GIUDICI DI GARA. Una storia tutta da scoprire - 6

STORIA | 13/08/2014 | 08:00
6a puntata

L’attivismo e la crescente forza dell’ANUGC suscitano però qualche invidia, malumori e sospetti all’interno dell’U.V.I. dove molti dirigenti temono un eccesso di potere da parte dell’Associazione. Nulla di nuovo sotto il sole, ovviamente. Situazioni che sono state, sono e sempre saranno vissute, con vari risvolti, per diversi versanti. Cambiano i nomi degli attori, le sigle ma le situazioni sono sempre rappresentate e rappresentabili alla medesima maniera.
E qui ci si ricollega alla figura di Adriano Rodoni che, avvertendo questi malumori, si fa promotore del ridimensionamento politico della categoria e colpisce la testa prendendo le mosse da “rumors”, si dice oggi, di stampa e voci che riferiscono di supposte ambizioni di Vincenzo di Cugno per opporre la propria candidatura alla presidenza U.V.I. in competizione con Rodoni. Ancora oggi di Cugno riafferma la sua posizione con determinazione dicendo che non poteva aspirare a mire presidenziali perché aveva grandi responsabilità lavorative aziendali e, al ciclismo, poteva dedicare solo il tempo libero. Era benestante sì ma non ricco per permettersi di rinunciare al lavoro e dedicarsi in esclusiva al ciclismo. Nonostante l’amicizia tra i due personaggi e il rispetto istituzionale del presidente ANUGC nei confronti dell’UVI che, dal 1964 assume l’attuale denominazione di F.C.I. Federazione Ciclistica Italiana, il divario si allarga. Nascono dei malintesi, silenzi, situazioni non chiarite in modo diretto. Per farla breve, dopo un confronto in sede Consiglio ANUGC al quale, oltre all’avv. Borroni, rappresentante del consiglio federale UVI si presenta proprio, a sorpresa, lo stesso Rodoni che non origina chiarimenti di posizioni che siano ritenute soddisfacenti da parte di Rodoni, in consiglio federale si discute il comportamento di Vincenzo di Cugno. E’ un confronto serrato, formalmente e sostanzialmente duro, diretto, quello che impegna i due personaggi. Rodoni mette in campo il suo peso specifico e fa ricorso all’artiglieria, come si suole dire. Poi, in seguito, attraverso vari passaggi, polemiche e confronti si giunge – addirittura – alla radiazione di Vincenzo di Cugno in base all’art. 39 dell’UVI che recitava “L’UVI può prendere ogni decisione atta a salvaguardare il prestigio, l’interesse e l’integrità dell’U.V.I.”, come riportano organi di stampa dell’epoca. L’accusa, che si trasformò anche in sentenza, per di Cugno, che aveva risposto punto per punto a richieste di chiarimenti e a vari e pesanti rilievi presidenziali, adducendo le proprie ragioni, è stata così formulata “atteggiamenti non aderenti”. Fu radiato il 13 aprile 1960. Nel frattempo era stato nominato commissario straordinario ANUGC nel gennaio del 1960 il dirigente milanese Luigi Caldirola, anch’egli giudice di gara, che resta nella carica fino al 17 settembre 1960 quando un’Assemblea Straordinaria appositamente convocata nomina presidente il milanese Giuseppe, detto Pino, Raimondi.
Una storia, comunque una storia amara, che ferisce di Cugno che ricorre in tutte le sedi contro il provvedimento. È reintegrato nella F.C.I. dopo una sentenza del Consiglio di Stato ma oramai è disamorato, comprensibilmente, e segue il ciclismo sempre con interesse ma dall’esterno, senza però mai manifestare acredine o risentimenti particolari. Nessuna polemica ma, direbbero gli inglesi “un dignitoso riserbo”.
Quale gesto, “beau geste”, verso la sua categoria e il ciclismo di Cugno rivela d’avere disposto un lascito testamentario di 50.000 (ben cinquantamila) euro per continuare nel tempo futuro la cura e la manutenzione della lapide che onora tutti i giudici di gara nella chiesetta della Madonna del Ghisallo, la patrona di tutti i ciclisti.
La buona semina ha però dato i suoi buoni frutti con una categoria, in larga parte, adeguatamente preparata tecnicamente e con punte d’eccellenza anche se l’autonomia è largamente circoscritta e limitata e risente di molti “influssi” esterni alla categoria a seguito di questo “strappo” che mutò decisamente valori e peso specifico della categoria dei giudici di gara nell’ambito federale.

Giuseppe Figini

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