Dagli Usa: i test della Wada non sono scientificamente credibili

| 17/02/2006 | 00:00
''I test sulle sostanze proibite, come pure la loro classificazione adottate dalla Wada, l'agenzia mondiale per la lotta al doping, non si basano su criteri strettamente scientifici. Con la conseguenza che sportivi innocenti possono pagare il prezzo di un sistema anti-doping con alcune falle''. La dichiarazione, formulata da un gruppo di scienziati statunitensi, arriva a Olimpiadi invernali in corso. E forse ha lo scopo di rinfocolare le polemiche sollevate da piu' di un atleta della delegazione Usa a Torino 2006. ''Le azioni e le intenzioni della Wada, specie per quel che riguarda gli sport di movimento, rischiano di 'buttare fuori' dalle olimpiadi molti atleti''. Parole di fuoco quelle di Brent Rushall dell'universita' di San Diego, per quattro volte psicologo della nazionale canadese, che ha scritto a quattro mani un articolo sul Journal of Sports Science and Coaching con Max Jones, ex-corridore. Le accuse sono precise: ''Le formulazione delle sostanze incluse nella lista 'nera' della Wada (nella foto Pound, presidente della Wada) sono il frutto di discussioni accademiche piu' che evidenze scientifiche''. E ancora, ''le procedure per il prelievo dei campioni da sottoporre agli esami ignorano le piu' basilari linee guida scientifiche''. Infine, ''il modo con cui la Wada formula l'elenco delle sostanze proibite non e' conforme alla pratica scientifica, inducendo a confusione sia gli atleti che gli allenatori''. Considerazioni che troverebbero fondamento, scrivono, partendo ''dall'isteria che circonda l'AAS, lo steroide androgenico anabolizzante''. Per Rushall e Jones, infatti, ''non ci sono evidenze scientifiche consistenti per affermare che l'AAS migliori direttamente le prestazioni sportive''.
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