| 28/12/2012 | 09:52 In questi giorni, in vari modi, è stato ricordato - con profondo rimpianto - il ventennale della scomparsa di Gianni Brera, grande giornalista, scrittore, uomo di cultura vastissima che spaziava in tutti i settori. La riuscitissima rappresentazione scenica dello spettacolo GIOANN BRERA l’inventore del centravanti al Teatro Franco Parenti di Milano di questi giorni, testi di Sabina Negri, voce narrante, recitante e regia di Bebo Storti, musiche e canzoni di Enzo Jannacci eseguite dal vivo, ha ripercorso e proposto immagini, atmosfere, pagine scelte del grande Brera in chiave affettuosa, allegra, ironica e anche tragica, come nelle corde interpretative di Bebo Storti. Sono stati proposti, per flash, le imprese, i trionfi e i drammi sportivi di Coppi, Bartali, Meazza e del Grande Torino. A proposito di Franco Parenti, il grande attore al quale è intitolato il teatro, è da ricordare una sua definizione del ciclismo espressa in occasione dell’inaugurazione di una mostra ciclistica alla ex Ansaldo di Milano verso la fine degli anni ’80: “…. La bicicletta e il ciclismo sono stati per l’Italia quello che l’epopea della conquista del West è stato per gli Stati Uniti d’America”. Sono stati ricordati anche i compagni di viaggio e di professione di Brera e, fra i più prossimi e affini, è stato ricordato il nome di Mario Fossati, sempre legato a Brera da grande e fraterna amicizia con un percorso professionale e di vita pressoché parallelo. Mario Fossati, nato il 29 settembre 1922, ha oramai passato il traguardo dei novanta. Gli appassionati di ciclismo, ma non solo, ricordano il suo stile, la sua serietà, la sua passione e la sua documentata competenza nel mondo delle due ruote. Un mondo che lo vedeva e lo ha sempre stimato per la sua burbera onestà intellettuale che mascherava, in fondo, un interesse, una passione e una partecipazione piena, talvolta fortemente critica sempre però affettuosa e onesta per il ciclismo e i suoi protagonisti. Non solo ciclismo però per Fossati che si era appassionato all’ippica già da bambino frequentando il Parco di Monza dove c’era l’ippodromo del Mirabello con gli allevamenti dei purosangue, e era il solo divertimento che gli era permesso. Nel parco c’era già, allora come oggi, anche l’autodromo. Diventato più grandicello, con il padre, frequenta l’Arena per seguire l’Ambrosiana Inter e s’interessa anche d’atletica leggera, divenendo amico di Ottavio Missoni. Un altro, dei tanti, punti di contatto con Gianni Brera. Sopravvissuto alla terribile esperienza della campagna di Russia Mario Fossati ritrova l’ippica e l’atletica frequentando San Siro e il grande Federico Tesio e l’Arena. Inizia piccole collaborazioni giornalistiche. Mario Fossati entra a La Gazzetta dello Sport con Gianni Brera giovanissimo direttore e una nidiata di giovani, diventati fuoriclasse, fra i quali Luigi Gianoli (altro scampato alla campagna di Russia), Giorgio Fattori e Gian Maria Dossena. Vive appieno il ciclismo, strada e pista – una sua specifica passione – sia nella stagione estiva, sia in quella invernale, accompagnando i più grandi campioni che gli concedono la loro amicizia e le loro confidenze, senza mai infingimenti o complicità, né da una parte, né dall’altra. E il “generale” questo il soprannome che Brera aveva coniato per Fossati, alternandolo talvolta a quello di “cardinale”, segue Brera nella prestigiosa redazione sportiva del neonato “il Giorno” di Milano. Siamo nel 1956 e Fossati, oltre che per il ciclismo, scrive con il suo stile asciutto e filante di ippica, calcio, automobilismo, alpinismo e anche pugilato. Passa poi a Repubblica, dove rimane dal 1982 al 2008. Qui ritrova molti amici e colleghi come Gianni Clerici, scrittore di tennis, e Gianni Mura con il quale costituisce uno straordinario “tandem” per rimanere in metafora ciclistica. Mario Fossati ha sempre coniugato, al più alto livello, competenza e peculiare capacità interpretativa e di scrittura nel ciclismo e negli altri sport trattati. Una “grande firma” che non ha mai cercato ribalte di facile notorietà presentando sempre un aspetto, di facciata, burbero e ritroso, da “orso”. In apparenza perché, in realtà, una volta superata la prima diffidenza e trovata la sintonia, è una persona solare, splendida e aperta. Sincera e onesta. Per le sue capacità di scrittura testimoniano della sua straordinaria qualità i giudizi, pressoché unanimi, di scrittori e colleghi. A noi mancano i suoi racconti di discese affrontate “a tomba aperta” e di volate dove “si passa fra maglia e pelle”, le sue analisi, le sue citazioni, le sue opinioni, le sue passioni e le sue battaglie, a spada tratta, per salvare il Vigorelli, un suo vicino di casa, meta delle sue passeggiate anche in età avanzata. Auguri caro Mario, speriamo graditi anche se in ritardo.
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