Giorno di riposo: il più faticoso per chi viene al Giro. Sul far del mezzogiorno, in un quartiertappa dove per tenersi svegli i presenti si tirano aeroplanini di carta, arriva un giornalista: non è nuovo, ma è ben conservato. Non vedendo davanti ai tavoli degli accrediti le abituali file chilometriche di carovanieri, inserzionisti pubblicitari, autisti Rai e imbucati a vario titolo, si ritiene fortunato: ritirare il pass sarà una sgambata.
Dilettante: anni e anni di frequentazioni rosa non gli hanno ancora insegnato che qui non c’è nulla di scontato. A parte la maglia del leader della corsa e gli sfondoni di Gigggetto Sgarbozza. ‘Sono Tizio’, si presenta il giornalista e resta in fiduciosa attesa dell’accredito. E’ tutto a posto, gli è stato garantito dopo che lui ha seguito la procedura richiesta: ha inviato la domanda per tempo, ha spedito la sua immagine, impegnandosi persino a cercarne una in cui ha un aspetto meno deficiente del solito. E’ un rito che gli tocca pur seguendo il Giro dal secolo scorso: lo rispettano persino quelli con una faccia che vale più di qualsiasi documento.
‘Lei non risulta’, la simpatica risposta dell’incaricata. Zero notizie: non c’è traccia di accredito, di richieste e tantomeno di foto. Aspettando il Giro, il poveretto comincia una vera e propria odissea: rimbalza da un addetto all’altro, prima per riproporre la sua domanda in stampatello corretto, poi per fornire i documenti personali, compresi ricevuta Imu e ultime analisi del sangue, infine per sottoporsi alle foto segnaletiche modello nomade in questura. Ha perfino una crisi di identità quando gli viene chiesto: ‘Scusi, è la prima volta che partecipa alla nostra corsa?’. Lui si arrende e dice: ‘Certo, quest’anno sì’.
Così, suo malgrado, il giornalista scopre il vantaggio della modernità: il Giro non ha memoria, almeno nei computer. Si è dato una regola sola, come per i ciclisti che lo corrono: ogni anno si ricomincia daccapo, quel che è stato fatto in passato non vale. Restando in fiduciosa attesa, il bravo giornalista saluta tutti: direttori sportivi, funzionari Rcs, responsabili delle transenne, venditori abusivi di magliette. Non ce n’è uno che non conosca. Peccato che a non riconoscere lui sia il Giro.
‘Ecco qua’, dice alla fine l’incaricata degli accrediti, porgendo la preziosissima patacca. E pazienza se la foto che c’è sopra assomigli a quella di uno gnomo arrampicato alla finestra della casa di Barbie: il Giro può cominciare. Dopo un’impresa del genere, sarà tutto in discesa.
La frase del giorno. «Non c’è rispetto: chi entra a destra, chi a sinistra, chi ti sfiora, chi ti prende dentro» (Ivan Santaromita scopre a trent’anni il mondo dello sprint).
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