PROFESSIONISTI | 12/05/2015 | 17:28 Davide "Roccia" Formolo ha davvero regalato una grandissima impresa agli appassionati italiani. Le sue prime parole dopo il traguardo: «Da un anno non c'era nulla che andava dritto, oggi finalmente qualcosa è girato...Oggi è stata una giornata durissima, sono riuscito ad entrare nella fuga, ma c'è sempre stato da attaccare e da inseguire. Avevo già provato sulla penultima salita a fare la differenza ma sono rientrati. Così a La Spezia ho deciso di riprovare e ho anticipato perché pensavo che Kreuziger fosse più forte di me. È andata bene, sono riuscito a far forte la salita, è stato bellissimo passare tra tutta quella gente, ho vinto ed è stato grandioso».
È appena terminata la conferenza stampa, ecco cosa ci ha raccontato Davide, in fondo all'articolo c'è il file audio se volete ascoltare la sua viva voce.
È la prima di una serie di imprese? Quali sono i tuoi limiti?
«Ho 22 anni è questo è il mio primo Giro, i miei limiti li scopriremo un po’ per volta, strada facendo. Ora vediamo come reagisce il mio fisico dopo tre settimane. In realtà prima del via volevo prenderla con calma e preservarmi, ma oggi si doveva per forza spendere e abbiamo speso bene le energie».
A chi assomigli come corridore?
«Sono uno scalatore e dunque amo le salite. Alla fine, tutti gli scalatori sono simili, non hanno grandi cambi di ritmo».
Qual è stato il tuo percorso, come ti sei avvicinato al ciclismo?
«Non avevo nessun professionista in famiglia, ma solo grandi appassionati e amatori. Sì, c’è sempre stata grande passione e me l’hanno trasmessa. Sono felice perché sono riuscito a fare il mio mestiere preferito ed è quello che, in fondo, sogna di poter raggiungere ogni persona, che la mattina ti alzi e sei contento di andare a lavorare, perché ogni giorno puoi rincorrere una nuova emozione, porti un nuovo limite. Ho iniziato a correre a sei anni».
Racconta la tua esperienza con un team americano.
«Quest’anno è stato il primo in un team all’estero, per di più americano, quindi dall’altra parte del mondo. Il primo mese è stato obiettivamente un po’ difficile per via della lingua e delle abitudini diverse dalle mie, ma non è mai stato un grosso problema perché la bici ha sempre due ruote e due pedali e dunque ovunque tu sia devi sempre pedalare. Così mi sono concentrato sul mio lavoro, su quello che importa nel ciclismo. Ma dopo poco tempo ho anche migliorato il mio inglese e ora, in generale, sono fiducioso per il mio futuro, sono in una squadra che mi insegna molto ed è piena di grandi professionisti».
In gruppo ci sono diversi corridori che vincevano più di te da dilettante, perché ora sei tu più forte?
«Non sono solito guardare gli altri perché mi concentro su di me e sulle mie performance, l’anno scorso sono passato professionista in una squadra perfetta per imparare molto e sono tutte esperienze che mi tengo molto stretto, sono molto preziose. Come sempre cerco di dare il meglio di me in allenamento e in gara e se dai il meglio di te ottieni anche il massimo in termini di risultati».
L’anno scorso in inverno hai messo su più chili e hai aggiunto più watt, anche quest’anno? Quanti km hai percorso nel 2015 prima del Giro?
«Non so quanti km ho macinato finora, ho fatto 30 giorni di gara e poi mi hanno detto del Giro subito dopo i Paesi Baschi, ma mi sono ammalato prima della Tirreno e non l’ho corsa e mi è spiaciuto non dare quanto avrei voluto. Da dilettante ero sotto i 60 km, ma ero troppo leggero per i professionisti perché in pianura poi spendi troppe energie e arrivi alle salite troppo stanco. Sono alto 1.80 m e peso 65kg».
L’anno scorso hai fatto secondo dietro Nibali al campionato italiano, lì hai scoperto i tuoi limiti?
«Vivo giorno per giorno, non mi pongo limiti e non ho grandi pressioni: mi alleno più che posso e cerco di dare il massimo in gara e poi vedremo cosa succederà».
Sapevi già un po’ di inglese prima della Cannondale?
«A scuola ho imparato l’inglese di base con le sue regole, poi ho frequentato meccanica e lì un po’ di inglese te lo insegnano, ma lo avevo studiato anche alle elementari e alle medie. Essendo in questo team ho imparato nuovi vocaboli e ora so usare meglio i verbi. Capisco cosa mi dicono e riesco a farmi capire».
Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare ciclisti?
«La cosa essenziale è la passione e lavorare tanto perché solo faticando tanto e alimentandosi bene puoi arrivare ad alti livelli nel ciclismo».
Non sono troppi sacrifici?
«Se ti piace andare in bici devi sacrificarti perché così dai il massimo».
Quali idoli avevi da ragazzino? Chi ti piace oggi anche al di fuori dal ciclismo?
«Ivan Basso mi ha sempre dato l’idea di uno che come me ci mette l’anima per questo sport, non ho mai letto tanti libri e il suo l’ho divorato in 3 giorni: mi rivedevo molto nel suo percorso soprattutto quando parlava delle categorie minori. Adesso chi mi piace? Tutti quelli che vincono (ride, ndr). Il calcio non lo seguo tantissimo, preferisco concentrarmi sul ciclismo, la mia squadra è l’Hellas Verona ma sono contento per il Chievo che si è salvato. La birra? Meglio che non la bevo troppa sennò mi viene la pancia».
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