L'insostenibile leggerezza del ciclista

TUTTOBICI | 05/03/2013 | 08:58
C’è un intervento almeno, fra gli in­numerevoli esternati sul “caso Armstrong” e sulla sua confessione - confidenza televisiva con Oprah Winfrey, che merita di essere conservato e recitato a me­moria, per molto tempo purtroppo, per quanti si interessano ancora di ciclismo, o de­dichino ad esso senza mo­tivi di lucro la propria passione.
Parliamo della dichiarazione stentorea di Rodrigo Been­kens, il telecronista della RTUB, che segue il Tour e le classiche da oltre venti anni fa, che ai suoi ascoltatori e spettatori ha voluto chiedere pubblicamente scusa per aver offerto per anni, senza sufficiente verifica, a posteriori almeno, un programma falso in partenza. Come quel­lo dei 7 Tour di Lance, appunto.

Beenkens, con un confiteor che avremmo voluto con tan­to piacere veder sottoscritto da telecronisti nazionali nel passato, e che gli rende ono­re come uomo, non solo uo­mo di sport, innanzitutto, ha precisato che come unica scu­sante può addurre a difesa la buona fede. Deo gratias. Anzi, chapeau.
Ma, acclarato questo, in un contesto di parole al vento personale in cui la Navra­ti­lova  censura l’ego sfrenato di Lance, hai visto mai, e il gentile Savoldelli gli attribuisce, con l’input certo del suo modesto sogno bergamasco, il delirio di grandezza di un planetario sogno “amerikano”, francamente fa specie che di doping torni a parlare, in parallelo alla vicenda di Armstrong e sul suo abbrivio, l’olandese Danny Nelissen.

Danny Nelissen, per chi non lo ricordi, è un ex-ciclista olandese, anch’egli oggi in­truppato in un network spor­tivo, manager di Euro­sport - ma, a proposito, si fanno i concorsi di merito per essere assunti nelle reti televisive, o vi si arriva solo per “chiaro” merito ? -, che a metà degli anni ’90 fu protagonista di un caso senza eguali.
Dopo essere stato infatti professionista, dal ’90 al ’94 nelle celeberrime, per riconosciute virtù etiche, PDM e TVM, Nelissen dovette so­spendere l’attività sportiva per un problema cardiaco che non gli consentì più l’idoneità agonistica. Eppure, riqualificatosi dilettante, Dan­ny Nelissen, classe ’70, fu in grado di andare a conquistare nel ’95, a Duitama il titolo mondiale dei “puri»... L’ultimo della storia fra l’altro, dal momento che l’anno successivo l’UCI ne avrebbe sancito la conversione a cor­sa riservata ai soli under 23.
Lo stesso Nelissen, con l’imprimatur della maglia iridata, l’anno dopo riuscì però a pas­sare nuovamente professionista, nella Rabobank di Jan Raas, prima per un biennio, e poi nel ’98 con il Team Home - Jack&Jones, nucleo fondatore della CSC. Prima di essere definitivamente al­lontanato dal ciclismo praticato, a causa della comparsa di una nuova - o alla recidiva di quella pregressa -, patologia cardiaca.

Bene, che oggi Nelis­sen torni a ribadire di aver praticato do­ping per i modi rituali in uso (a suo dire) nella Rabo­bank, al suo rientro nel professionismo, lui, con una cardiopatia nella storia clinica che già gli aveva imposto lo stop per motivi di salute, è di una totale, disarmante incoscienza.
D’accordo, avranno a disposizione medici sociali di una caratura farmacologica da Ca­gliostro, si chiamino il Sanders della PDM o il Lein­ders della Rabobank, ma suvvia un  minimo di dignità e di riguardo per se stessi, per i propri cari al limite, se non di prudenza, ci vorrebbe, in questo ciclismo. Ma quanti cuori di scorta pensava di avere Nelissen, sulle cadenze del doping di squadra, a carichi di Epo,  sottolineate ?

O forse, chissà, per un colpevole difetto di memoria, non ricordava come fossero  tragicamente finiti i suoi connazionali Bas Hordjik, Johannes Draajier e Bert Oosterbosch. Appena qualche anno prima. Ma ci rendiamo conto ?
Senza parole, in italiano. Per­ché in olandese, o in una lingua internazionale che il Ciclista purtroppo continua a non saper leggere, non sappiamo scriverlo.

di Gian Paolo Porreca, da tuttoBICI di febbraio
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