ULISSI. «Mia moglie e Mori mi hanno rimesso in bici»

PROFESSIONISTI | 10/02/2015 | 07:10
Li ha raggiunti l’altra sera, nel ritiro di Riotorto, dopo il Gp degli Etruschi. Della truppa Lampre-Merida è entrato a far parte anche Diego Ulissi, che sotto la guida di Daniele Righi e Mario Scirea, sosterrà una settimana di lavoro con i compagni di squadra.

La condizione è buona, la bicicletta, fatto salvo alcune eccezioni, non l’ha mai abbandonata. Il morale, come è comprensibile, non è dei più alti. I nove mesi di squalifica inflitti al corridore toscano il 19 gennaio scorso dalla Camera disciplinare elvetica (il corridore della Lampre-Merida risiede in Svizzera e ha tessera elvetica, ndr) per la sua positività al salbutamolo, un broncodilatatore, il 21 maggio scorso al termine dell’11a tappa del Giro, non gli ha fatto fare certamente i salti di gioia.

«Cosa posso dire, i giudici svizzeri hanno adottato una decisione mite, visto che potevano starci anche dodici mesi di squalifica. Mi hanno anche riconosciuto una "negligenza senza però avere volontà di migliorare le proprie prestazioni agonistiche, così come accertato dall’antidoping svizzera", però io in ogni caso mi sentivo molto meno responsabile di quanto mi hanno fatto passare. È una leggerezza, una negligenza come l’hanno definita, ma io ho detto fin da subito che avevo fatto ricorso a quel medicinale per quel tipo di problema, e qualcosa che a me sfugge non ha funzionato».

Cosa ti ha insegnato questa vicenda?
«Che d’ora in poi, io il Ventolin non lo userò più, né tanto né poco. Se avrò dei problemi d’asma mi ritirerò. Questo è certo».

Al Giro d’Italia due vittorie di tappa (Viggiano e Montecopiolo, 5a e 8a tappa) e un bellissimo secondo posto nella crono di Barolo. La comunicazione della positività al broncodilatatore (gli sono stati riscontrati 1.920 ng/ml con i 1.000 ng/ml consentiti, ndr) ha offuscato tutto…
«Diciamo che fino al 24 giugno mi sono goduto come pochi: avevo fatto un grande Giro e nessuno lo metteva in dubbio. Il giorno dopo ecco arrivare la mazzata della positività, e con annessa la sospensione da parte del mio team».

Come sono stati questi nove mesi?

«Devo essere volgare o è meglio che mi contenga?».

Contieniti, leggono anche i bambini…

«Sono stati mesi molto difficili. Devo dire però che ho avuto una grandissima fortuna: avere al mio fianco Arianna, mia moglie e la mia piccola Lia è stato fondamentale. Ma anche Saronni, Brent Copeland e tutti i miei compagni di squadra sono stati eccezionali».

Hai mai pensato di piantare lì tutto…

«Dopo aver corso la Bernocchi, prima delle tre prove del Trittico, e alla sera essere nuovamente fermato dall’Uci, mi sono sentito mancare la terra sotto i piedi. Ero davvero avvilito. Vinto. Moralmente incapace di guardare con ottimismo al futuro. Mia moglie, in questa fase è stata non brava, di più. Mi ha lasciato per un po’ nel mio brodo, poi con tatto e sensibilità ha cominciato a parlarmi, a toccare le corde giuste per farmi tornare in bicicletta».

Non ti allenavi più?

«Per una decina di giorni non ne ho voluto più sapere. In quel momento ero con la testa altrove. Guardavo il muro di casa e faticavo a pensare cosa potesse riservarmi il futuro. Guardavo la mia bimba è pensavo: come posso trasmetterle un po’ gioia? Poi ci ha pensato anche Manuele Mori. Un giorno è partito dalla Toscana ed è venuto da me a Lugano. Mi ha rimesso con forza in bicicletta e per quattro giorni non mi ha più mollato. Non smetterò mai di ringraziarlo».

