La Roubaix, una vero monumento: come la Torre Eiffel
PROFESSIONISTI | 12/04/2014 | 11:58 È una corsa monumento e come tale i francesi la considerano. La Parigi Roubaix per i transalpini non è solo una corsa ciclistica, una delle più vecchie in assoluto, la “Reine”, la regina delle classiche del nord, ma è un simbolo della loro terra, da proteggere e tutelare.
È la corsa della sofferenza, del dolore, della pietra e della polvere, spesso, molto spesso anche del fango, che rende i corridori statue vive. La Roubaix pare essere un girone dantesco riservato ai corridori che sfidano la loro stessa follia. «Non c’è grandezza senza dolore», diceva Sofocle. La “reine” è un romanzo tutto da leggere, con una trama fatta di “boue” e “pavé”; fango e polvere che esalta questa ultima follia del ciclismo.
Nasce il 19 aprile 1896, giorno di Pasqua: per questo i francesi per anni l’hanno chiamata “la Pascale”. È sicuramente patrimonio del ciclismo mondiale, ma dal 1992 è protetta dalla Francia come se fosse un vero proprio monumento. Con lei non c’è spazio per le mezze misure: o la ami, come l’hanno amata Francesco Moser o Franco Ballerini; oppure la detesti, come l’ha detestata Bernard Hinault, l’ultimo dei grandi di Francia che pur odiandola non poté fare a meno di affrontarla e vincerla nella primavera del 1981.
Domani si correrà la 112ª edizione e già si nota una certa agitazione. Nei bar e nei bistrot, dopo le cinque del pomeriggio, cominciano le prime discussioni su chi potrà vincerla e sul tempo che farà. Ci sarà pioggia e fango, o sole e polvere? E il vento? Una cosa è certa, ci sarà il pavé: 28 settori per un totale di 51 km sui 255 di corsa.
Il bello di questa gara è tutto nella sua storia, nella sua attesa, nella sua follia, perché è vero che vince il più forte, ma devi essere anche fortunato: a non cadere, a non forare, a non avere nessun tipo di guasto meccanico, altrimenti sei spacciato. È una corsa piatta piatta, ma con quelle pietre dure ruvide e spietate, che per anni hanno sopportato il carico dei carri agricoli o il trasporto del carbone, tutto diventa più difficile. «È come scalare il Mortirolo in orizzontale…», spiegò un giorno Francesco Moser, che in questa corsa scrisse gran parte della sua storia grazie a tre vittorie conquistate consecutivamente.
Oltre ad essere una corsa ciclistica come dicevamo - la Reine, è anche una storia molto francese. Nel 1992 la socialista Segolène Royale prese a cuore la corsa facendo classificare i tratti di pavè come monumenti storici al pari di una cattedrale o di un castello. A proteggerli ci sono “les amis de Paris-Roubaix”, un gruppo di appassionati fondato da Jean-Claude Vallaeys nel 1983 che oggi conta sostenitori in tutto il mondo. Il suo scopo è quello di proteggere e restaurare i settori di pavé che rendono questa corsa unica. Negli anni Ottanta hanno letteralmente salvato alcuni settori dal bitume, che avrebbe ucciso la corsa. Oggi si occupano della manutenzione, lavorando con le amministrazioni locali per preservare questi tratti di storia. In questo progetto sono coinvolti anche gli istituti di agraria locali, con gli studenti che durante l’anno lavorano a tutti gli effetti “sul campo”.
Una storia tutta francese. Bisogna andarci in questo pezzo di Francia del Nord per capire di cosa stiamo parlando. Così, come a Parigi è bene andare per ammirare la Torre Eiffel, lo stesso è utile farlo per apprendere il fascino di questa gara: è una questione di simboli. E di monumenti.
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