Federciclismo: I senatori Ds pronti a soccorrere Ceruti

| 04/09/2004 | 00:00
Una interrogazione parlamentare per rallentare o forse fermare, le indagini sul doping da parte di un vice-brigadiere della Guardia di Finanza di Padova. Questa è la rivelazione de «Il Giornale” di oggi, a firma Cristiano Gatti. Con la loro gentile concessione, vi proponiamo il testo integrale dell'articolo oggi nelle edicole. Un mezzo battaglione di senatori contro un vicebrigadiere. La politica romana che mostra i muscoli per fermare un oscuro finanziere di provincia. E‚ un caso dei nostri tempi, solo in apparenza marginale e periferico: in realtà, chi abbia voglia di ascoltarlo ci troverà dentro una perfetta rappresentazione dei gloriosi costumi - o malcostumi - nazionali. Capeggiati da nomi illustri come Guido Calvi e Giuseppe Ayala, il 3 agosto ventuno parlamentari di area ulivista presentano un'interrogazione al ministro della giustizia Roberto Castelli e a quello dell'economia Domenico Siniscalco. Col piglio da statisti che solitamente riservano a cause decisamente più eclatanti, in questo caso chiedono se i responsabili dei due dicasteri in questione "siano a conoscenza, o se comunque ritengano di dover approfondire la conoscenza" di fatti a loro giudizio allarmanti, tutti imputabili al vicebrigadiere della Finanza - operante a Padova - Luigino Lambranzi. Evitando debitamente i contorsionismi lessicali del documento, nella sostanza si attribuiscono al militare metodi investigativi fuori norma: violazioni del segreto istruttorio (su richiesta degli organizzatori del Tour, ha confermato che il ciclista italiano Casagranda era sotto inchiesta), atteggiamento minaccioso durante gli interrogatori. Giustamente, chiunque si chiederà: chi sarà mai Luigino Lambranzi, e soprattutto quale genere di vessazioni e di torture avrà mai escogitato nelle sue indagini, per meritarsi una così autorevole e indignata mobilitazione parlamentare? Un passo alla volta. Prima di tutto, l'inchiesta. E‚ quella ormai abbastanza nota sul traffico di sostanze dopanti che avrebbe come crocevia proprio Padova (a novembre il processo: sul banco degli imputati il medico Enrico Lazzaro e una serie di atleti piuttosto noti, tra i quali il ciclista veneto con residenza a Montecarlo e passaporto argentino Davide Rebellin). Il vicebrigadiere Lambranzi, ovviamente agli ordini della magistratura, ci sta lavorando da sei anni. Alcuni rami dell'inchiesta sono ancora tutti da concludere. Perchè strada facendo, tra registrazioni ambientali e telefoniche, l'affare si rivela terribilmente serio. Un tassello dopo l'altro, l'indagine si trova a ricomporre un complicato puzzle di inusitata gravità. Tra le diverse diramazioni che nel tempo si va ad esplorare, la più clamorosa è quella dell‚ospedale di Ancona, dove quattro anni fa una serie incredibile di incendi dolosi induce l'opinione pubblica a coltivare persino ipotesi pittoresche, dal maniaco incendiario fino a non meglio precisate forze occulte: in realtà, come chiariranno le indagini, ad accendere i fuochi sono alcuni personaggi che devono coprire i loro furti di costose sostanze farmaceutiche, poi lucrosamente girate al mercato nero e malavitoso del doping. L'affresco è a tinte tenebrose. Partita da un normalissimo controllo fiscale sulla contabilità del dottor Lazzaro, nel suo studio di Padova, come tante inchieste anche questa si imbatte in un immane labirinto. Pazientemente, diverse procure ci lavorano sopra. E lui, il vicebrigadiere, sempre lì, per destino e per esigenze investigative nel ruolo di memoria storica e anello di congiunzione della lunga catena di sant'Antonio. Perchè, ora, questa affollata offensiva parlamentare, che al momento è già riuscita a "metterlo in ferie", in