Nibali: «Sono sempre lo stesso, ma mi sono dovuto defilare»

PROFESSIONISTI | 18/08/2014 | 15:35
Dopo il trionfo al Tour de France, Vincenzo Nibali ha passato qualche giorno di vacanza nella sua Sicilia, con la moglie Rachele e la piccola Emma. Ma la testa è già alla prossima sfida: il Mondiale di fine settembre a Ponferrada.

Nibali, finalmente si rende conto di quello che ha combinato in Francia?
«Pian piano comincio a carpirlo. Ma è stato un obiettivo cercato e costruito poco per volta».

Vuol dire che se l’aspettava?
«Non proprio, ma dopo aver vinto Vuelta e Giro mi sentivo pronto e concentrato sul Tour».

È andata bene, nonostante l’ammiraglia numero 17...
«Prima della seconda tappa il ds Martinelli ci ha detto: “Siamo sull’ammiraglia numero 17 e non so se porterà fortuna. Domani dovremo cercare di avere un numero migliore perché ci sarà il pavé”. Detto fatto: ho vinto a Sheffield e preso la maglia, così ci hanno dato l’ammiraglia numero 1».

Sul pavé ha dato spettacolo: nel 2015 punterà alla Parigi-Roubaix?
«No, troppo pericolosa. E poi viene in un periodo delicato del calendario».

Le ha dato fastidio che qualcuno abbia sminuito il suo exploit con i ritiri di Froome e Contador?
«Un po’ sì. Contador è fortissimo, ma se sono in forma credo di potergli dare fastidio. E Froome è caduto 3 volte in 2 giorni, qualcosa vorrà dire. Il ciclismo non è solo potenza e velocità».

Altri hanno fatto allusioni al doping.
«Il doping è aberrante, spero che riusciremo a debellarlo. Nel ciclismo col passaporto biologico accettiamo controlli continui ed è giusto così».
 
Sul podio di Parigi lei ha ricordato l’importanza di sua moglie e della sua bimba: sono il valore aggiunto?
«Senza di loro non avrei vinto il Tour. Volevo portare Emma sul podio, ma i nuovi regolamenti non lo permettono più».

Da grande la spingerà a fare la ciclista?
«Non credo, il ciclismo è troppo duro. Per lei preferirei qualche altro sport».

Durante la premiazione al Tour ha letto un messaggio anziché improvvisare: per l’emozione?
«Non volevo dimenticare nessuno. E quello era un foglio di riserva, il primo l’avevo perso».

Come è cambiata la sua vita dopo il trionfo in Francia?
«Ho sempre tenuto separati lo sport dalla vita privata. La mia vita a casa è sempre la stessa. Certo che adesso tutti mi vogliono, mi chiamano, mi fermano per strada, mi salutano».

E lei come reagisce?

«Come sempre, cercando di dare qualcosa di me a tutti».

In Francia, abituati ai vari Wiggins o Froome, erano tutti meravigliati della sua disponibilità.
«Io sono fatto così. Vengo da un ambiente in cui affetti, cortesia, disponibilità e riconoscenza sono sempre stati importanti. In fondo sono rimasto il ragazzo di allora».

È difficile abituarsi a una vita da star?
«Ma io non sono una star. Purtroppo a volte ho dovuto negarmi a qualcuno o defilarmi per non essere travolto. Mi spiace, il Tour ti dà una fama incredibile, molto superiore a quella del Giro».

Almeno questi pochi giorni di vacanza è riuscito a viverli in tranquillità?
«Sì, ero in Sicilia ma non ho detto a nessuno in quale località per cercare di mantenere un po’ di privacy».

Quando riprenderà gli allenamenti?
«In verità la bici non l’ho quasi mai mollata, se ti fermi del tutto poi ricominciare è dura. La vacanza è già finita, ricomincio la preparazione vera per la seconda parte della stagione».

Non farà la Vuelta: come preparerà allora il Mondiale?
«Adesso tornerò nella mia casa in Svizzera per riprendere subito gli allenamenti. Non so ancora se poi andremo in Kazakistan, dal presidente Nazarbayev, per festeggiare insieme il Tour vinto. Dovrei quindi partecipare a un paio di ritiri in altura. E a metà settembre correrò il Trittico Lombardo, cioè Bernocchi, Agostoni e Tre Valli Varesine».

Aveva promesso alla mamma di Pantani che sarebbe andato a portarle la maglia gialla...
«E lo farò, credo il 19 settembre, subito prima di disputare il Memorial Pantani e il Gp di Prato, le ultime due gare prima del Mondiale».

Il ct Cassani vuole puntare tutto su di lei per il Mondiale: non sente troppa responsabilità?
«Il circuito iridato non è duro come mi piacerebbe ed è più adatto a uno come lo spagnolo Valverde. Ma Cassani mi conosce, se gli dico che arriverò pronto può fidarsi».

È vero che nel 2015 potrebbe dare la caccia sia al Giro d’Italia che al Tour de France?
«Per adesso è soltanto un’idea, ne parlerò con la squadra e con il mio preparatore Paolo Slongo».

L’ultimo a fare doppietta fu Pantani, ormai 16 anni fa.
«Oggi è quasi impossibile ripetere quell’impresa. Nel 2008 disputai prima il Giro e poi il Tour, ma ero giovane. Pensare di vincerli entrambi è un po’ azzardato. Però...».

da «La Stampa» del 18 agosto 2014 a firma Giorgio Viberti
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