SARONNI. «Voglio una Lampre giovane e vincente»

PROFESSIONISTI | 18/11/2014 | 07:55
Una stagione è ormai alle spalle, si fanno i bilanci, si tirano le somme, ma soprattutto si fanno nuovi programmi: e questa è già una buona notizia. Perché in un periodo in cui le squadre chiudono i battenti o ridimensionano anche di molto i loro organici, trovare chi va avanti merita tutta la nostra considerazione e stima.
La Lampre-Merida di Beppe Saronni prosegue il proprio cammino nella mas­sima serie. Per la Lampre, sponsor italiano, lombardo, brianzolo visto che è di Usmate, quella che sta per arrivare sarà la stagione numero 22. Qualcuno dovrebbe anche cominciare a fare un mo­numento alla famiglia Galbusera (Mario, il papà, con Emanuele e Sergio i figli) che da anni sono un autentico pi­lastro del nostro movimento, ormai ridotto ad una sola squadra nella serie A del ciclismo. Stoppo subito quelli che la sanno lunga e sono pronti a raccontarmi e a raccontarci che la famiglia Galbusera investe perché sicuramente ha il proprio tornaconto. Con questa logica, invito i geni che ho imparato a conoscere e riconoscere e quindi ad an­ticipare che i suoi soldi - la famiglia Galbusera - potrebbe destinarli ad altri sport, o ad altre iniziative di comunicazione e marketing. E seguendo questa logica cinica e arida di intelligenza, non andrebbero premiati i corridori perché tanto sono già stipendiati e tutti sono chiamati a dare comunque il massimo di loro stessi.
Noi, che invece siamo limitati, almeno un grazie ai signori Galbusera lo diciamo eccome. Grazie per questi 21 anni di ciclismo e grazie a quello che verrà e che verranno in futuro. Grazie anche a Beppe Saronni, che sarà pure un tipo molto riservato, che ama più casa sua che i riflettori della ribalta, ma intanto tie­ne in piedi una squadra che dà la possibilità all’Italia di dire: nel grande ciclismo ci siamo anche noi.

Terminati i preamboli, eccoci al motivo dell’incontro con Beppe Saronni, re­spo­nsabile del team blu-fucsia: fare due chiacchiere di fine anno, guardando quello che è stato fatto, ma soprattutto a quello che la formazione diretta da Brent Copeland è chiamata a fare.

Beppe, il prossimo anno la Lampre-Me­rida sarà l’unica formazione di matrice ita­liana nel ristretto e ormai elitario mon­do del World Tour: c’è da andarne or­gogliosi?
«Mica tanto. Abbiamo maggiori re­spon­sabilità e poi non è un bene per nessuno: è un peccato che il ciclismo italiano perda una formazione di livello come era quella diretta dall’amico Ama­dio. Mi spiace perché Roberto, pur con un budget limitato, ha lavorato benissimo e ha mantenuto il team a grandi livelli con assoluto acume e grande buonsenso».

Che voto dai alla stagione 2014 della tua Lampre Merida?
«Abbiamo chiuso con un 14° posto nel ranking mondiale e Rui Costa ha chiuso al quarto posto nella classifica di merito individuale. Nel complesso dico che siamo andati benino, do al team un 6,5 - la sufficienza piena - che poteva essere anche un voto più alto se solo avessimo avuto più fortuna al Tour de France. Modolo è stato co­stretto al ritiro dopo sole due tappe, e Rui Costa si è ammalato e non ha reso come avrebbe voluto e potuto. Per non parlare di Diego Ulissi, che stava an­dan­do molto bene, dimostrando a tutti il proprio riconosciuto talento. Poi la discussa positività (salbutamolo, ndr) che l’ha costretto e ci ha costretti ad uno stop forzato».

