Villella: sono pronto a imparare

PROFESSIONISTI | 28/12/2013 | 09:35
Alla prima gara della sua vita arrivò ultimo. Staccato. O meglio, come racconta lui, «disperso». Alle prime tra i professionisti ha invece dimostrato di che pasta è fatto, rischiando addirittura di vincere. Il tutto nella stessa stagione in cui ha conquistato l’Oscar tuttoBICI Gran Premio Eurombil ed è stato incoronato miglior Under 23 del­la stagione. Davide Villella, bel ragazzo di 1,82 metri per 65 chili, grande protagonista tra i dilettanti con la maglia del team Col­pa­ck Bergamasca, ha sfruttato al me­glio la possibilità di correre da stagista tra i big con la Cannondale. Nato a Ma­gen­ta il 27 giugno 1991, vive a Sant’Omobo­no Terme, nella Valle Imagna, e nel 2014 sarà a tutti gli effetti un alfiere della formazione americana. No­no­stante la sua timidezza e mo­destia, «prometto di migliorare per le prossime interviste» giura, con noi si è lasciato andare e ci ha raccontato di tutto, a partire proprio da quella prima gara.

A che età hai iniziato a correre? 
«A otto anni, in G2 con la maglia della Almenno San Bartolomeo. La passione per le due ruote è nata davvero per caso, il giorno in cui papà Vittorio mi portò con lui in un negozio di bici: guardando qua e là ho avuto un colpo di fulmine per una piccola Rota rossa, che conservo ancora oggi gelosamente. La prima gara, non so in che paese fos­se, non fu propriamente un esordio stellare. Arrivai ultimissimo e staccatissimo, avevo iniziato a pedalare davvero da poco e non avevo idea di come si svolgesse una gara. Man mano poi ho imparato...».

Cosa ti ha insegnato da allora il ciclismo? 
«Ad affrontare sacrifici, a rialzarmi quan­do cado, a non mollare anche quando arrivo al limite delle mie forze. Oltre a tutto questo, le due ruote mi hanno regalato soprattutto amicizie preziose, sia con compagni attuali o passati che ora militano in altre squadre, che con ragazzi che hanno smesso di correre ma con i quali sono rimasto in contatto».

Chi devi ringraziare? 
«In primis i miei genitori, mamma Na­dia che è casalinga e papà Vittorio, ca­mionista, che mi hanno sempre dato una grande mano. Non mi è mai mancato l’appoggio anche di mia sorella Federica, che ha 27 anni e gestisce un negozio di animali. Mamma è molto appassionata di cani, in casa o meglio in giardino ne abbiamo parecchi, un po’ di maltesi. Non so dirvi nemmeno il numero preciso...».

L’Oscar tuttoBICI che hai ricevuto come miglior Under 23 della stagione rappresenta un bel modo per chiudere la parentesi del dilettantismo. 
«Sì, è il simbolo e il suggello di una stagione molto positiva terminata con la mia ultima vittoria in maglia Col­pack al Piccolo Giro di Lombardia. Mi fa piacere essermi aggiudicato questa classifica per me e per la squadra, alla quale devo molto. Oltre alla mia famiglia devo infatti ringraziare per essere arrivato al professionismo i tecnici del­la Colpack Antonio Bevilacqua e Gian­luca Valoti e il presidente Giuseppe Col­­leoni. Per me è stato un onore salire sul palco della Gran Guardia ed es­sere premiato poi dai fratelli Luc­chetta nella sede del Gruppo Euromo­bil».

Hai esordito tra i professionisti come stagista al Giro del Colorado. Quali sono state le tue prime impressioni della massima categoria? 
«In America ho fatto del mio meglio per aiutare i miei compagni e accumulare più esperienza possibile. Suc­ces­sivamente la squadra mi ha schierato alla Parigi-Bruxelles e al GP Fourmies. Poi ho preso parte a tre corse in Italia e ho raccolto due piazzamenti inaspettati, il terzo posto al GP Peccioli Cop­pa Sabatini e il terzo gradino del podio al Giro dell’Emilia. Soprattutto quest’ultimo è stata una vera sorpresa perché il finale è molto duro, quindi non pensavo di riuscire ad arrivare davanti. Detto questo, sono uno che non si mon­ta la testa e quindi non mi faccio illusioni. Riparto da quanto dimostrato, che fa ben sperare per l’anno prossimo, ma consapevole che all’inizio mi aspetteranno tante batoste».

