E a questo punto passiamo pure al piano B o al piano C. Non è più così importante. Il dispiacere è solo estetico, o poetico: vedere Nibali lucidare la sua maglia rosa – il suo potere assoluto – sui campi elisi di Gavia e Stelvio sarebbe certo uno spettacolo popolare molto suggestivo. Ma non si può avere tutto dalla vita: in questo Giro On Ice, il meteo fa il bello e il brutto tempo, come gli pare e piace. Eventualmente, si può persino girare in positivo il suo intervento drastico e brutale, perché è proprio grazie al ruolo decisivo del gelo e delle intemperie che un percorso appena nervoso si è trasformato in una feroce cayenna.
Bando però alle malinconie crepuscolari: a rendere del tutto indolore dal punto di vista agonistico – dunque sostanziale – la cancellazione delle mitiche Cime è Nibali in prima persona. Con la sua cronoscalata magistrale coglie il tempo giusto per mettere la pietra tombale sulla classifica e per spazzare via dal Giro ogni se e ogni ma. Diciamolo onestamente: soltanto un beone, o un cerebroleso, a questo punto potrebbe ancora dire che il successo di Nibali sarà menomato, o minorato. Nessuno riuscirà più a dire “se fossero passati sul Gavia e sullo Stelvio…”. Dopo la Mori-Polsa possiamo dire con aritmetica certezza che a Brescia vincerà il dominatore incontrastato e incontrastabile, dall’inizio alla fine. La classifica è chiarissima, le differenze di valori non ne parliamo. Non c’è un avversario, non c’è neppure un detrattore carogna che si azzarderebbe mai a sminuire, condizionare, sfuocare il trionfo di Nibali. Da come sta messa la situazione dopo Polsa, qualunque Stelvio e qualunque Gavia sarebbero serviti soltanto a fare passerella. O al massimo a definire le frattaglie dei piazzamenti e delle varie classifiche. Ma per queste minutaglie bastano e avanzano il Tonale e il Castrin (a proposito di quest’ultimo passo: per un Giro meno virile, hanno trovato il nome perfetto).
Bravo Nibali, grazie Nibali. Dominando senza calcoli e senza risparmi la cronoscalata, in definitiva la prova più attendibile di tutte, soffoca in culla tutti i condizionali e tutti i rimpianti. I battuti sanno di perdere dal più forte, i tifosi sanno di tifare per il più forte. Con o senza Stelvio. Il cerchio è chiuso, il Giro è comunque molto sincero (ricordiamoci che quello dell’anno scorso, senza neve e senza tagli, finì con i se e i ma legati agli abbuoni, pochi secondi pesantissimi e amarissimi, carichi di rimpianto per il povero Rodriguez).
E’ talmente sincero, questo Giro di Nibali, che non si porta più dietro neppure i ma e i se legati a Wiggins. La nostra maglia rosa con l’antigelo, anche in questo caso, ha messo le cose a posto nei tempi e nei modi giusti, battendo il Baronetto su tutti i terreni prima che la bronchite lo levasse di mezzo. Non è stupido patriottismo, è la più elementare verità: Wiggins manca più come nobile battuto che come avversario vero. Il primo a saperlo e a riconoscerlo è proprio lui.
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