I tuoi avversari ti sono stati vicino?

«Molto. Lo devo dire a gran voce, tantissimi corridori mi hanno scritto, telefonato per invitarmi a non mollare. Tanti davvero. Vincenzo (Nibali, ndr), abitando qui a Lugano, in più di una circostanza mi è venuto a cercare per uscire con me. Spesso si dice che tra ciclisti non c’è unione, io ho trovato solo affetto e una solidarietà inaspettata, che vale più di ogni altra cosa».

Beh, troviamo il lato positivo di questa brutta storia: il ciclismo è pur sempre una gran bella famiglia…
«Devo dire di si. Il gruppo con il sottoscritto è stato non carino, molto di più. Non me ne vogliano però i tanti ragazzi che mi hanno sostenuto, ma avrei preferito non scoprirlo. O almeno, non in questo modo. A questo prezzo. Ma nella sfiga… si può dire sfiga?».

Beh, l’hai detto…

«Ecco, nella sfortuna, ho trovato un gruppo di avversari che sono anche amici. E la cosa mi inorgoglisce non poco».

Quando tornerai a correre: la squalifica finisce il 28 marzo…

«Ricomincio con il Giro dei Paesi Baschi, per ritrovare confidenza con le corse, per ritrovare ritmo e fare un po’ di fuorigiri. Poi correrò Amstel, Freccia e Liegi. Giro di Romandia e Giro d’Italia. Alla corsa rosa vorrei riconfermare quanto di buono ho fatto vedere un anno fa: questa volta però senza se e senza ma».

Cosa hai nel mirino?

«Il Giro sicuramente, ma anche la maglia di Campione d’Italia: sul traguardo di Superga io ho già vinto».

Dove sarà il tuo futuro?

«Io mi vedo alla Lampre-Merida, e loro penso che si vedano con il sottoscritto in squadra. È un team che ha sempre creduto tantissimo nel sottoscritto e io spero di ripagarli di tutto quello che è giusto che si aspettino da me».

Nove mesi a pensare, a non darsi pace: hanno riconosciuto la tua buona fede. Cosa ti ha fatto incavolare più di tutto?

«Non essere creduto fino in fondo, io so di non aver fatto il furbo».

Hai mai pensato “ora andate tutti a quel paese…”

«Certo. Più e più volte. E quei corridori che dicono di non averlo mai pensato dicono il falso. Il ciclismo per me è tantissimo. È la mia passione. È la mia gioia. Ma stare lontano da casa, partire per le corse non è semplice. Io in famiglia ci sto bene. Io con Arianna e Lia vorrei starci anche più a lungo, ma la bicicletta ha i suoi tempi, le sue necessità. Capita, quindi, di pensare: ma andate tutti a quel paese… Poi, una volta che sei sul divano e magari ti scappa di vedere una gara in tivù, immediatamente capisci che il tuo posto è lì, in mezzo al gruppo».

Che stagione sarà?

«Quella di Contador, che farà vedere i sorci verdi a tutti, ma non a Nibali, che ha l’età e l’esperienza giusta per rivincere anche il Tour de France. Di Aru, che si confermerà grande tra i grandi. Di Formolo, che è uno dei giovani più interessanti, ma attenti anche a Villella e al nostro Mattia Cattaneo. Sarà anche l’anno di Niccolò Bonifazio, il nostro bomber pazzerello. Spero sia anche l’anno di Diego Ulissi, ma è meglio non dire niente. Facciamo parlare solo la strada. Forse è meglio».

Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Forza Diego
10 febbraio 2015 09:31 The rider
Forza Diego non mollare ti aspettiamo dai Paesi Baschi in poi, un grosso in bocca al lupo per la stagione.

Pontimau.

frase topica
10 febbraio 2015 09:40 bernacca
Cosa ti ha insegnato questa vicenda?
«Che d’ora in poi, io il Ventolin non lo userò più, né tanto né poco. Se avrò dei problemi d’asma mi ritirerò. Questo è certo».