attesa eventualmente di estrometterlo dal gioco? Ancora un passo e ci siamo. Prima, l'ultimo tassello. Nel corso della laboriosa inchiesta, gli inquirenti (in questo caso coordinati dalla Procura romana) arrivano direttamente in casa di un'importante federazione sportiva italiana, quella del ciclismo. Due le cose che non quadrano: la contabilità quanto meno acrobatica, che chiama direttamente in causa l'intero vertice federale, e poi gravi episodi di traffico doping, in questo caso imputati a un autorevole membro del consiglio direttivo, il reatino Maurizio Camerini, uomo di fiducia del presidente Giancarlo Ceruti. Ancora oggi, in attesa di tirare le somme, lo stesso Camerini risulta blindato agli arresti domiciliari. Eccoci al capolinea. Alla vera soluzione dell'enigma. Nel pieno di un‚inchiesta scabrosa, che sta mettendo con le spalle al muro il governo di una delle più popolate e popolari federazioni italiane, i senatori dell'Ulivo si mobilitano (ad agosto...) per mettere con le spalle al muro chi indaga. Accusano persino il vicebrigadiere "d'essersi avvalso di tale Sandro Callari, ex direttore tecnico della Federciclismo che da tempo ha concluso il proprio incarico e che ha una posizione notoriamente ostile all'attuale dirigenza federale", forse dimenticando - o forse ignorando del tutto - come il "tale Callari" sia un cittì molto famoso nel ciclismo, del quale conosce tutto e tutti, dunque consulente preziosissimo in un‚indagine tanto delicata, ma soprattutto ignorando come lo stesso "tale Callari" faccia come mestiere l'ispettore capo di Polizia giudiziaria nella Forestale. Secondo consuetudine, i fatti italiani non vanno soltanto appresi, ma più che altro interpretati. Per capire fino in fondo il misterioso caso del vicebrigadiere Lambranzi, non si può ignorare un dettaglio fondamentale, di pura cronaca: il presidente della federciclismo, Giancarlo Ceruti, è uomo dell'apparato diessino. Cremasco, ha alle spalle una vita da sindacalista Fiom e una militanza di partito che nel gergo del Palazzo ne fanno un presidente rigidamente "in quota Ds". Un personaggio così in vista rischia adesso di finire travolto dallo scandalo, lui per i propri bilanci acrobatici e il braccio destro Camerini per traffico di doping. Inevitabile, davanti a un simile scenario, la più banale delle domande: è davvero solo una coincidenza che i senatori dell'Ulivo si muovano per fare le pulci al principale protagonista dell'inchiesta? Sì, forse è solo una coincidenza. Forse. Mentre ciascuno può rispondere a questo strano quiz, l'offensiva prosegue. Tanto per cominciare, bisogna vivisezionare l'operato del vicebrigadiere curioso ed efficiente, chiedendo ai ministri che lo comandano di avviare quanto meno un'approfondita ispezione. Il resto, a seguire. Come finirà? Certo i firmatari dell'interrogazione parlamentare non cadono in depressione se eventualmente l'inchiesta viene sfilata al vicebrigadiere. In questo caso, dopo sei anni di lavoro e un monumento di atti, si ricomincia da capo con qualcun altro, che ovviamente non ha subito la stessa dimestichezza. Ma anche se i ministri non arrivano a tanto, male che vada il tempo passa. Gli effetti di certe mosse sono ben noti: si allungano i termini, si annacquano i lavori, si diffonde un po' di nebbia. E‚ una vecchia regola, da noi, quando si muove la legge. Ma stavolta suscita inevitabilmente un certo stupore: in altre stagioni, in altre storie, i Calvi e gli Ayala l'hanno sdegnosamente censurata. Adesso invece applicano senza alcun imbarazzo la regola che li indignava, contro il famigerato vicebrigadiere Luigino Lambranzi. Nazione stupenda, la nostra: davanti alla legge, siamo veramente tutti uguali.
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