Donati: ciclismo in crisi, ma gli altri sport non sono puliti

| 27/07/2006 | 00:00
'Se confermata quella di Floyd Landis e' una positivita' di quelle pesanti''. Sandro Donati commenta cosi', a caldo, la notizia, diffusa dalla Phonak, della positivita' al testosterone dello statunitense Landis, vincitore del Tour de France. Ma l'ex dirigente del Coni, attualmente responsabile dello Sport per l'Associazione Libera di Don Ciotti, avverte circa i rischi di questo ennesimo scandalo che ha travolto il ciclismo e, in particolare, la Grande Boucle: ''E' un ciclismo che non ha credibilita', e questo crea dispiacere per quei ragazzi che faticano in bicicletta'', spiega Donati all'agenzia ADNKRONOS, ''ma non utilizziamolo come paravento. Se ci fosse un Giro d'Italia di altri sport, con venti giorni da passare sotto i riflettori, emergerebbero le stesse cose''. Secondo Donati la positivita' di Landis allo steroide testosterone al termine della tappa alpina di Morzine, stravinta dall'americano con un'impresa seguita ad un giorno di grande crisi, e' pesante per un motivo ben preciso: ''Superare il limite stabilito dai laboratori, un limite molto alto, vuol dire avere una concentrazione elevata. Vuol dire essere in una condizione anabolizzata, molto adatta per sopportare lo sforzo, anche perche' il testosterone ha un effetto antinfiammatorio e comporta una grande eccitazione psichica, oltre a provocare un aumento dei globuli rossi'', osserva l'esperto. ''Parlare di manica larga per i limiti imposti dai regolamenti internazionali sul testosterone vuol dire usare un eufemismo''. Ma le osservazioni di Donati non si limitano alle sole competenze degli organismi sportivi, estendendosi agli addetti ai lavori: ''Se confermata questa positivita' mette in evidenza l'assuefazione al doping da parte dei commentatori'', dice Donati rivolgendo un appello alla stampa, che a suo dire ''ha taciuto di fronte ad una reazione come quella della tappa di Morzine dopo un crollo come quello del giorno precedente''. Secondo Donati il ciclismo, nonostante i continui scandali legati all'uso di sostanze illecite e dannose per la salute, non e' diverso dalle altre discipline: ''Gli altri sport hanno un privilegio, perche' in certi periodi scompaiono e hanno cadenze diverse. Si possono cambiare i dosaggi dei farmaci, si puo' essere molto piu' accorti'', spiega ancora. ''Non vorrei che si utilizzasse il ciclismo come uno scudo. C'e' il calcio, ad esempio, che ha una valenza economica immensa, tra l'altro spesso con provenienze poco chiare. Ricordiamoci che proprio per il calcio il laboratorio di Roma e' stato chiuso, perche' gli anabolizzanti li cercavano una tantum''. Il male del mondo dei pedali, tornando al ciclismo, e' rappresentato anche dalla dirigenza delle squadre: ''Il ciclismo e' nelle mani dei direttori sportivi'', osserva Donati, ''che hanno una mentalita' corrotta''. Tirando le somme la piaga del doping, secondo l'esperto che il 30 giugno scorso e' uscito dal Coni, e' rappresentato in particolar modo dai controlli antidoping, che Donati definisce dei ''colabrodo'': ''Non riescono ad intercettare numerosissime sostanze'', spiega, ''come ad esempio il Gh. Perche' non c'e' un metodo di rilevamento. E quindi non intercettano neanche i correlati del Gh, come il Gf-1, oppure le emoglobine sintetiche o di origine animale. L'Epo? Se la si assume 6 giorni prima del controllo non viene riconosciuta, cosi' come non viene riconosciuta l'emotrasfusione se il soggetto ha utilizzato il proprio sangue. L'unica possibilita' e' che qualcuno scopra le sacche di sangue, come accaduto in Spagna (nella Operacion Puerto; ndr)''. La conclusione di Donati e' amara: ''Nonostante queste indagini il sistema sportivo continua a far credere che a doparsi sia veramente lo 0,7% degli atleti'', aggiunge. ''Ma in questa percentuale ci mettono anche i positivi alla cannabis? Il sistema sportivo e' impotente, e' inutile anche chiedersi se ci sia davvero uno sport piu' pulito di altri''.
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