proprio in Italia, quindi per i primi 4-5 anni della mia carriera, quando dovevo correre in Europa da Under, ho vissuto in Italia. Poi sono passato professionista con l’Amica Chips e subito dopo mi ha ingaggiato Scinto all’ISD quindi ho sempre corso tanto qui. Quest’anno finalmente sono riuscito a partecipare al Giro d’Italia, lo desideravo tanto e l’ho chiesto specificamente di poter essere al via. Così mi sono preparato al 100% per essere qui al meglio».
Alla Orica preparate specificamente le cronosquadre?
«Tanti dei nostri corridori cronoman sono a Girona in Spagna e quindi fanno molta preparazione per questa specialità insieme, però non sempre nelle gare ci sono solo quelli di Girona. Per me l’importante è la mentalità che si adotta durante queste prove. Siamo riusciti infatti ad avere lo stesso risultato anche senza essere tutti cronoman e senza aver sempre provato insieme. Questo perché la preparazione è identica per tutti».
Chi è il vostro uomo classifica?
«Non ne abbiamo uno specifico, c’è Chaves che in qualche anno potrà sicuramente raccogliere qualche bel risultato. Ma la squadra vuole farlo crescere un po’ per volta, perché correndo tre settimane è tutto diverso, e hanno deciso di forzarlo troppo a lottare per la classifica. Lo aspettano e lo lasciano maturare così che possa fare un bel risultato invece di forzarlo e poi farlo arrivare magari 20esimo».
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