CAVENDISH. «Il sogno? Un'altra Sanremo»

PROFESSIONISTI | 24/02/2015 | 07:50
Insaziabile. Mark Cavendish ha fame, la solita fame di vittoria. L’abbiamo incontrato in Argentina, al Tour de San Luis, dove ha iniziato il suo 2015 vincendo la settima e ultima tappa della corsa.
«In questo primo appuntamento dell’anno abbiamo ritrovato il ritmo gara e messo a punto certi meccanismi con i compagni, so­prattutto con la new entry Sabatini (scherza pronunciando il cognome dell’amico in to­scano, ndr), che ha preso il posto di Pe­tacchi nel treno della Etixx-Quick Step. Fabio si sta inserendo bene ma serve un po’ di tempo a tutti per mettere a punto ogni dettaglio. Renshaw sarà il mio ultimo uomo, è il più esplosivo di tutti, Fabio il penultimo, il resto del treno potrà variare perché abbiamo una squadra fortissima. A differenza, per esempio, della Giant che schiera sempre lo stesso treno per Kittel, noi sappiamo vincere con diversi corridori, come accaduto l’anno scorso al Tour senza di me» spiega sereno e sorridente Cannonball, che soddisfatto ci mo­stra le foto della sua nuova casa in To­scana.
A Quarrata, un gioiello di 500 metri in parquet, rigorosamente Quick Step, arredato interamente dallo stesso Mark, con gran gusto. C’è la piscina, un bel giardino, il for­no a legna per far la pizza, la palestra e la zona benessere, l’area giochi e l’immancabile garage per le tante bici e lambrette.
«In Italia ne ho tre, un’altra all’Isola di Man e due in Inghileterra, non le uso ma mi pia­ce collezionarle. La più vecchia che ho è del ‘57, quella a cui sono più legato è quella che mi ha regalato Bradley Wiggins, una TB165 verde, bellissima, che mi è arrivata due mesi fa. Quando l’ho vista mi sono messo a piangere, è stato un pensiero carinissimo e ben ideato».
Rispetto a un anno fa è di gran lunga più leggero e in forma.
«Praticamente quest’inverno non mi sono mai fermato. Lo avevo già fatto dopo la ca­duta al Tour, quindi non mi serviva riposare più di tanto. La caduta nella prima tappa del­la Grande Boucle, a due pas­si da casa, che mi ha costretto al ritiro in quella che era la corsa su cui avevo puntato tutto, è ormai un lontano ricordo. Sono passati sei mesi e la spalla non mi da più problemi. Per carattere guardo sempre avanti».
Nei mesi scorsi si è allenato al velodromo di Montichiari e si  è cimentato anche in un pa­io di Sei Giorni. «Tornare in pista è stato molto divertente, soprattutto a Gand è stato elettrizzante. Con Iljo (il belga Keisse, idolo di casa, ndr) è stato uno spasso per il pubblico in delirio ma anche faticoso, vista la condizione precaria».
Il primo grande traguardo della sua stagione è la Milano-Sanremo, che vinse nel 2009.
«È la corsa a cui tengo di più: la sognavo da bambino, vincerla una volta è stato bellissimo, rivincerla sarebbe speciale. Il traguardo in via Roma mi piace molto. Dopo la Classi­cis­sima i miei goals saranno il Tour e il Mon­diale. Per quanto riguarda il Tour dello scorso anno, è stato difficile per me accettare di uscire di scena dopo la prima tappa. Mi ero preparato benissimo, tanto che sono sicuro avrei vinto diverse tappe, più che in ogni altra mia partecipazione. Come ogni anno c’erano almeno sette occasioni per i velocisti e io potevo aggiornare il mio record di successi, fermo a quota 25».
E a proposito della rivalità con Marcel Kittel, il giovane tedesco che nelle ultime due edizioni si è affermato come lo sprinter più forte, spiega: «Non penso a battere Marcel, ma a vincere il più possibile. Non lo ritengo più veloce di me, solo più potente: lo vedete, è grande il doppio rispetto a me, è naturale che sia così. La rivalità con lui è co­struita, io non ho niente né con lui né con Greipel, Bouhanni e nessun altro avversario. Io penso alle corse in programma e a come farle mie. Sognavo di conquistare la San­re­mo, i mondiali, la classifica a punti in tutte e tre le grandi corse a tappe e non sono an­cora appagato. Se lo fossi, smetterei».
A 29 anni ha un motivo in più per andare forte: è in scadenza di contratto con la Etixx-Quick Step, che lo accolse due anni fa dopo la parentesi Sky. «Non ho intenzione di cambiare squadra, questo è un gruppo bellissimo, una vera famiglia. Non vorresti mai andar via da casa, lasciare tua moglie e i tuoi figli, ma sapere che sei in giro per il mondo con questi compagni e questo staff ti fa sentire meglio. Quando sarà il momento, mi metterò a tavolino con Lefevere (il team manager, ndr) e ne parleremo».
Nel team quest’anno cinque campioni del mondo: oltre a lui, Kwiatkowski, Boonen, Martin (crono) e Stybar (cross). «Non siamo troppi galli in un pollaio, la nostra forza è il rapporto sincero che c’è tra noi. Diamo il massimo l’uno per l’altro. Tra noi c’è un bellissimo rapporto. Kwiato è un ragazzo fan­tastico, sempre sorridente, con i piedi per terra. Prendete il mio ego: ecco, lui è esattamente il contrario».
Nel calendario di Cav ora ci sono Kuurne-Bruxelles-Kuurne e, in vista della Sanremo, la Tirreno-Adriatico, il tutto in sella alla sua Spe­cia­li­zed Revenge montata Shimano. «Un gioiello di perfezione, aereodinamicità e design. Con Specialized ho vinto i mondiali e la maglia verde. Shimano è una garanzia. Pensate a una macchina giapponese: non sarà bella come una italiana, ma sei sicuro che funzionerà al meglio».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di febbraio
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