CASO PANTANI. Parla mister X: «Vittima di scommesse sporche»

APPROFONDIMENTI | 09/11/2014 | 11:36
Scommesse e interessi economici della criminalità organizzata: questo il possibile scenario dietro l’esclusione di Marco Pantani dal Giro d’Italia 1999 a Madonna di Campiglio. L’inchiesta contro ignoti aperta dalla procura di Forlì – ipotizza i reati di associazione a delinquere finalizzata a minacce, truffa e frode sportiva – ha subìto un’accelerata in questi ultimi giorni. Il personale di polizia giudiziaria, coordinato dal procuratore capo Sergio Sottani e dal sostituto Lucia Spirito, avrebbe interrogato il personaggio chiave della vicenda (fonti inquirenti si limitano a dire che gli interrogatori stanno andando avanti): un esponente della criminalità organizzata. Un camorrista. Il famigerato Mister X, che avvicinò Renato Vallanzasca in carcere, consigliandogli di scommettere contro Pantani.

PERCHÉ questa l’ipotesi – la camorra aveva in mano quel Giro d’Italia: controllava cioè il presunto giro di scommesse clandestine. E avrebbe portato prima all’alterazione della fialetta di sangue nel Giro del ’99 e poi all’estromissione del Pirata dalla gara, a causa dell’ematocrito troppo alto (52 il valore riscontrato, 50 quello massimo consentito). Già, il sangue del campione di Cesenatico. Qualcuno, effettivamente, lo alterò?
Gli inquirenti non si sbilanciano, perché gli accertamenti su questo delicato aspetto dell’inchiesta proseguono ancora, raccogliendo testimonianze come quella di Marco Velo, compagno di squadra della maglia rosa, anche lui sottoposto ai controlli quel giorno. E pochi giorni fa un testimone si è presentato spontaneamente in procura per raccontare il clima di Madonna di Campiglio, arrivo della terzultima tappa della corsa. Quella sera si tenne una festa, anche se fonti investigative non confermano collegamenti con la squalifica al mattino successivo. Le dichiarazioni dell’uomo hanno trovato, per il momento, riscontri parziali. A questo punto non è escluso che nelle prossime settimane vengano sentiti i medici e l’ispettore dell’Uci che effettuarono quei prelievi. Intanto, la procura di Forlì ha acquisito gli atti del processo di Trento per esaminare le loro dichiarazioni.

«LO STRUMENTO utilizzato per le analisi era quello richiesto dall’Uci»: questo dicono i tre medici all’epoca in servizio all’ospedale Sant’Anna di Como, Eugenio Sala, Michelarcangelo Partenope e Mario Spinelli. I sanitari, a distanza di 15 anni, ribadiscono la correttezza della procedura: la provetta fu trasportata dalla camera d’albergo del campione al laboratorio di analisi senza alterare condizioni e temperatura. Pare però che la sera prima lo stesso esame, fatto da Pantani con una microcentrifuga, avesse dato esisto diverso, entro parametri tollerabili.
Quell’apparecchio già a suo tempo fu messo sotto sequestro dalla procura di Trento, che indagò i sanitari con l’ipotesi di truffa aggravata, salvo poi proscioglierli a fronte di una perizia svolta a Parma che aveva confermato la correttezza della procedura e dell’esito.

INTANTO a Rimini prosegue l’inchiesta, anch’essa riaperta, sulla morte del campione il 14 febbraio 2004 in un residence della Riviera. L’avvocato della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, fa sapere che intende depositare in procura a Rimini la perizia eseguita sul video girato il giorno in cui venne trovato il cadavere del Pirata. Un video, secondo il legale, interrotto 36 volte. De Rensis depositerà anche i risultati di indagini difensive su quel giorno, con dichiarazioni di nuovi testimoni.

da «Il Resto del Carlino» del 9 novembre 2014 a firma Luca Bertaccini
Paola Pioppi
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