TOUR DE FRANCE | 27/06/2013 | 15:47 Il numero uno. Mark Cavendish è il numero uno. Forse il velocista puro più forte della storia, con tutto il beneficio d’inventario che si trascinano i confronti impossibili; sicuramente il velocista più forte dell’era moderna. A ventotto anni, compiuti al Giro d’Italia e festeggiati con una vittoria, Cannonball ha raccolto risultati che nessun altro aveva ottenuto alla sua età. Oltre ai numeri, però, ad impressionare è la maturazione atletica e tattica di questo ragazzo che non ha ancora finito di stupire e
che si propone come icona del nuovo ciclismo. Nel 2007 Mark, che allora aveva solo 21 anni, è stato il primo corridore professionista a firmare - insieme al francese Sandy Casar - la carta etica richiesta dall’Uci per la lotta al doping. «Quando sono passato, nel 2006, non sapevo nulla di quello che era accaduto prima - spiegava in quei giorni - ma volevo partire con il piede giusto: il ciclismo per me è sempre e solo stato lavorare duro. Per me il ciclismo si può fare senza porcherie». Da allora di anni ne son passati e quel ragazzino ribelle pronto a battagliare con tutti, è diventato un uomo capace di darsi nuovi obiettivi e di non fermarsi alla sua semplice forza esplosiva. Cresciuto alla scuola della pista - fra l’altro diventando anche campione del mondo nell’americana, titolo conquistato con Bradley Wiggins -, per il ciclismo su strada è stato affiancato da un maestro come Erik Zabel, vale a dire il meglio del meglio. La crescita di Mark passa anche attraverso una maturazione tattica importante: il britannico ha imparato sulla sua pelle la lezione di perdere una maglia verde al Tour de France pur vincendo addirittura cinque tappe in una sola edizione e in questo Giro ha cercato di non ripetere l’edizione dello scorso anno, quando ha perso la maglia rossa per un solo punto. In questo Giro Cavendish è andato a lottare più volte per un quinto posto al traguardo volante, per racimolare due punti qua e là, punti che alla fine si sono rivelati preziosi per battere Nibali. Cavendish ha lottato con determinazione per restare in corsa nelle tappe più dure, ha provato a battersi anche in tappe che non gli sorridevano, come quella di Matera, ha sempre corso con una determinazione straordinaria. E con la ferma volontà di arrivare a Brescia e salire su quel podio finale. Tra Napoli e la città della Leonessa, il campione del mondo di Copenaghen 2011 ha trovato il modo di piazzare ben cinque volate vincenti: in pratica, ha centrato il 100 per 100 delle possibilità a sua disposizione. Prima volata regale a Napoli, con tanto di maglia rosa indossata, anche se solo per un giorno. E poi Margherita di Savoia, Treviso, Cherasco e conclusione a Brescia, per chiudere degnamente un grandissimo Giro. In tre settimane, cancellati dubbi e cattivi pensieri di una primaversa difficile: quel treno che prima aveva deragliato in più di un’occasione e che aveva spinto la Omega Pharma Quick Step ad inseguire il sogno di ingaggiare Alessandro Petacchi, d’improvviso ha ritrovato il suo binario principale, ma soprattutto ha ritrovato il suo capotreno. Perfettamente affiancato da Trentin e compagni, Cavendish ha offerto un campionario di volate eccezionale, sfruttando la sua potenza in alcune occasioni, il colpo d’occhio del pistard in altre e la sua capacità di leggere lo sprint in altre ancora. Una superiorità schiacciante, imperiosa, più forte anche della pioggia battente di Treviso, più forte del gelo delle montagne, più forte di tutto. Le immagini dell’arrivo di Mark alle Tre Cime di Lavaredo sono lo specchio di questa nuova realtà: un corridore che ha dato tutto per arrivare a quel traguardo, sotto la neve, sotto zero, perché l’indomani c’era la tappa di Brescia, c’era l’ultima occasione, c’era la maglia rossa da inseguire e conquistare. Un Cavendish dai lineamenti trasformati dal freddo, ma dentro di sé felice per essere riuscito a centrare l’obiettivo, per aver contribuito con le sue imprese al successo di un Giro d’Italia che ha gridato forte la sua voglia di pulizia, di spettacolo, di aria nuova. I numeri di Cavendish fanno davvero paura: con le cinque vittorie di tappa al Giro è arrivato a quota 41 successi nei grandi Giri - 15 in Italia, 23 al Tour de France e tre alla Vuelta -, in carriera ne ha già raccolte 102, più di tutti gli altri grandi velocisti moderni, più di Petacchi e McEwen che hanno iniziato a vincere tardi, ma anche più di Cipollini e Zabel che invece sin dal primo approdo nella massima categoria hanno cominciato a lasciare il segno. Tra i cacciatori di tappe, Cavendish ha raggiunto Hinault a quota 41: davanti a lui restano solo il Cannibale Merckx con 64, Cipollini con 57, Petacchi con 48 e Binda con 43: il Campionissimo di Cittiglio sarà già nel mirino al prossim Tour de France, ma non occorre essere dei profeti per perevedere che il trono di Merckx stia cominciano a tremare. «Cosa mi spinge a continuare? Semplice, vincere mi dà dipendenza e forse anche per questo in primavera le cose sembravano andare male, evidentemente sono stato troppo tempo senza vincere. Le discussioni con i compagni? È chiaro che ci sono state, non pensate che sia facile organizzare un treno e soprattutto farlo con un nuovo velocista: non si tratta semplicemente di decidere chi tira prima e chi dopo o per quanto, bisogna testarsi sul campo, provare e riprovare in corsa, adattandosi di volta in volta al terreno e agli avversari. Al Giro, per esempio, ho potuto riprendere a lavorare con Trentin, che si era infortunato in Argentina in avvio di stagione. Matteo si è rivelato un ottimo ultimo uomo: deve fare ancora un po’ di esperienza, ma nella tappa di Brescia - per esempio - è stato davvero eccezionale». Adesso lo aspetta qualche giorno di riposo prima del Tour: Tom Boonen, che è ragazzo intelligente, si è chiamato fuori e lascerà campo libero a Cav e al suo treno, con la benedizione di Patrick Lefevere che non farà nulla per rompere il giocattolo. Prima, però, Mark ha un altro appuntamento: la sua compagna Peta ha sorpreso tutti per la sua assenza a Brescia: «Aveva il suo addio al nubilato» ha spiegato Cannonball sorridendo. La prossima vittoria in un grande Giro, l’uomo dell’Isola di Man la coglierà con la fede nuziale al dito. Auguri.
quello che Lei scrive, è difficile COMPARARE i campioni attuali con quelli, addirittura, del passato..ma credo,mia personalissima opinione, che MARK l'Inglese non sia il più forte velocista di ogni epoca, basti pensare ai due RIK, Rik Van Looy e Rik Van Steenbergen, due ASSOLUTI CAMPIONI di VELOCITA'...il primo VELOCISTA allo stato puro che inventò il famoso treno e l'altro altro Campione ASSOLUTO di velocità, a mio modesto parere, questi due sono ancora sopra al velocista MARK, anche in relazione alla qualità di vittorie ottenute.
Poi, se invece, si vuole parlare solo di velocista, termine riduttivo, continuo a pensare che i due siano sempre SUPERIORI anche in quella disciplina...e sicuramente i vari lettori ne troveranno altri di CAMPIONI superiori al Mark...una cosa è certa, l'INGLESE, diciamo così, è tra i migliori 10 velocisti di ogni epoca, se preferisce.
Francesco Conti-Jesi (AN).
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