Ventisette vittorie, e un gran bel nucleo di giovani che fanno ben sperare…
«Modolo ha ottenuto otto vittorie, ma da un ragazzo come lui, con le sue qualità, mi aspettavo e mi aspetto molto di più, perché ha grandi mezzi. Rui Costa lo conosciamo tutti: basta dare un oc­chio al ranking dell’Uci: è tra i più forti corridori del mondo e come tale è considerato da noi e da tutti. Di Ulissi spe­ro solo che quanto prima chiuda la sua questione con la giustizia sportiva e possa tornare a far vedere quello che vale. Per quanto riguarda i giovani, so­no davvero la nostra nota più lieta. Bo­nifazio ha fatto una stagione molto buo­na. Al suo primo anno da professionista ha vinto cinque gare (più un circuito, ndr) e ha dimostrato a tutti di possedere grandi doti. Lo stesso possiamo di­re per Valerio Conti: è un pu­ledrino di razza, che sa perfettamente quan­to vale e dove può arrivare. E poi abbiamo anche Mattia Cattaneo, che dei tre è il più grandicello, ma anche lui ha grandissime doti. In questi due anni di professionismo ha avuto qualche acciacco, ma quest’anno, in par­ti­co­lare al Giro d’Ita­lia, mi è piaciuto molto e penso che il prossimo anno possa fare un ulteriore salto di qualità che potrebbe condurlo in una nuova dimensione: ha solo bisogno di qualche segnale che lo convinca dei propri mez­zi. Il ra­gazzo c’è. Ha talento e voglia di fare, deve so­lo crederci un pochino di più. Tra i ra­gazzi che noi teniamo d’occhio c’è an­che Jan Polanc: lo sloveno ha immensi mez­zi. Il prossimo an­no, per tutti e quattro sa­rà una stagione molto importante».

In uscita Cunego, con Anacona, Horner, Favilli, Dodi, Palini e Wackermann…
«Dispiace sempre dover operare delle scelte, ma ogni giorno ognuno di noi è chiamato a farle. Brent Copeland, con il suo staff tecnico, ha pensato bene di voltare pagina. Io ho condiviso i loro report e le loro scelte. Avevamo bisogno di ringiovanire il team e siamo ar­rivati alla riformulazione di parte della squadra».

Dopo dieci anni si rompe il sodalizio Cu­nego-Lampre…
«Damiano era ormai uno di famiglia e tale lo consideriamo ancora e resterà per sempre. Gli auguro tutto il bene possibile, perché se lo merita in pieno. Ma cre­do che fosse arrivato il mo­mento di proseguire su strade diverse. Umana­mente di­spiace, questo è chiaro. Ma sia per il suo bene che per il futuro del nostro team, la scelta era quasi obbligata».

Tra i nuovi arrivi, il ventitreenne bielo­rus­so Ilia Ko­shevoy, di cui si dice un gran bene...
«È un ragazzo molto interessante, un buon pas­sista scalatore che può crescere e accrescere il nostro vivaio di giovani talenti. Altro giovane che entra a far parte del nostro team è lo sloveno Lu­ka Pibernik, classe ’93, passista scalatore adatto ai percorsi mi­sti. Tra i nuovi innesti, l’unico “attempato” è Ruben Plaza, spagnolo di 34 anni, che arriva dalla Movistar e può essere molto utile nei Grandi Giri».

Per i Grandi Giri c’è anche Niemiec…
«Guarda, Prezmyslaw secondo me de­ve fare una scelta ben precisa. In Spa­gna, alla Vuelta ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per diventare un buon cacciatore di tappe. Se si concentra su questo tipo di corsa, a noi non di­spiace neanche un po’».

Ma un piazzamento nei Gran­di Giri vale più di una vittoria di tappa…
«È vero an­che questo, ma francamente a me vincere piace molto di più…».

Non abbiamo an­cora parlato di Fi­lippo Poz­zato…
«E cosa ti posso di­re? Dopo la Vuel­ta, aveva an­che rag­giun­to un di­screto stato di for­ma. Quindi con del lavoro e delle corse nelle gambe il suo rendimento era da considerare discreto. Da qui deve ri­partire».

