Alessandro Ballan: Roubaix, un podio che non mi soddisfa
| 10/04/2006 | 00:00 All’Inferno e ritorno con tanta gloria e onore. Alessandro Ballan è il quarto veneto a salire sul podio della Roubaix: nel ’51 Toni Bevilacqua trionfò, 20 anni dopo Marino Basso fu terzo, proprio come Ballan, nel ’94 Baldato secondo, con Casarotto quarto nel ’97.
Il 26enne trevigiano è passato dalla delusione per il rocambolesco finale, alla pacata “gioia” per la squalifica di Hoste, Van Petegem e Gusev espulsi per avere attraversato il passaggio a livello trovato chiuso a 10 km dal traguardo. Nell’ultima Roubaix è successo davvero di tutto.
«Si, è fantastico salire sul podio in quel contesto, ma così, un po’ regalato, non me lo sento tanto mio. Non era quello che volevo. Avrei preferito maritarlo sul campo. Per i tre è stato terribile dopo tutta quella fatica. Ma dovevano impedirgli di passare la ferrovia. Per poco non ho fatto la stessa fine. Nel finale, da solo, per almeno 3 km, ho inseguito il terzetto sfiorando il riaggancio per soli 30 metri. Mi fossi accodato sarei stato squalificato pure io. Alla fine questa botta di fortuna ha compensato quello che di negativo mi è capitato».
Cosa ha influito di più. La caduta nel settore 6 a 30 km circa dal traguardo, oppure le sbarre del passaggio a livello trovate abbassate?
«Il rammarico è senza dubbio per la caduta. Assurda. Senza di quella avrei avuto più energie per inseguire Cancellara. Invece sono stato costretto ad un dispendioso inseguimento per rientrare. Senza contare il disagio di correre le fasi decisive con fianco e polso doloranti. Mi fanno ancora male. Fratture non ne ho. Per maggiore sicurezza una radiografia andrò a farla».
Riviviamole. Gusev scivola e ti trascina sul porfido. Il volo è spaventoso. Hai rischiato di farti male.
«Gusev si è voluto infilare per forza pur di superarmi in curva ed è finito per perdere l’equilibrio tagliandomi la strada. Inevitabile il volo. Certe cose non si fanno sul pavè. Quei rischi sono assurdi da prendere. Mi ha sentito più avanti. La prima cosa che ho fatto è stato andare in cerca della bici finita 10 metri più avanti. E‚ andata bene due volte perché non si era danneggiata pur capovolgendosi più volte investendo anche Flecha».
Non bastasse, poi è passato il treno merci della vergogna.
«Incredibile. Anche se la vittoria di Cancellara era praticamente ipotecata. È stata falsata la corsa al podio. Li avremo ripresi e magari non sarei arrivato terzo. Sarei stato più contento. Ma certe cose non possono succedere alla Roubaix. Corriamo già tanti rischi ed almeno negli ultimi 50 km non dovrebbero esistere passaggi a livello di sorta che rischiano di gettare tutto nel ridicolo. Via radio mi hanno comunicato che li avrebbero squalificati ed il boccone è stato meno amaro».
Il fattaccio, l’organizzazione nell’occhio del ciclone. Quel tuo gesto di incredulità, quelle immagini, sono entrati di forza nella trasmissione dei calciofili «Serie A». Mentana, Davide De Zan con il pepe della Gialappa‚s hanno raccontato ironicamente quei momenti. Alcune battute, però, hanno messo un po’ nel ridicolo il ciclismo.
«Capisco il loro stile, la satira sacrosanta. Ma c’è poco da riderci sopra. Per noi la Roubaix è una prova di forza, di estrema fatica. Potevano risparmiarsela. Con tutto quello che succede nel calcio...».
Il podio dunque. La definitiva consacrazione o manca ancora qualcosa, tipo una vittoria di peso dopo il successo al Laigueglia?
«Manca, manca una vittoria di peso. Tutti quegli importanti piazzamenti collezionati - 2. ad Harelbeeke, 3. a Roubaix e Tirreno-Adriatico, 5. al Fiandre, 8. alla Sanremo - li baratterei volentieri con il successo in una di queste gare».
Attualmente ti senti più una sorpresa o una realtà.
«A Sanremo una sorpresa, si. Dalla Roubaix una bella realtà».
Gli uomini da Roubaix sono solitamente un manipolo e destinati sempre a scrivere un ciclo vincente. Pensi di fare parte di questo stretto e nobile novero?
«Adesso sì. Penso di meritare un occhio di riguardo. Alla terza partecipazione sono salito sul podio. Anche se la differenza la fanno esperienza e tanta fortuna: Museeuw e Van Petegem insegnano. Ogni anno sono cresciuto ed ho ancora buoni margini di miglioramento. Nel 2004, da neoprofessionista, sono stato costretto al ritirato a 30 km dal traguardo. Avevo le mani a pezzi. Non riuscivo neppure a stringere le dita per frenare. L’anno scorso ho chiuso al 47. posto, nel secondo gruppo, dopo essere caduto un paio di volte. Complessivamente ho messo assieme quattro cadute in tre edizioni. Boonen in due anni non è mai caduto e un anno fa ha trionfato».
Boonen, già. L’iridato è sempre lì davanti a te, di una sola posizione: ad Harelbeeke come alla Roubaix ed ora di 24 punti anche nella classifica Pro Tour.
«Facevo la corsa su di lui, lo aspettavo. Dopo il Fiandre vinto la settimana precedente pensavo fosse ancora al massimo della condizione. Invece pure lui è umano e battibile. Un buon auspicio per i prossimi anni».
Ma ti senti più un corridore da Sanremo, Fiandre o Roubaix?
«Il Fiandre ce l’ho nel cuore, poi per il fascino viene la Roubaix. Il prossimo anno non cambierò niente. Mi farò trovare pronto già alla Tirreno-Adriatico per iniziare».
Adesso un meritato periodo di recupero?
«Non ancora. Dovevo staccare, ma per cercare di strappare la maglia di leader del Pro Tour a Boonen domenica mi aspetta l’Amstel Gold Race. Per la Doyenne vedremo, come per il Giro. Io preferirei correre il Tour per puntare ad un finale di stagione al top per essere titolare al mondiale su strada. Con una Campagna del Nord così intensa mi mancano gli allenamenti specifici in salita».
Hai votato?
«Sì. Sono rientrato a Galliera Veneta già domenica notte. Sono andato oggi dopo pranzo».
Massimo Bolognini
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