CARUSO. «Una vittoria che vale una liberazione»

PROFESSIONISTI | 01/10/2014 | 18:49
Giampaolo Caruso, 34 anni, siciliano di Avola (Sr), ha firmato la quinta vittoria della sua carriera: nel 2003 aveva vinto una tappa del Tour Down Under in Australia, mentre nel 2009 aveva conquistato due tappe ed il successo finale nel Brixia Tour.
«Una vittoria che considero come una liberazione - ha detto Caruso subito dopo la premiazione - perché quest’anno ho visto sfumare la Liegi a 75 metri dal traguardo e una bella tappa della Vuelta a 250 metri... Cominciavo a pensare ad una maledizione... E la dedica è per i miei figli Gloria e Matteo, negli ultimi mesi li ho visti solo tre giorni. La corsa? È stato Purito a dirmi di anticpare, perché aveva visto Contador e Aru in posizione di sparo. Chernetski ha fatto un lavoro straordinario, poi abbiamo allungato Nocentini ed io. Sapevo che Rinaldo, al rientro da un infortunio, non era in grandissima condizione, l’ho incitato a restarmi a ruota, poi ai 250 metri ho accelerato e sono arrivato da solo. Dobbiamo dire che tutta la Katusha oggi voleva arrivare alla vittoria e non abbiamo sbagliato il colpo. Adesso ci concentriamo per il Lombardia, tutti compatti per Rodriguez».
Il siciliano è tornato poi sul mondiale di Ponferrada: «Io penso che l'Italia abbia corso benissimo. Non dobbiamo dimenticare che nel ciclismo italiano oggi non c'è un corridore come Gerrans, ma abbiamo ateti fortissimi nelle corse a tappe, come Nibali e come Aru che ne sta seguendo le orme. La mia azione? È stata la strada a suggerirmi di uscire in quel momento, d'altra parte si stava muovendo anche Rodriguez e non si poteva tergiversare. Su una distanza così lunga, sappiamo tutti che se fai un'azione poi la paghi. In quel momento erra giusto partire, lo ripeto, e sono soddisfatto di quel che ha fatto la nazionale».
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