Mi chiedo: ci voleva tanto a capirlo?

A PARTE IL DOPING
10 febbraio 2015 15:38 venetacyclismo
Che delusione sapere che tutti questi ragazzi vivono in Svizzera a Montecarlo etc. che brutta immagine che danno, per me cancellati, il ciclismo uno sport umano di passione di gente che fatica , uno sport di gente popolare , sia ben chiaro è solo un mio giudizio e non pretendo che altri approvino , io no.

forse non avete idea
10 febbraio 2015 15:47 excalibur
risposta a venetacyclismo

se il tuo nick è legato alla regione in cui vivi, è comprensibile che tu non abbia idea di quel che succede tra italia e svizzera: la fila alla dogana di chi va a vivere in svizzera o ci porta la sua azienda è sempre più lunga, ci sono uffici di intermediazione che stanno facendo soldi su quello e senza che chi se ne va sia necessariamente miliardario. gli uffici svizzeri faticano a smaltire la mole di lavoro del traffico che arriva dall'italia.
non chiediamo solo ai ragazzi del ciclismo di essere etici, morali, belli e puliti, dai...

a parte il doping ?
10 febbraio 2015 17:02 giiocas
A venetacyclismo dico solo una cosa: come si può pensare di rimanere in Italia dove tutti fregano e le istituzioni non sono più credibili. Ti mangiano tutto in tasse mentre i politici spazzano e fanno a gara a chi è più furbo?

CHIEDIAMOCI IL PERCHE'
10 febbraio 2015 17:04 EZIOMILANO
In risposta a venetacyclismo posso dire che la colpa non è tanto di chi va via dall'Italia , ma di chi fa di tutto per affossare questa nostra bella nazione. Io non parlo solo per dare fiato alla bocca perché non sono andato all'estero e ogni mese pago regolarmente tutti i balzelli che lo stato mi impone anche per gli oltre 100 dipendenti che collaborano con me e credetemi che non è cosa facile.....
In ogni caso Alè DIEGO !!!

Se è per questo...
10 febbraio 2015 18:16 Bartoli64
Se è per questo c’è pure chi - con fatturati e bilanci in stra-attivo - “delocalizza” in Romania buttando per strada 68 operai (la Campagnolo tanto per fare nomi), e questa è una delle notizie più brutte che questo mondo potesse partorire… brutta da far rivoltare lo stomaco (anche perché stavolta il Fisco italiano sembra entrarci poco nella vicenda).

Pensate, l’eccellenza dell’industria meccanica ciclistica italiana che “emigra” all’estero per risparmiare sui salari di maestranze specializzate, e magari hanno pure il coraggio di continuare a marchiare i prodotti “Made in Italy”! Un vero calcio in faccia anche per tutti i “campagnolisti” convinti come il sottoscritto!!

Brutta storia quella, altro che quella del contribuente Ulissi (con residenza monegasca), anche se qualcosa di bello in tutto ciò esiste: quello che ha fatto per lui il suo compagno di squadra Mori.

Bartoli64

estero
10 febbraio 2015 19:03 siluro1946
Bravo Ulissi, guarda avanti e pedala come sai fare. Perché non andare a Lugano? E' una città bellissima, ordinata, pulita, tutto che funziona, si pagano meno tasse, delinquenza ai minimi fisiologici, immigrazione controllata
ecc. ecc.

Venetacyclismo
11 febbraio 2015 09:02 Bastiano
Io non mi scandalizzerei per il fatto che un atleta vada via dal nostro Paese per cercare di risparmiare sulle tasse. Quello che mi scandalizza è che, in un Paese dove la tassazione arriva spesso oltre l'80%, si debbano avere bilanci dello Stato in perdita, servizi penosi e livelli di sicurezza pessimi. Di fronte a tutto questo, dovrei scandalizzarmi che Ulissi e tanti altri vanno a vivere in Svizzera????
Perdonami ma, lo scandalo è altrove!

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