PROFESSIONISTI | 18/02/2015 | 07:54 Se la NIPPO-Vini Fantini De Rosa gira intorno a Cunego e se ha come giovani di punta Marini e Filosi e guarda con interesse al rilancio di Colli e Pozzo, buona parte dell’attenzione - in occasione della presentazione ufficiale del team avvenuta ad Ortona - l’ha catalizzata un certo Antonio Nibali: 22 anni originario di Messina, è il fratello minore di Vincenzo, il re del Tour de France. C’era anche lui ad applaudire il fratellino sul palco ed è stato coinvolto in una divertente intervista a due.
Cosa invidia Antonio a Vincenzo? «Il suo talento nella discesa».
E Vincenzo? «Niente, però lui è più bravo con le donne, ma solo perché ha più tempo e poi io ho Rachele ed Emma…».
Ascoltando le parole del capitano dell’Astana si comprende subito quanto cerchi di togliere il più possibile pressione dalle spalle del fratello, sottolineando più volte di lasciarlo vivere le sue esperienze senza interferire troppo: «Mi informo su di lui soprattutto attraverso i social, però spero segua i miei consigli».
Quali? Antonio spiega: «Mi ha detto di dare sempre tutto finché posso». Portarsi un cognome così pesante addosso e - peraltro - assomigliarsi parecchio non è facile. Il direttore sportivo Stefano Giuliani ci scherza, ma non più di tanto: «Ovviamente il cognome è stato importante: quando dici che hai Nibali in squadra non passi inosservato…», dice sghignazzando come un matto.
Ma chi è Antonio Nibali e soprattutto che corridore è? Passista scalatore, nato il 23 settembre 1992, da dilettante ha corso dal 2011 al 2013 alla Mastromarco-Sensi-Benedetti-Dover con il successo nella cronosquadre del Giro delle Valli Cuneesi nelle Alpi del Mare 2013, poi l’anno scorso ha militato nella Marchiol Emisfero Continental. Il passo quando la strada sale è interessante: «Ci provo spesso a staccare mio fratello, l’ho fatto anche all’inizio dell’anno, quando ci siamo allenati insieme a Messina. Non ce l’ho ancora fatta, anche se Vincenzo ha ammesso di aver faticato e non poco a tenere le mie ruote». Nibali senior vinceva molto anche da dilettante e ha avuto una carriera in continua progressione, Antonio non si è espresso sugli stessi livelli nelle categorie giovanili, però ha in famiglia una stella polare da seguire e, per quanto gli sarà possibile, da emulare. Già a partire dalle dichiarazioni. Vincenzo afferma: «Dalla sua ha l’età e l’entusiasmo, spero trovi la tranquillità e il terreno giusto per crescere tanto e fare esperienza. E questo dipende molto anche dai suoi direttori sportivi. Mi auguro che tiri fuori tutta la sua grinta e che si metta a servizio della squadra. E, se capita, che si tolga qualche soddisfazione personale». Poco dopo Antonio le ripete, quasi identiche. E chiarisce: «Chiamarmi Nibali non è un peso, piuttosto è un motivo di orgoglio e uno stimolo a cercare di fare sempre meglio. Vincenzo? Ha otto anni più di me, è andato via da Messina quando io ancora andavo alle elementari, insieme praticamente trascorrevamo solo l’inverno, quando lui non correva. Adesso che facciamo lo stesso mestiere ci vediamo abbastanza spesso, diciamo che riusciamo ad allenarci insieme due o tre volte al mese».
Cosa le dice mentre pedalate? «Uscire con lui è come andare a scuola di ciclismo. Non lo dico perché è mio fratello, ma credo che di corridori belli in bicicletta come lui ce ne siano davvero pochi. E di consigli me ne dà in continuazione. Pensate che la prima volta che mi ha visto in sella alla mia nuova De Rosa, mi ha guardato pedalare per un po’ e poi mi ha detto “sposta indietro la sella di un paio di millimetri”. Naturalmente aveva ragione».
Anche a lei papà Salvatore ha segato la bicicletta? «No, per carità. La peste di famiglia è sempre stato Vincenzo, io sono più tranquillo. E lui ha sempre detto che sono il cocco di mamma e papà…».
Quando non siete insieme, vi sentite? «Poco, quasi mai, per mille motivi. Ma quando ci vediamo, è come se non fossimo mai stati lontani».
Ultima domanda “familiare”: com’è Antonio Nibali nei panni dello zio? «Come nel ciclismo: imparo e miglioro. Emma ha quasi un anno ed è capitato che me l’abbiano affidata per qualche ora: come baby sitter non me la cavo male».
Quali le prime sensazioni della nuova avventura in seno alla NIPPO Vini Fantini De Rosa? «Un gruppo di giovani stretto attorno ad un capitano come Damiano Cunego che ha l’entusiasmo di un ragazzino. Stargli accanto in allenamento e poi finalmente anche in corsa, è per noi il modo giusto per crescere. Non potevo chiedere di meglio per quello che personalmente considero un passaggio fondamentale per migliorare».
Per quando è fissato il suo esordio? «Per il 19 febbraio al Trofeo Laigueglia. Il mio team manager Francesco Pelosi dice che ho ottimi margini di miglioramento, che sono un corridore tutto da scoprire. Io so che dovrò lavorare per dimostrare di valere e che hanno fatto bene a darmi fiducia. Da parte mia, non vedo l’ora di cominciare, perché ho un sogno da inseguire: si chiama Giro d’Italia».
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