Perché hai scelto la Cannondale?
«Perché è la squadra migliore che c’è, è italiana ed è proprio quella in cui desideravo correre. Due anni fa la mia procuratrice Rossella Di Leo ha preso contatti con questo team e quando mi è stato offerto un contratto (per le stagioni 2014-2015, ndr) non ci ho pensato due volte a firmarlo. La Liquigas prima e la Cannondale ora rappresentano la soluzione perfetta per un ragazzo della mia età, è un team WorldTour che sa far crescere i giovani, basti pensare a come si sono comportati con Nibali, Kreu­ziger, Oss, Viviani...». 

Come sei stato accolto in squadra? 
«Il mio primo impatto risale al ritiro di gennaio dell’anno scorso in cui ho su­bito avuto la conferma di avere a che fa­re con una squadra ben organizzata. Mi trovo bene con tutti, ma quello che mi ha stupìto di più è Peter Sagan perché è davvero un ragazzo alla mano, giù dalla bici dimostra in tutto i suoi 23 anni, ma in gara si trasforma. Parlando sempre di compagni, ho ricevuto molti consigli utili da Paolo Longo Borghini con cui ho diviso la camera nelle ultime tre corse del 2013: mi ha dato dritte utili sull’alimentazione, sugli allenamenti, sulle tattiche di gara».

Quando inizia il tuo 2014? 
«È iniziato il 12 novembre nella sede italiana del team di Sesto al Reghena (PD) dove abbiamo stilato i primi programmi per la prossima stagione. Con­cluso il 2013, sono andato qualche giorno in vacanza con amici, dopodiché sono sempre uscito in bici tre-quattro volte a settimana finché il tempo ha retto. Ho cominciato la preparazione andando in palestra e in piscina, camminando parecchio e pedalando nelle giornate di bel tempo. Nel prossimo ritiro, durante questo mese di dicembre, decideremo in quali corse verrò schierato di preciso».

In Cannondale correrai con giovani di ta­lento come il già affermato Sagan, il campione del mondo Under 23 Mohoric, For­molo, Bettiol... Non hai paura che ci sia­no troppi galli nel pollaio? 
«No, assolutamente. E non ho nemmeno l’ansia di dover dimostrare quanto valgo nelle prime corse, per cominciare ci sta anche il dover portare le borracce, in fondo sono l’ultimo arrivato... Visto che faccio parte di questa squadra farò quello che mi verrà chiesto, se mi verrà detto di fare la gara darò il massimo per cercare il risultato, se mi verrà detto di tirare farò del mio me­glio per i compagni. Senza problemi, è il mio lavoro».

Cosa ti aspetti per la prossima stagione? 
«Soprattutto di accumulare esperienza e di imparare a correre tra i grandi. Non mi sono ancora posto obiettivi specifici, vedrò come andrà quest’anno per programmare il futuro. Nella prossima stagione passano tra i professionisti molti ragazzi della mia età, tutti promettenti: oltre a quelli già nominati penso a Zordan e Zilioli. Partiamo tutti bene o male dallo stesso livello, solo il tempo ci dirà chi, in termini sportivi, vale di più».

Un desiderio per la tua carriera? 
«Non saprei, davvero. Non ho idea di come sarà ma mi auguro di continuare a divertirmi svolgendo il mio lavoro e di poter rimanere in questo ambiente il più a lungo possibile. Di questi tempi sarebbe già molto. Come sappiamo bene, c’è la crisi e il ciclismo italiano non sta vivendo un buon periodo, ci sono sempre meno squadre e meno soldi, più ragazzi a piedi. Spero di non trovarmi mai in questa spiacevole si­tuazione, di dimostrare quanto valgo e di poter essere un corridore che merita di fare il professionista».

L’aspetto che ti piace di più del ciclismo? 
«Nonostante la fatica, mi diverto. Non mi pesano né i sacrifici della vita da corridore né lo stare lontano da casa».