Ha letto della proposta di Oleg Tinkoff: 1 mi­lione di euro per Nibali, Contador, Froo­me e Quintana. Ad una condizione: che corrano tutti e tre i Grandi Giri.
«Oleg si conferma un grande manager. Uno che ha il senso degli affari e della comunicazione. L’idea di avere quattro grandi big che si confrontano nei tre Grandi Giri non è assolutamente male, ma penso che tale provocazione alla fi­ne resterà tale, perché credo sia impossibile programmare tre grandi avvenimenti di questa portata nella stessa stagione. A meno che i quattro non raccolgano la sfida e decidano davvero di correrli tutti e tre. In ogni caso mi permetto di dire a Oleg che io il milione di euro lo metterei in palio per quel corridore che nei tre grandi Giri si piazza meglio. Non lo dividerei in quattro».

All’orizzonte c’è la riforma del ciclismo professionistico: noi di tuttoBICI ne ab­biamo parlato abbondantemente sia sulla rivista che su tuttobiciweb. Ora, però, sembra che tutto sia momentaneamente congelato, in attesa di nuove proposte…
«Se fosse per me, rintrodurrei la coppa del Mondo, che andava a valorizzare le classiche di un giorno. Oggi sono solo cinque i monumenti del ciclismo, con la Coppa erano perlomeno dieci le cor­se di un giorno che avevano un senso. E poi era bello premiare il corridore più regolare nelle corse di un giorno. Così come è bello premiare il più forte corridore nei Grandi Giri. Io valorizzerei, modello tennis, il ranking individuale, quello che quest’anno ha premiato Alejandro Valverde. E ultimo, ma non ultimo, semplificherei il tutto creando la prima, la seconda e la terza divisione con una vera e propria classifica con formazioni promosse e altre retrocesse. Sarebbe un modo per rendere il tutto molto più fruibile e comprensibile agli appassionati. Ma una cosa in questi anni l’ho imparata: quello che pensiamo noi conta poco. Chi decide è l’Uci, quindi non stiamoci tanto ad agitare. Non ne vale più la pena».

Le classifiche - dicono i detrattori - vanno a condizionare eccessivamente le corse…
«Perché i Grandi Giri non sono condizionati da corse nelle corse? C’è chi lotta per il successo finale, e chi per la maglia azzurra, bianca, rossa, ma anche per la classifica a punti, a tempi e quella della combattività. E poi nelle prove di Coppa del mondo, per esempio, ve­devo correre anche corridori che, se non ci fosse stata una classifica, nemmeno le avrebbero corsa. Se sei lì a lottare per il successo finale, corri tutto. Provi e ti cimenti anche in classiche che non ti si addicono. Ti metti in di­scussione. Ripeto, per me riproporre la coppa del mondo sarebbe invece una cosa bellissima».

Cosa chiedi alla stagione che verrà?
«Un ciclismo italiano più sereno. Più cosciente dei propri mezzi e della propria storia. Spero che la Lampre Merida non sia sola. Sai sono pur sempre Saronni e una sana rivalità a me è sempre piaciuta».

di Pier Augusto Stagi, da tuttoBICI di novembre
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COMMENTI
Grande
18 novembre 2014 10:10 geo
Bravo Saronni!

Un immenso grazie ai Signori Galbusera.
18 novembre 2014 14:45 Bastiano
Come si può non essere riconoscenti a chi ci permette di avere sempre un team nell'elite del ciclismo mondiale?
Troppe polemiche ci sono state in passato e forse del tutto gratuite. Noi dovremmo parlare solo di ciclismo e pensare a difenderne gli sponsor, perchè è solo grazie a loro, che possiamo goderci questo spettacolo a titolo gratuito.

Saronni Santo Subito
18 novembre 2014 21:47 bove
Le cose più semplici, di solito, sono quelle che funzionano meglio. Bravo Beppe. Le cose "complicate" di solito servono per accontentare Tizio, Caio e Sempronio, che gira e rigira sono quelli con il coltello dalla parte del manico.

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