Arrigo Sacchi: il ciclismo, un esempio di lealtà

| 13/05/2006 | 00:00
Ospite d'onore quest'oggi al Giro è Arrigo Sacchi. L'ex allenatore di Milan, Real Madrid e nazionale italiana, infatti, si è aggregato alla carovana stamane per seguire la corsa fino al traguardo di Saltara. E poco prima della partenza, al villaggio, ha incontrato i giornalisti. «Io sono un ciclista praticantte - ha confessato Sacchi - e la "colpa" è tutta di Davide Cassani, che mi ha convertito a questo sport. Il ciclismo è uno sport che fa bene allo spirito, al corpo e alla mente, ma ha un'unica grave controindicazione: praticarlo è pericolosissimo, perché sulle strade si rischia la pelle. Per questo faccio un appello e chiedo che si facciano più strade dedicate ai ciclisti». Per chi fa il tifo in questo Giro? «Come nel calcio, preferisco gli atleti che dannno spettacoolo, quindi gli scalatori». In passato nella bufera è finiito il ciclismo, stavolta tocca al calcio... «Mi viene da pensare che ad essere sporca sia la vita, visto che lo sport è un po' la rappresentazione della vita stessa. Adesso però non dobbiamo essere forcaioli e non dobbiamo dimenticare che un avviso di garanzia non è un indice di colpevolezza. Piuttosto, credo che il calcio debba porsi delle domande e soprattutto che non possa più prescindere da due elementi, che sono il bel gioco e la lealtà sportiva. Questo lo devono capire soprattutto i tifosi: deve vincere chi gioca meglio, chi dà più spettacolo. In questo il ciclismo può e deve essere preso ad esempio: i tifosi del ciclismo sono tutti appassionati e competenti e, seppur divisi dal tifo, sono uniti nell'applausso ai corridori». Cosa succederà ora nel calcio? «Innanzitutto dobbiamo aspettare le prove prima di giudicare, ma la cosa importante è che il calcio inteso ccome gioco torni ad occupare un posto centrale nel movimento, non uno marginale. Finora tutte le componenti - giocatori, dirigenti, esperti e giornalisti - hanno fatto di tutto tranne che promuovere una vera cultura sportiva, quella che ti porta ad applaudire anche una sconfitta, se la tua squadra ha comunque giocato bene». Chi è il suo favorito per il Giro? «Il vincitore in questo sport lo indica la strada e dico che anche nel calcio deve tornare ad essere così. Ieri un tale mi ha incrociato e mi ha urlato "quelli del calcio, tutti in galera". Non deve essere così. Quello che conta è che tutti tornino a muoversi all'interno delle regole. Dobbiamo cercare di essere intelligenti e non di puntare a trovare un capro espiatorio ad ogni costo. Ci vuole una mentalità collettiva che permetta di risalire la corrente: lo ripeto, prendiamo esempio dal ciclismo».
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