Quello che ti piace meno? 
«Patisco il freddo d’inverno».

Un campione a cui ti ispiri? 
«Se guardiamo al passato e a tutti gli sport in generale, la maggior parte dei miti sono crollati. Pensando al presente, mi viene in mente Sagan. Mi suona an­cora strano pensare di correre a fianco di Peter perché, anche se abbiamo una mi­nima differenza di età, rispetto a me è già un gigante». 

La tua corsa dei sogni? 
«Mi piacerebbe partecipare al Giro d’Italia e al Giro di Lombardia».

Altri sport che ti appassionano? 
«Solo il motociclismo. Ho praticato cal­cio da bambino, ma a dire la verità ora non mi piace e non lo seguo».

Passioni extraciclistiche? 
«Sono diplomato in grafica pubblicitaria, ma con gli studi mi sono fermato alle superiori. Nel tempo libero non coltivo hobby particolari, mi piace uscire con gli amici e con la mia ragazza Elisa».

L’ultimo libro che hai letto? 
«Non sono un gran lettore, anzi. Ho appena portato a termine il terzo libro della mia vita É una vita che ti aspetto di Fabio Volo».

L’ultimo film visto? 
«I soliti idioti».

Ti è piaciuto? 
«Sì. Lo so, il livello culturale del soggetto non è il massimo ma è così... (ride, ndr)».

Che musica ascolti? 
«Mi piace la commerciale, se devo scegliere un cantante dico Vasco Rossi. An­dare a ballare mi diverte, ma noi corridori possiamo scatenarci solo d’inverno».

Hai tatuaggi? 
«Sì, uno sul collo. Mi sono tatuato l’iniziale di mio nonno materno Silvio, a cui ero molto legato e che ogni domenica veniva a vedermi alle gare. Il 13 dicembre sono tre anni che non è più tra noi».

Il tuo più grande pregio? 
«Boh... Forse nella vita di tutti i giorni sono troppo buono, in gara però lo so­no decisamente meno».

Il tuo peggior difetto? 
«Parlo poco, non te ne sei accorta? So­no abbastanza riservato e diffidente, in particolare con chi non conosco bene».

Sei meticoloso? 
«Nell’alimentazione sì, ma lontano dalle gare mi concedo qualche sfizio. Il mio piatto preferito? La pizza. Per quanto riguarda la bici non sono un “fissato” della tecnica. Mi fido dei meccanici e via, penso a pedalare».

In cosa devi migliorare? 
«In tutto, non si finisce mai di imparare no? Sono arrivato al professionismo e ho raggiunto un traguardo, ma non so ancora nulla della massima categoria. Dovrò senz’altro allenarmi in mo­do più specifico a cronometro, specialità che tra i dilettanti è testata poco in gara, ma sono convinto di poter migliorare anche in salita e in volata, insomma su tutti i terreni». 

Ti immagini corridore da classiche o da corse a tappe? 
«Anche questa domanda mi mette in difficoltà perché davvero non ne ho idea. Tra i dilettanti ho dimostrato qualità da passista scalatore ma in questa nuova categoria non so come sarà e che specializzazione sarà meglio intraprendere per me».

Come cambierà la tua vita dal 2014? 
«Il ciclismo diventa il mio lavoro a tutti gli effetti, quindi cambia parecchio. Sa­rà un’esperienza nuova, sono il pri­mo a essere curioso di vedere come andrà, al momento per me il futuro prossimo è un’incognita. Mi sembra di essere tornato di nuovo alla linea di partenza della mia prima gara... Speriamo solo che il risultato sia migliore».

di Giulia De Maio, da tuttoBICI di dicembre
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COMMENTI
Davide, inventati una balla!
28 dicembre 2013 20:11 TorrazzaForever
Già ci bastonano con gli stereotipi del ciclista troglodita e poi tu vieni fuori che leggi Fabio Volo e l'ultimo film visto è "I soliti idioti"...Manca solo che ascolti Radio Deejay...Ma racconta una balla! Di' che hai letto Aut-aut di Kierkegaard e che ascolti solo Ludovico Einaudi!

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